ARTICOLO 79
“L’amnistia e l’indulto
sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti
di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.
La legge che concede
l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.
In ogni caso l’amnistia
e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla
presentazione del disegno di legge”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Per commentare l’articolo 79 della Costituzione è bene
riprendere i concetti giuridici di “amnistia” ed “indulto”. Sono atti di
clemenza compiuti dalla autorità statuale in favore di chi ha commesso dei
reati. Nei tempi passati l’indulto e l’amnistia erano, al pari della grazia,
atti propri del capo dello stato. La Repubblica ha modificato questo stato di
cose. La grazia, che è la clemenza concessa a un singolo recluso per motivi
umanitari, rimane prerogativa del Presidente della Repubblica. Gli altri
istituti, che valgono per tutti coloro che hanno compiuto un certo tipo di
reato o hanno infranto specifiche normative del codice penale, sono prerogativa
del parlamento. Fino alla riforma del 1992 i provvedimenti di clemenza erano
concessi dal presidente della Repubblica su delega del Parlamento. L’atto, nei
fatti, assumeva la forma di un decreto legislativo. Il parlamento, con legge di
delega, dava i criteri generali per la concessione degli atti di clemenza. Il
Presidente della Repubblica concedeva l’amnistia e l’indulto, con decreto. La
riforma ha eliminato il ruolo del Presidente della Repubblica e del Governo,
che di fatto emanava l’atto di clemenza che il capo dello stato controfirmava.
Ha inoltre introdotto una maggioranza qualificata per l’approvazione dell’amnistia
e dell’indulto. È necessaria la maggioranza dei due terzi di ambedue le camere per
l’approvazione dell’atto di magnanimità. Mentre prima era richiesta la semplice
maggioranza per l’approvazione della legge di autorizzazione al Presidente
della Repubblica. È una scelta voluta per provare a porre un freno allo sdegno
dei cittadini che vedevano gli atti di liberalità succitati quasi come una
complicità della politica verso i criminali. Infatti spesse volte in passato
gli atti di amnistia ed indulto sono stati utilizzati per condonare gli atti
dei cosiddetti “colletti bianchi”, cioè coloro che avevano compiuto reati
finanziari e corruttivi appartenevano
alla classe dirigente. Il quorum più alto è stato voluto per porre un freno a
questo costume e rendere l’amnistia e l’indulto veri e propri atti eccezionali.
Oggi la legge di concessione dell’amnistia e dell’indulto richiede che non solo
la votazione finale sia fatta dai due terzi dei componenti del parlamento, ma
impone che la votazione di ogni articolo abbia eguale numero di votanti
favorevoli.
Ricordiamo che l’amnistia è l’istituto giuridico che estingue
una condanna, l’esecuzione della stessa e delle pene accessorie. Cioè dal
momento della sua approvazione da parte delle camere gli imputati, che
rientrano nella tipologia dei rei amnistiati, sono da considerarsi liberi dalla
pena, come se avessero già estinto il loro debito con la società. L’indulto,
invece condona la pena, senza estinguere il reato, o la commuta in altra
minore. Insomma l’amnistia è la cessazione della pena, mentre l’indulto è la
sua riduzione. Chi ha ricevuto l’indulto non vede estinguersi gli effetti
civili del reato, mentre chi ha avuto l’amnistia è da considerarsi libero da
ogni condanna, anche accessoria.
La legge che istituisce l’indulto e l’amnistia deve
tassativamente indicare non solo i reati penali oggetto di clemenza, ma anche
le eccezioni dovute a particolari condanne. Possono essere esclusi dalla liberalità
coloro hanno visto riconosciuti aggravanti al loro reato, quale ad esempio la
pervicacia e l’efferatezza, possono essere esclusi particolari tipologie di
crimini: ad esempio quelle legate alla corruzione e alla concussione. Possono
essere esclusi, cosa giustissima, coloro che sono stati condannati per
associazione di tipo mafioso. La scelta degli esclusi non è imposta né dalla
legge né dalla Costituzione. I miei esempi sono fatti in base alla lettura
degli atti di clemenza emanati in passato dal Parlamento. È bene, però, che il
criterio che esclude coloro che sono affiliati ad organizzazioni criminali sia
sempre utilizzato. In caso di indulto la legge indica anche di quanto sia “lo
sconto” della pena. Come abbiamo già detto infatti questo istituto non la
estingue ma la diminuisce. Una questione delicatissima. Infatti sull’entità
dello sconto, grande o piccolo che sia, si decide del destino dei reclusi. Insomma
questi atti di clemenza sono di un’importanza estrema. Spesse volte avvengono
in occasioni di eventi eccezionali, che sono da ritenersi di rilevanza storica.
In occasione del Giubileo del 2000, evento religioso che ha coinvolto il nostro
paese da sempre di cultura Cattolica, il parlamento decise di concedere un
indulto generale. L’atto di clemenza fu voluto dall’intero arco parlamentare,
con l’eccezione della Lega e di alcune altre forze politiche di estrema destra.
