ARTICOLO 71
“L’iniziativa delle
leggi appartiene al governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed
enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Il popolo esercita
l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila
elettori, di un progetto redatto in articoli.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La prima fase del processo di formazione delle leggi è la
proposta. Chi può proporre al parlamento l’approvazione di una norma sono
soggetti indicati tassativamente dalla Costituzione. Ogni fase del processo
normativo è regolamentato dalla Carta Fondamentale, questa regola ovviamente
vale anche per la sua prima fase, la proposta di legge. L’organo che per primo
ha il diritto e l’onere di proporre l’introduzione di novelle al nostro
ordinamento legislativo è il governo. La sua funzione di organo esecutivo dello
stato gli permette di avere un quadro ben definito delle esigenze della
Repubblica. Alla luce di questo non appare peregrino che sia il soggetto che
meglio di tutti, almeno così pensava il costituente, possa proporre ai due rami
del parlamento iniziative legislative efficaci e stringenti. Inoltre, è bene
ricordarlo, ogni iniziativa che prevede maggiori spese per lo stato, oppure
ogni atto che riguarda il bilancio pubblico, deve essere approvata con una
legge. L’esecutivo quindi per far funzionare la Pubblica Amministrazione, che
presiede e controlla, deve presentare al parlamento delle proposte di leggi, in
particolare la finanziaria (oggi si chiama eufemisticamente legge di stabilità),
che è una norma che prevede l’introduzione di nuove entrate e di tagli alle
spese, e la legge di bilancio, che fotografa lo stato della finanza pubblica, e
il Documento di Programmazione Economica, che consiste in un piano di azione
per l’anno seguente, che non potrebbero entrare in vigore senza l’approvazione
delle due camere. Per questo onere delicatissimo per le finanze dello stato, il
governo ha un rapporto privilegiato e una corsia preferenziale, come si suol
dire, che impone al Parlamento di approvare celermente le sue proposte di
legge. Per sottolineare la peculiarità dell’iniziativa legislativa dell’esecutivo
le sue proposte di leggi sono definiti “disegni di legge”. L’iniziativa
dell’esecutivo non è meramente una proposta , ma un disegno, quindi un progetto
di legge, perché è frutto di un lavoro compiuto grazie alla collaborazione di
più organi costituzionali. Il disegno di legge è frutto della iniziativa di un
ministro, che viene discussa e approvata dal Consiglio dei Ministri e
controfirmata dal Presidente della Repubblica. Insomma il disegno di legge, per
le sue modalità di esecuzione e per l’autorità dell’organo che lo produce, è
posto quale principale forma di proposta di legge. Chi può presentare non un
disegno, ma una proposta di legge è ogni membro del parlamento. Ogni senatore e
deputato può presentare il suo scritto
contenete un proposta di legge alla propria camera, o meglio alla presidenza,
che lo darà in prima lettura alla commissione competente la sua proposta.
Questo è un importantissimo compito di ogni membro del parlamento, chiamato a
novellare, con la propria iniziativa, l’ordinamento statale. Sono tantissime le
proposte di leggi d’iniziativa parlamentare. Sono quelle che più solertemente
sono presenti nei dibattiti parlamentari. È la dimostrazione della vitalità del
nostro organo legislativo. Bisogna notare che questo, purtroppo, produce una
ipertrofia legislativa. Nel nostro ordinamento si fanno troppe leggi. Questo
produce un accavallarsi di testi normativi che entrano in contraddizione fra
loro. Sarebbe bene che lo Stato riordini il proprio corpus legislativo, scelga
di ridurre le leggi e di privilegiare l’attività regolamentare. Nell’arco
dell’intera storia, non solo della Repubblica, ma dello stato unitario italiano
sono state molte, troppe, le cosiddette leggi provvedimento. Norme che in
realtà servivano a risolvere un particolare e determinato caso o problema.
Queste leggi non hanno la generalità e l’astrattezza quale attributo
fondamentale, come dovrebbe essere. Non sono state approvate per tutti i
cittadini, ma per affrontare un determinata questione. Questo costume di
presentare proposte di legge per risolvere un determinato caso, ha portato
l’amplificazione di malcostume e corruzione. Bisogna evitare che una legge
serva a costruire una strada in un determinato quartiere, come è capitato in
passato. Bisogna evitare che i parlamentari usino il loro diritto ad esercitare
la proposta di legge per tutelare interessi particolari. Bisognerebbe che ogni
proposta di legge servi a tutelare l’interesse generale e non particolare. Purtroppo
la seconda repubblica è stata caratterizzata dalla presenza di una classe
politica che intendeva l’attività politica come tutela degli interessi
aziendali.
Il popolo ha il potere di esercitare l’iniziativa di legge.
È una delle forme di democrazia diretta consentite dalla Costituzione.
Cinquantamila elettori possono presentare alle camere un progetto redatto in
articoli. È una forma di petizione, che deve essere obbligatoriamente ascoltata
dal parlamento. La proposta di legge popolare è presentata all’ufficio di
presidenza di una delle Camere, la quale deve appurare la correttezza delle
modalità di presentazione e la autenticità delle firme apposte dagli elettori,
poi la deve girare alla commissione competente in materia che la deve
discutere. La proposta di legge popolare può essere emendata ed accorpata ad
altre leggi simili esattamente come qualsiasi altra proposta e disegno di
legge. Sarebbe opportuno che una proposta di legge popolare abbia una corsia
preferenziale, che gli garantisca almeno che sia oggetto di dibattimento in
aula. Spesse volte invece queste proposte, frutto del lavoro e del senso civico
di migliaia di persone, finiscano nel dimenticatoio, ignorate dalla politica.
