ARTICOLO 84
“Può essere eletto
Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età
e goda dei diritti civili e politici.
L’ufficio del
Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L’assegno e la
dotazione del Presidente sono determinati per legge.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 84 della Costituzione Italiana stabilisce i
criteri e i presupposti affinché si possa ambire alla carica di Presidente
della Repubblica. Può essere eletto primo cittadino dello stato chiunque sia
italiano. Una parte della dottrina è ritiene
che anche chi è italiano, ma non appartenente alla Repubblica, perché nato all’estero
ma figlio di cittadini italiani, può in teoria concorrere a ricoprire la carica
di Presidente. Secondo questa tesi, insomma, la cittadinanza italiana non sarebbe
un presupposto inderogabile all’elezione alla Presidenza, così derogando l’articolo
51 della Costituzione che dice che i cittadini italiani sono richiamati a
ricoprire uffici pubblici. Questa tesi contrasta, evidentemente, con la scelta
dei costituenti di utilizzare il termine “cittadino” per definire chi può
ambire al titolo di Presidente della Repubblica. Se avessero ragione i giuristi
che dicono che può essere presidente anche un “oriundo” perché utilizzare la
parola “cittadino” e non semplicemente il termine “italiano”? Chi è chiamato
alla Presidenza della Repubblica deve godere dei diritti politici e civili. L’interdetto
dai pubblici uffici, il condannato a pene ausiliarie che implicano il divieto
di assumere cariche pubbliche, non può ambire alla Presidenza della Repubblica.
Il pensiero va a Silvio Berlusconi, l’uomo simbolo della destra non potrebbe
essere eletto Presidente della Repubblica, incatenato da una legge che lo
interdice dai pubblici uffici. È un dolore per i milioni di italiani che votano
Lega e Forza Italia. Pensare che il simbolo dell’Italia che produce non possa
essere primo cittadino della Repubblica è uno smacco. Il Movimento Cinque
Stelle, Lega e Forza Italia hanno eletto al senato, quale presidente, l’avvocato
Elisabetta Alberti Casellati, valente giurista che si è da sempre battuta a
favore di Silvio Berlusconi, fin da quando ha ricoperto la carica di viceministro
della Giustizia. È un segno chiaro. Un segno di riforma concreta. Basta con le leggi
che inibiscono ad alte cariche chi ha commesso reati penali. Sarebbe giunto il
tempo anche di cambiare la Costituzione. Dico il vero io non concordo con
questa tesi. Il presidente della Repubblica, a mio parere, dovrebbe essere
scevro da condanne, al pari di qualsiasi altro uomo delle istituzioni.
Costatare che gli italiani la pensano diversamente da me è un dovere di onestà
intellettuale.
Il presidente della Repubblica deve aver compiuto, al
momento dell’elezione, i cinquant’anni. La maturità è una delle caratteristiche
che lo dovrebbe rendere saggio. La saggezza è la caratteristica fondamentale
per una carica che si erge a strenua barriera a difesa dei valori
costituzionali. Il presidente della Repubblica assume un delicatissimo e
importantissimo compito di silente moderatore fra le parti politiche. Deve
facilitare il dialogo fra le forze politiche e le parti sociali, ecco perché la
maturità e l’esperienza sono doti fondamentali. L’attuale presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, ad esempio, ha un’esperienza e una maturità
acquisita da decenni di lavoro nell’ambito del diritto. I suoi trascorsi come
membro della Corte Costituzionale lo fanno uomo affidabile e ligio servitore
delle istituzioni. Altri presidenti della repubblica hanno avuto un passato di
servitori dello stato. Ricordiamo Carlo Azeglio Ciampi, che prima di salire al
Quirinale, era stato Presidente della Banca d’Italia e Presidente del Consiglio
in anni difficilissimi per il nostro paese. Ricordiamo Sandro Pertini, che
prima di essere eletto alla presidenza era stato valente Presidente della
Camera e soprattutto eroico Partigiano. Insomma l’età matura favorisce la
salita al soglio presidenziale di persone che già si sono distinte per il loro
fervore verso la patria.
