ARTICOLO 78
“Le Camere deliberano
lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Caspita! L’articolo 11 della Costituzione Italiana dice di
ripudiare la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali. L’articolo
78 indica come un potere del parlamento il deliberare lo stato di guerra. Come
mai? Perché questa contraddizione? Perché, la Repubblica contempla la
possibilità di entrare in guerra. Una prima risposta è che il nostro stato
potrebbe subire un invasione. È opportuno quindi che dichiari guerra all’oppressore
e si prepari alla strenua difesa del suolo patrio. Non ci sono dubbi in
proposito. È compito di ogni cittadino difendere la patria. È un dovere sacro,
ricorda l’articolo 52 della nostra legge fondamentale. Allo stesso modo è
chiaro che è alto compito dello stato predisporre adeguati strumenti di difesa
per tutelare se stesso e i propri cittadini dalla violenza bellica di uno stato
straniero. È dovere morale di una classe politica prevedere misure adeguate alla
difesa nazionale, anche in stato di pace. È dovere avere un esercito pronto e
capace di affrontare crisi internazionali e rispondere alle altrui aggressioni.
È dovere quindi contemplare l’idea che l’Italia, suo malgrado, debba entrare in
guerra. Bisogna che l’atto bellicoso sia legittimato da un atto parlamentare.
Camera e Senato ricordiamo sono il tempio della rappresentanza. È in loro che
la sovranità popolare si esplicita. È giusto che siano loro a deliberare un
atto solenne e grave, quale una dichiarazione di guerra. Il Parlamento è il
sommo custode della Democrazia anche nei momento tristi e gravi per la patria.
Ricordiamo le drammatiche assemblee parlamentari, con la strenua battaglia
politica del fronte pacifista, che portarono l’Italia monarchica nella Prima
Guerra Mondiale. In quei drammatici anni, siamo nel secondo decennio del XX
secolo, le forze politiche hanno grandemente dibattuto sull’opportunità di
entrare in guerra e alla fine prevalse la scelta interventista. Oggi la
costituzione repubblicana vieterebbe l’ingresso dell’Italia in guerra, se non
invasa. Ricordiamo come, agli inizi del XXI secolo Forza Italia e lega, al
governo, dovettero mascherare l’ingresso del nostro paese in guerra al fianco
dell’America di Bush adducendo che fosse una missione di pace. Cosa ridicola. I
tanti morti italiani a Nasseria, città irachena, ricordano che è stata una
bugia. Fa impressione constatare che a quindici anni dal tremendo evento solo
in Italia le forze politiche che hanno voluto la guerra in Iraq rimangono sulla
scena elettorale. Bush, in America, Bleare, in
Inghilterra, sono stati bocciati elettoralmente mentre Lega e Forza
Italia, ancor oggi, riscuotono consensi. Fa orrore, se si pensa che l’Italia e
gli italiani dovrebbero ripudiare la guerra. Cosa è successo al nostro paese?
Perché sono decaduti i valori di pace e solidarietà che dovrebbero essere il
fulcro del nostro vivere sociale? Come è possibile che la Lega, che incita all’odio,
sia diventato il baricentro della politica della nostra Penisola? Difficile
trovare una risposta a questo interrogativo.