Questo è il lampante esempio di come la nostra classe dirigente sia
autoreferenziale. Pensi solo a se stessa e sia sorda alle esigenze dei comuni
cittadini. Non è un caso che il Movimento Cinque Stelle, un partito che fa
della partecipazione diretta del popolo alla vita pubblica il proprio credo,
abbia avuto tanto successo. Nell’ultima tornata elettorale l’Italia sembra
spaccata in due. Da una parte ci sono coloro che credono in una partecipazione
attiva della cittadinanza e che vorrebbero superare le forme di rappresentanza
e le mediazioni politiche, coloro che votano Cinque Stelle. Dall’altra ci sono
coloro che rinnegano apertamente l’ordinamento democratico, coloro che votano
Lega e Forza Italia e gli altri partiti di destra, che vorrebbero abbattere i
principi costituzionali e proporre uno stato in cui la corruzione e l’illegalità
sia tollerata. È una battaglia difficile da leggere, in cui l’unica cosa certa
è che i partiti che vedono nella democrazia rappresentativa il fulcro della
nostra Repubblica sono stati sconfitti. Speriamo che prevalga il disegno di
democrazia partecipata del m5s e non il modello autoreferenziale proposto dalla
destra. Non vorremmo che l’Italia fosse governata da un movimento politico che
è contro le istituzioni e i principi democratici. Questo lo diciamo consapevoli
che la maggioranza relativa della zona più produttiva del paese, il Nord
Italia, inneggia alla lega e alla sua visione estremista della realtà
quotidiana. Bisogna convincere queste persone che la democrazia è un valore,
che non si può inneggiare alla razza, come ha fatto l’attuale presidente della
regione Lombardia, esponente di spicco di Lega e Forza Italia. Bisogna che la
gente che vota per la Lega e Forza Italia capiscano il valore della democrazia.
Capiscano che è sbagliato inneggiare a Mussolini, il propugnatore delle leggi
razziali, è sbagliato avere come modello una società che esclude e non include.
Il modello partecipativo, la proposta popolare di legge, potrebbe essere uno
strumento per far comprendere che lo stato comunità è un valore. Più si fa
partecipare le persone alla vita pubblica meglio è per tutti. Il modello sono
gli stati del Nord Europa che fanno della democrazia partecipativa il loro
modello istituzionale. Anche la Svizzera prevede forme di partecipazione della
collettività alla vita istituzionale attraverso referendum propositivi. La
partecipazione è un modello vincente per tutti.
Il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) può
proporre in parlamento proposte di legge. Ne ha facoltà in forza dell’articolo
90 terzo comma della Costituzione. Il Cnel è un’istituzione collegiale che ha
un compito consultivo. Ha l’onere di supportare il governo e il parlamento nelle
decisioni in materia sociale. È composto da rappresentanti della società civile
designati con decreto presidenziale su proposta del Consiglio dei Ministri. È un’istituzione
voluta per creare raccordo fra la politica e la società civile. A dire il vero
l’attività del CNEL non si è fatta molto apprezzare in questi decenni. La
Riforma costituzionale voluta dall’ex ministro Maria Elena Boschi lo voleva abolire.
L’esito referendario ha bocciato la
legge costituzionale in oggetto, il Cnel è rimasto. Anche questo doveva essere
un istituto di partecipazione diretta del popolo all’attività dello stato. Ma
la scarsa efficienza dell’istituto l’ha posto al centro di polemiche causate
dai suoi costi, che alcuni ritengono sproporzionati ai benefici collettivi
prodotti.
A seguito della riforma dell’articolo V, la parte della
costituzione dedicata all’autonomia regionale e locale, ha potere di proporre
testi legislativi anche il consiglio regionale. L’organo assembleare e
legislativo della regione ha la facoltà di partecipare attivamente alla
attività normativa del parlamento nazionale proponendo leggi. Questo è un modo per creare sinergie fra gli
organi locali e quelli nazionali. È un modo per ampliare la compartecipazione
delle istituzioni regionali alla vita nazionale. Il disegno di creare una
democrazia fondata sulla sussidiarietà. Una democrazia in cui è di norma affidare
le decisioni all’istituzione più vicina alla comunità locale. Questo è il
fondamento dello spirito della proposta di legge regionale. La regine si
dovrebbe fare megafono dei bisogni delle persone. Dovrebbe sussidiare, aiutare,
il bisogno di democrazia diretta e partecipata che parte dal basso. Il
principio è: se una cosa la può fare il popolo, la gente comune è bene che lo
faccia, solo se ciò non è possibile lo stato si deve sostituire a loro. Ecco
perché la regione, ma anche i comuni anche se solo nella materia delle
circoscrizioni territoriali, devono proporre leggi, in quanto megafono dei
bisogni popolari.
A conclusione possiamo dire che la proposta di legge, la
prima fase del procedimento normativo, è importantissimo. L’articolo 71, che la
istituisce e contempla, contiene principi propri della democrazia diretta,
volontà popolare espressa con l’iniziativa di legge, elementi di democrazia
rappresentativa, è il parlamento il centro e il motore che fa approvare le
leggi, e di democrazia compartecipata, molte leggi sono il frutto della
collaborazione fra organi dello stato, sia locali che nazionali. È bene
ricordare l’effetto positivo che produce la compartecipazione popolare. Se noi
cittadini impariamo ad essere consapevoli del funzionamento dello Stato, cominciamo
a partecipare alla formazione delle norme, riusciremo a costruire una società
più bella, meno sorda ai bisogni del singolo e della gente comune.
Scritto da Pelleggia Gianfranco
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