Il secondo comma dell’articolo 84 chiarisce che nessuna
altra carica pubblica o privata è compatibile con quella della presidenza della
repubblica. Chi è eletto Presidente deve immediatamente dimettersi da qualsiasi
ruolo istituzionale precedentemente assunto. Che sia Deputato, che sia
Senatore, la sua carica decade. Anzi è d’obbligo dire che la decadenza della
carica precedente è automatica. Se il presidente giura davanti al Parlamento in
seduta comune, automaticamente decade dalle cariche assunte anteriormente. Il
titolo di avvocato, medico o di qualsiasi altro lavoro professionale è da
considerarsi sospeso. Il Presidente della Repubblica non può e non deve
esercitare la sua professione durante il mandato, ma la dottrina è concorde nel
dire che riacquista pienamente il titolo a professarle al momento della
decadenza della carica presidenziale. Lo stesso vale se è dirigente o impiegato
di aziende private, deve essere immediatamente considerato in aspettativa e
scevro di poteri decisionali all’interno dell’azienda al momento delle elezioni,
posizione che potrebbe riacquistare alla fine dei sette anni del mandato
presidenziale. A meno che, ovviamente, non contrasti con la carica di senatore a
vita, titolo che spetta ad ogni ex Presidente della Repubblica.
L’ultimo comma dell’articolo 84 afferma che è il Parlamento,
con legge, a stabilire l’assegno e le dotazioni del Presidente della
Repubblica. Anche il primo cittadino
dello stato deve i suoi emolumenti alla libera decisione dei rappresentanti del
Popolo. Questo ha implicazioni istituzionali importanti. Il Quirinale, sede
della Presidenza della Repubblica, per funzionare e vivere deve sottostare alla
insindacabile sovranità del Parlamento che decide quanti e quali soldi versare.
Esiste l’autonomia finanziaria del Presidente della Repubblica. In nome della
divisione dei poteri il presidente della repubblica può gestire autonomamente i
soldi che ha in dotazione, ma chi li stanzia e chi decide il loro ammontare è
il parlamento. Questo è un principio cardine di tutti gli stati parlamentari.
Secondo un detto inglese vecchio ormai di millenni, non ci può essere tassazione
(quindi spesa pubblica) senza la rappresentanza. Questo motto è inciso nella “Magna
charta Libertatum”, concessa da re Giovanni d’Inghilterra nel 1215. Sono i membri delle camere, direttamente
eletti dai cittadini, ha decidere delle finanze pubbliche e quindi anche dei
soldi da tributare al Presidente della Repubblica. La stessa cos vale per il
suo stipendio , l’assegno. Attualmente il presidente Sergio Mattarella guadagna
la ragguardevole cifra di 239mila euro l’anno. Sergio Mattarella ha scelto di
rinunciare alle pensioni di ex deputato, ex professore universitario e di
membro della Corte Costituzionale. Il presidente ha introdotto per sé e per i
suoi collaboratori il divieto di cumulo delle retribuzioni con trattamenti
pensionistici erogati da pubbliche amministrazioni. Insomma, facendo dei conti
in tasca al presidente, si può dire che Sergio Mattarella ha rinunziato a 2
milioni e 800mila euro di guadagni annui. Una bella cifra. Insomma l’attuale
presidente ha operato un significativo taglio alle sue entrate personali,
rinunciando a assegni pensionistici e benefit di vario genere. Sarebbe bene
indicarlo come esempio. L’autonomia finanziaria del Quirinale è necessaria per
rendere l’istituzione presidenziale autonoma e scevra da influenze esterne. Non
deve essere strumento d’arricchimento per lo staff presidenziale. La carica di
Presidente della Repubblica è importantissima. Chi la ricopre rappresenta la
Repubblica e la nazione. Bisogna che lo faccia con lo spirito di servizio e con
la dedizione propria di un umile servitore dello stato. Noi cittadini dobbiamo
rivolgere al Presidente il rispetto e l’onore dovuto a colui che incarna la
storia e la gloria dello Stato.
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