Gli effetti dell’amnistia furono oggetto di campagna elettorale. La sinistra fu
accusata di aver permesso l’aumento indiscriminato dei crimini. Berlusconi,
leader di Forza Italia, si “dimenticò” di aver votato la clemenza, cavalcò la
paura e vinse le elezioni. L’effetto fu deleterio. Da allora gli estremisti di
destra videro nella Lega e in Forza Italia un punto di riferimento. Si legarono
alla destra elementi come Massimo Carminati, ideologo del neofascismo, che
faceva della violenza contro immigrati e deboli il suo credo. Entrarono nella
lega e continuano ad entrare persone come Luca Traini, esponente leghista di
Macerata che il 3 febbraio 2018 ha sparato su un gruppo di immigrati,
considerati colpevoli di aver ucciso una ragazza solo perché di colore. Ora è
bene dire che la violenza non è solo in Lega e Forza Italia. Anche i centri
sociali usano la forza, come ha giustamente ricordat6o Silvio Berlusconi in una
importante intervista politica a Bruno Vespa. È profondamente sbagliati non
equiparare la violenza dell’estrema sinistra a quella di Lega e Forza Italia.
Rimane il fatto che i violenti a sinistra non hanno consensi, mentre lega e
Forza Italia uniti sono la prima coalizione del paese. Quanti Luca Traini ci
sono in Parlamento, eletti nelle fila della destra? Ce lo dobbiamo chiedere!
Come ci dobbiamo chiedere il perché l’elettorato che fino al 1994 si
considerava moderato, da allora in poi vota le coalizioni di destra, di estrema
destra. La risposta a queste domande potrebbe essere decisiva per i destini
della nazione. È d’obbligo che l’istituto dell’amnistia e dell’indulto sia
usato con estrema cautela. È bene che valga il principio dell’effettività della
pena. Chi commette un reato deve pagare il fio. Deve essere perseguito e
condannato. Gli atti di clemenza devono rimanere eccezionali. La certezza di
vivere in un paese sicuro è strumento di progresso sociale e politico. I
cittadini non devono sentirsi in pericolo. Se questo principio viene meno è
inevitabile il decadimento ideologico verso posizioni estremiste. La politica,
le forze democratiche, il Movimento Cinque Stelle, vero vincitore dell’ultima
tornata elettorale, deve farsi carico di tutte le paure e trovare una risposta
adeguata, cosa che non ha fatto il Partito Democratico nella scorsa
legislatura, in caso contrario si rischia di cadere nell’estremismo propugnato
da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.
L’ultimo comma dell’articolo 79 della Costituzione è
strumento essenziale per garantire la certezza del diritto. Gli atti di
clemenza possono valere solo per i reati commessi prima della presentazione del
disegno di legge. Non prima dell’approvazione delle Camere, ma prima della
presentazione in parlamento della proposta. Questo è importantissimo chi
commette un reato non può farlo nella speranza di non pagare il fio. Se una
persona commette una colpa, sapendo che in Parlamento si discute un atto di
clemenza, agisce nella prospettiva di “farla franca”. Questo è inaccettabile.
Lo stato perdona, ma non chi approfitta della sua “bontà”. Insomma l’amnistia e
l’indulto sono atti volti a soccorrere coloro che, per proprie colpe, si
trovano in uno stato di cattività. La prigione è bruttissima. La carcerazione è
un atto disumano. Certo è necessaria per garantire l’ordine pubblico, ma è bene
che si cerchino altri strumenti per evitare il proliferare di atti criminosi,
quale l’inserimento sociale, l’utilizzo di pene alternative, il lavoro
socialmente utile. Gli atti di clemenza possono essere efficaci per il
miglioramento della società, se saggiamente inquadrati in una politica che
scongiuri gli atti criminosi, operando nei quartieri e nelle località ove il
degrado sociale favorisce il commettere reati. L’integrazione sociale, l’attuazione
dell’articolo 3 della Costituzione, potrebbe essere un modo concreto per
migliorare la società. È vero oggi tutto ciò è utopia. La crisi ha creato un
solco sociale che sembra insanabile. I disabili, i più deboli sono esclusi e
perfino oggetto di derisione, figuriamoci se in una società del genere ci può
essere una politica inclusiva. La società italiana è a pezzi. È considerato
normale deridere i più deboli, i meno fortunati, escluderli dal mondo del
lavoro, negargli i necessari strumenti per vivere una vita dignitosa. Il
disabile, soprattutto in un meridione sempre più degradato, è escluso dalla
realtà sociale, lavorativa e culturale. Allora perché dare una possibilità al
condannato? Perché una società migliore si costruisce attraverso l’inclusione.
Bisogna dare la possibilità a tutti di rinascere, di avere un ruolo sociale,
una dignità. Questo vale sia per i migranti sia per i disabili sia per coloro
che hanno commesso reati. Coloro che sono affetti da dipendenza di alcool e droghe
devono essere aiutati, con istituzioni e ambulatori attrezzati e supportati
dalla politica e dalla società. Nel nostro paese si arriva al paradosso che si
frequenta un delinquente quando opera per commettere reati e gli si volta le
spalle quando viene “beccato”. Questa è una vergogna. È giunto il tempo di
riscoprire il valore della socialità. Riscoprire che è bene porgere una mano a
chi è caduto. È bene rifuggire l’ipocrisia, che ci fa complici dell’illegalità
e ci porta ad isolare chi ha già pagato il conto alla giustizia. Fa rabbia
vedere condannati, disabili, migranti abbandonati a se stessi e alla azione
caritatevole di poche associazioni. La società italiana potrà rinascere solo
partendo dall’inclusione.
scritto da Gianfranco Pellecchia
Nessun commento:
Posta un commento