ARTICOLO 77
“Il governo non può,
senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge
ordinaria.
Quando, in casi
straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua
responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno
stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono
efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta
giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge
i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Regola generale vuole che il governo non possa emanare atti
normativi che non siano previamente autorizzati dalle Camere. Questo principio
è ribadito dal primo comma dell’articolo settantasette della Costituzione
Italiana, che riprende le tematiche dell’articolo settantasei. La nostra è un
repubblica parlamentare. Il potere legislativo spetta alle Camere. Queste
possono delegarlo al governo in via straordinaria e con legge, denominata,
appunto, di delega. La delega vale per un preciso lasso di tempo e per materie
e finalità ben circostanziate dall’autorizzazione dell’assemblea. In casi
straordinari che richiedono la pronta reazione del Governo, questi può adottare
provvedimenti provvisori aventi forza di legge. Insomma il governo può
legiferare senza autorizzazione del Parlamento. Ciò può avvenire a patto che
l’esecutivo, al momento della firma da parte del Presidente della Repubblica
dell’atto, mandi alle Camere il testo, affinché sia convertito in legge
parlamentare, grazie al voto del consesso assembleare. È un atto ben diverso
dal decreto legislativo. Questo è adottato dal governo a seguito di
un’autorizzazione preventiva delle camere. Il Decreto Legge invece è
autorizzato, con votazioni, dal parlamento successivamente alla sua entrata in
vigore. I decreti legge sono previsti per motivi tassativi. Solitamente sono
utilizzati per imporre aumenti d’accise. L’aumento di una tassa su beni di
consumo deve essere immediato, per evitare pericolose speculazioni finanziarie
durante l’approvazione della norma da parte delle camere. Ma l’esecutivo
decreta d’urgenza anche per affrontare calamità di carattere naturale, terremoti
e alluvioni. Decreta per fronteggiare imprevisti scenari di crisi politico
finanziaria. Decreta per fronteggia eventi imprevisti e inaspettati. Bisogna
dire che in passato e anche nel presente, l’esecutivo ha utilizzato la
decretazione d’urgenza per attuare la propria politica anche esorbitando i
criteri di necessità e urgenza. Il Presidente della Repubblica, che ha il compito di controfirmare i decreti legge,
ha spesse volte denunciato questa pratica contraria alla Costituzione. Ma
spetta al Parlamento censurare in maniera efficace la pratica dell’esecutivo,
con atti quali la sfiducia al governo. È in ultima istanza l’assemblea degli
eletti a censurare l’esecutivo, cosa che quasi mai avviene essendo la
maggioranza parlamentare, che dovrebbe censurare il governo, la stessa che lo
sostiene. La legge numero 400 del 1988 ha posto una serie di limitazioni
all’adozione dei decreti d’urgenza. Questo per chiarificare quale debba
considerarsi la “necessari età e urgenza” atta a decretare. Ma anche questa
legge è stata spesse volte aggirata, essendo un atto normativo di stessa forza
del decreto legge, questi che è posteriore lo può derogare, in virtù del
principio nova lex derogat pristinam. Insomma
la decretazione d’urgenza è materia delicata e di difficile gestione. La
riforma della Costituzione pensata dall’ex ministro Maria Elena Boschi dava
garanzie più chiare sulla materia della decretazione d’urgenza, imponeva che il
governo chiarisse i motivi per i quali si dovesse utilizzare tale strumento.
Nel caso non fossero esplicitati o le motivazioni fossero non veritiere il
Presidente della Repubblica doveva non firmare l’atto. Ma si sa i cittadini
hanno bocciato tale riforma. Le camere devono ratificare entro sessanta giorni
il decreto legge. Se non avviene l’approvazione con voto del testo da parte di
entrambe le camere, questi decade. In passato molti decreti legge sono finiti
nel vuoto. Non vi è stata alcuna legge di conversione. Tali norme governative
sono state esplicitamente volte a tamponare un’emergenza momentanea, che
passata, il Parlamento ha scelto di ignorare. È disdicevole che ciò avvenga. È
disdicevole che un atto giuridico del governo abbia effetti durante i sessanta
giorni previsti e poi cada nel vuoto. Questo è l’abdicazione delle Camere ad
adempiere e a svolgere il potere legislativo. È bene che si discuta un decreto
e che si bocci o si approvi. È bene spiegare che il Parlamento ha il dovere di
normare la materia del decreto, se decide di non ratificarlo deve provvedere
con legge a sanare le situazioni giuridiche venutesi a creare a causa dell’atto
del governo, che se decaduto non è più valido. È un modo per garantire i
cittadini e scongiurare una vacatio legi.
È bene ricordare che il decreto legge è approvato dal Consiglio dei
Ministri, firmato dal presidente del Consiglio e controfirmato, a garantirne la
legalità costituzionale, dal Presidente della Repubblica. L’atto ha piena forza
di legge a meno che non decada per mancata conversione delle camere, in questo
caso è inefficace fin dal momento della sua promulgazione. Le Camere possono
ratificare il decreto così come è. Non ratificarlo e normare sulla materia del
decreto per sanare eventuali situazioni giuridiche sorte a causa del decreto
stesso, ormai privi di valore. Può ratificare la legge, pur modificando la
norma. Può cioè approvare nella sua teleologia l’atto dell’esecutivo, ma
modificarne alcuni punti importanti, così novellando la norma stessa. Il
parlamento, nella sua insindacabile potestà legislativa, può modificare il
contenuto del decreto, spetterà al governo interpretare tale scelta come un
miglioramento gradito o una censura alla propria azione, che potrebbe
significare una frattura politica. Comunque la mancata conversione di un
decreto non obbliga il governo a dimettersi.
Insomma il decreto legge è un importante strumento dell’esecutivo per
normare urgentemente, spetta però che si utilizzi con raziocinio e parsimonia
per evitare fratture istituzionali.
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