In caso di guerra,
assieme alla dichiarazione il parlamento deve dare i poteri necessari al
governo. Questo è lampante. Il Governo spesso deve compiere atti che in
condizioni normali richiederebbero la forma di leggi. I cosiddetti bandi
militari, ad esempio, sono degli atti compiuti dai comandi militari che
regolano la vita dei cittadini e normano il loro vivere sociale. Sono atti
extra legem, atti che travalicano le normali procedure legislative contemplate
dalla Costituzione. In Italia, grazie a Dio, non è mai sopraggiunta la
necessità di adottarli da quando siamo Repubblica. Durante la Prima e la
Seconda guerra mondiale, però, il comando supremo li ha utilizzati, ha indetto
proclami e novato gli ordinamenti giuridici al fronte. Appare non peregrino
pensare che in caso di emergenza si possa fare lo stesso. Ma l’esercito non può
e non deve agire senza l’assenso del potere governativo, non può, ad esempio,
fucilare indiscriminatamente traditori o presunti tali, dopo un ridicolo
processo militare, come fecero i generali della Grande Guerra. Anche perché è stata abolita la pena di morte
anche in caso di guerra in forza della legge de 13 ottobre 1994. Il governo
deve guidare le scelte delle forze armate affiancato dal saggio aiuto del
Presidente della Repubblica che rimane comunque capo dell’esercito, in forza
dell’artico 87 della Costituzione. Presiede
il supremo consiglio di difesa (un istituto composto dal Capo dello stato, che
lo coordina, dal presidente del consiglio e da alcuni ministri e l’alto comando
delle forze armate), oltre che dichiarare lo stato di guerra in caso di delibera
delle Camere. La Costituzione non muore in caso di guerra. I diritti
inviolabili dell’uomo che contempla e difende permangono anche in caso di
chiamata alle armi. Questo deve essere chiaro. La repubblica non si può
snaturare. I principi di solidarietà, di rispetto verso l’altro, di difesa
della dignità umana devono restare cardini della vita civile anche in caso di
guerra. Ora è chiaro che bisogna saper utilizzare i precedenti storici per
poter ipotizzare quello che potrebbe succedere se, malauguratamente, il nostro
paese subisse l’ardua prova di una guerra combattuta all’interno dei propri
confini. Il regime fascista, entrato in guerra nel 1940, aveva già esautorato
il potere parlamentare. Con le leggi fascistissime, così le chiamò Benito
Mussolini, era stato ridotto il parlamento ad un mero convitto di varie
rappresentanza del lavoro, tutte legate al regime. Il potere legislativo era in
mano all’esecutivo e al Gran Consiglio del Fascismo, organo di partito
istituzionalizzato. Con la caduta del Regime nel 1943, i governi che seguirono
durante la guerra continuarono a utilizzare la decretazione d’urgenza per
legiferare. Non c’era la possibilità di indire elezioni e ripristinare il
potere parlamentare. Forse non è azzardato pensare che anche in caso di futura
guerra il governo potrebbe vedersi ampliati i suoi poteri di decretazione d’urgenza.
In questo caso non per un arbitrio del Duce, di Mussolini, come avvenne nel
secolo passato, ma per scelta del parlamento che potrebbe dare più ampi poteri
all’esecutivo. Una scelta non censurabile, vista l’eccezionalità e la gravità
del momento. Insomma potrebbe avere poteri simili a quelli che avevano i
governi De Gasperi e Badoglio a cavallo fra la fine della guerra e l’inizio del
dopoguerra. Poteri grandi, ma in questo caso controbilanciati dall’effettiva
presenza di un potere parlamentare anche se privato di alcune prerogative. Un
esempio di cosa potrebbe succedere è ricavabile esaminando il rapporto fra
governo e Assemblea Costituente dopo il
2 giugno del 1946. In quel caso la guerra era finita. Comunque, per poter dare
all’assemblea popolare il tempo e il modo di redigere la Carta Costituente, l’esecutivo
continuava ad avere un ampio potere di decretazione d’urgenza per iniziare la
rinascita del paese prostrato dalla guerra. In quel caso la Costituente
vegliava. Il Presidente del Consiglio non poteva cadere nell’arbitrio, i
costituenti ponevano gli occhi su di lui ed erano pronti a censurarlo imponendo
che si dimettesse, come è avvenuto in alcuni casi. La stessa cosa potrebbe
succedere in caso di guerra. L’esecutivo avrebbe un grande potere certo, ma
sarebbe comunque sottoposto alla Costituzione e alla rigida censura del
Parlamento che potrebbe intervenire in caso di palesi atti illegali o di scelte
sbagliate. È chiaro che la responsabilità politica dell’esecutivo davanti al
senato, alla camera e all’intero paese rimarrebbe. In caso di gravi mancanze ed
errori è giusto che rimetta la carica e lasci ad altri la guida della
collettività, anche se la guerra infuria. Che dire? Speriamo che guerre non ci
siano mai. Speriamo che l’Italia repubblicana non debba mai sperimentare
situazioni di eccezionalità ed urgenza che giustifichino deroghe ai principi
costituzionali. L’Italia ripudi la guerra. L’Italia deve essere un paese
pacifico e di pace. Questo è l’unico articolo della costituzione che ci
auguriamo rimanga lettera morta, che ci auguriamo che non debba mai essere
utilizzato per modificare o adattare all’emergenza il nostro ordinamento
repubblicano.
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