ARTICOLO 82
“Ciascuna Camera può
disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina
fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la
proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e
agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità
giudiziaria”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 82 della Costituzione prevede che ciascuna Camera
possa disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Ciò non esclude,
come avviene sovente, che le camere possano disporre, con legge o atto
bicamerale non legislativo, di impegnare nell’inchiesta l’intero Parlamento,
istituendo una commissione detta bicamerale. Tale commissione è composta, in
pari numero, da deputati e senatori. Sia che nasca una commissione
monocamerale, sia che si istituisca una bicamerale, è d’obbligo che siano
rispettati i rapporti di forza fra le organizzazioni politiche esistenti all’interno
del parlamento. Ogni partito deve essere adeguatamente rappresentato all’interno
delle commissioni d’inchiesta. L’inchiesta è uno strumento di controllo. È volta
ad accertare le responsabilità di funzionari e uomini politici, in relazione ad
una situazione di pubblico interesse. Basti ricordare le inchieste sul disastro
del Vajont, sul caso Sindona, sulla loggi massonica P2. Possono essere
istituite commissioni d’inchiesta volte a controllare il funzionamento di un
apparato dello Stato. Tempo addietro è stata istituita una commissione sulla
gestione delle risorse della principale azienda industriale dello Stato, I.R.I.
Vi possono essere commissioni denominate legislative. Il loro scopo è quello di
compiere inchieste su specifiche realtà sociali, al fine di trovare soluzioni normative
atte a superare eventuali disparità socio culturali in determinate parti del
paese. Pensiamo alle Commissioni per il Mezzogiorno. Le commissioni d’inchiesta
vengono istituite con voto a maggioranza semplice. Questo ha prodotto non poche
polemiche. Quando fu istituita la commissione Mitrochin, nel 2002, si voleva
provare le responsabilità politiche di Romano Prodi in una vicenda di spie che
coinvolgeva la vecchia Unione Sovietica. Fu una commissione voluta dalla
maggioranza parlamentare composta da Forza Italia (all’ora si chiamava Popolo
delle Libertà) e Lega. Un modo per vendicarsi del “nemico” di Berlusconi, quel
Romano Prodi che gli aveva conteso la leadership del paese. Una storiaccia
fatta di ex miliziani coinvolti nella guerra Jugoslava disposti a dire
qualunque cosa pur di avere compensi. Sono stati diversi i cosiddetti “reclutatori”,
come Le Havre, gente disposta a dire che Romano Prodi era stato pagato dalla
URSS pur di avere non chiari benefici da parte della destra italiana. Questa
Commissione d’Inchiesta si risolse in una farsa. È da ricordare l’imbarazzata
relazione finale di Paolo Guzzanti, presidente della Commissione, che doveva
essere il censore del “traditore” Prodi e invece fu costretto ad ammettere di
aver chiamato persone a testimoniare senza aver accertato la loro credibilità
dibattimentale. Lo scontro si trasferì sui giornali. Da una parte “Il Giornale”, quotidiano di
propaganda di Berlusconi, e dall’altra “Repubblica”, che al contrario critica
da sempre le destre. L’uno difendeva la scelta di attaccare Prodi, l’altro
intendeva stigmatizzare la Lega e il Popolo delle Libertà disposti a credere a
notizie false pur di mettere in difficoltà l’avversario politico. Questo forse
è stato il momento più basso della storia delle Commissioni d’Inchiesta. Che in
passato hanno invece avuto il compito di combattere la mafia e la criminalità.
Le Commissioni hanno gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Possono interrogare testimoni, ordinare perizie, richiedere documenti. Il loro
compito è di appurare verità storiche e giudiziarie. Il fine è di chiarire
davanti alla nazione eventi oscuri che hanno turbato il quieto vivere della
Repubblica. Ricordiamo le commissioni sul “Rapimento Moro”. Aldo Moro, statista
e giurista di prestigio, fu rapito e ucciso dalle Brigate Rosse, un gruppo
terrorista di matrice marxista leninista. I punti oscuri del tremendo atto di
barbarie furono oggetto di elaborazione politica e di indagine di un’apposita
commissione parlamentare. Leonardo Sciascia, intellettuale e scrittore
siciliano di fama mondiale, ne fece parte, in quanto eletto in parlamento,scrisse
da quell’esperienza un libro memorabile: “Il caso Moro”. Sono passati Quaranta
anni da quel gesto barbaro, ancor oggi non si è fatta luce interamente sulla
vicenda. Una cosa è certa le commissioni parlamentari sono state fonte di nuovi
elementi che hanno reso possibile ulteriori indagini da parte della
Magistratura Ordinaria. Un dato su cui si può ripartire per dimostrare che l’azione
parlamentare d’inchiesta può avere importanza e può contribuire realmente a
scoprire verità nascoste. Sarebbe bene che lo spirito della politica, in questo
ambito, fosse quello di voler far luce su verità storiche e non quello di
utilizzare gli strumenti d’indagine per meri interessi di parte. Il nostro
paese ha vissuto tragedie epocali. Ricordiamo la strage di Ustica, quando cadde
nei mari siciliani un aereo di linea uccidendo tutti i suoi passeggeri. Quell’incidente
forse non fu un incidente. Quel veivolo fu abbattuto. Da chi? Nessuno lo sa
ancora! È bene che la politica faccia luce su tali tragedie, è bene che le
autorità statali dicano alla nazione intera ciò che sanno e al momento
nascondono per non chiari interessi politici. Questo è il compito delle
inchieste parlamentari. Fare luce sui problemi dell’Italia, aprendo una
discussione franca e costruttiva fra tutte le forze politiche.
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