venerdì 28 agosto 2020

VOLTARE PAGINA.. DIFFICILE

 


IL DOMANI

Le difficoltà sono dell’oggi. La pandemia ha messo a dura prova la capacità di resilienza di ogni uomo e donna. Quello che sembrava un timore lontano, un morbo che colpisse all’improvviso, è diventata una realtà. Diciamoci la verità l’idea che un evento naturale di natura virale potesse realmente cambiare gli equilibri sociali ed economici sembrava fino a qualche mese fa argomento da film di fantascienza. Eppure è successo. Per mesi abbiamo vissuto il lockdown, cioè siamo stati costretti a rimanere nelle nostre case ed ad avere il minor numero di rapporti interelazionali possibile. Non siamo andati al lavoro. Non siamo andati a scuola. Non abbiamo solcato le aule universitarie. Oggi ci troviamo in una fase ancora più difficile. Finito il momento di chiusura totale delle attività, dobbiamo pian piano cercare di tornare alla normalità sociale, sapendo che il Corona Virus ancora circola fra noi. I dati di questa fase sono in parte deludenti. In Lombardia c’è un aumento dei casi. In Sardegna i luoghi del turismo e del divertimento hanno registrato casi di malati fra turisti e gestori di locali. Ricordiamo il caso di Flavio Briatore, persona stimati sima e proprietario di un’importante catena di locali e di ristoranti, ammalato e ricoverato d’urgenza a Milano, proprio perché ha contratto in Sardegna il tremendo Corona Virus. Ora la Sardegna, il governo regionale, ha fatto una scelta precisa, Ha individuato nei migranti provenienti dall’Africa il vero pericolo, ascoltando le sagge parole di Matteo Salvini, e invece a lasciato andare i controllo in zone frequentate da italiani, come appunto Il Bilioner. Una scelta che ha il consenso degli elettori.  Insomma forse ha ragione chi dice che il Corona Virus è un complotto della sinistra, che colpisce tutti gli eroi di destra, ricordiamo Flavio Bertolaso mandato da Salvini a risolvere il problema Corona Virus in Lombardia e invece ammalatosi per un complotto di sinistra. Ora io parlo da “sinistro”, per me i complotti non esistono, per me si è diffuso in maniera incontrollata il virus in Sardegna, Lombardia e Veneto, come anche nella rossa Romagna, non perché ci siano untori, ma perché non si è fatta un’adeguata politica di profilassi. Si può anche dire che è sbagliato dare il potere ai Presidenti di regine di chiudere i locali, da Cagliari il presidente di destra non aveva il sentore della gravità degli eventi il governo nazionale doveva arrogare a sé il controllo del territorio. Forse è vero. Ma per costruire un domani sereno occorre l’interelazione fra organi dello stato. Occorre che enti locali e nazionali si coordinano. Occorre che il governo locale agisca nell’emergenza, come stanno facendo Puglia e Campania. Il pensiero che dopo le elezioni, con la vittoria di esponenti di destra amati dal popolo, anche le regioni “virtuose” potrebbero avere gli stessi comportamenti di Sardegna , Sicilia e Lombardia, fa tremare per il domani.

USCIRE DALLA FASE D'EMERGENZA... COME?

 



IL DOMANI

Le difficoltà sono dell’oggi. La pandemia ha messo a dura prova la capacità di resilienza di ogni uomo e donna. Quello che sembrava un timore lontano, un morbo che colpisse all’improvviso, è diventata una realtà. Diciamoci la verità l’idea che un evento naturale di natura virale potesse realmente cambiare gli equilibri sociali ed economici sembrava fino a qualche mese fa argomento da film di fantascienza. Eppure è successo. Per mesi abbiamo vissuto il lockdown, cioè siamo stati costretti a rimanere nelle nostre case ed ad avere il minor numero di rapporti interelazionali possibile. Non siamo andati al lavoro. Non siamo andati a scuola. Non abbiamo solcato le aule universitarie. Oggi ci troviamo in una fase ancora più difficile. Finito il momento di chiusura totale delle attività, dobbiamo pian piano cercare di tornare alla normalità sociale, sapendo che il Corona Virus ancora circola fra noi. I dati di questa fase sono in parte deludenti. In Lombardia c’è un aumento dei casi. In Sardegna i luoghi del turismo e del divertimento hanno registrato casi di malati fra turisti e gestori di locali. Ricordiamo il caso di Flavio Briatore, persona stimati sima e proprietario di un’importante catena di locali e di ristoranti, ammalato e ricoverato d’urgenza a Milano, proprio perché ha contratto in Sardegna il tremendo Corona Virus. Ora la Sardegna, il governo regionale, ha fatto una scelta precisa, Ha individuato nei migranti provenienti dall’Africa il vero pericolo, ascoltando le sagge parole di Matteo Salvini, e invece a lasciato andare i controllo in zone frequentate da italiani, come appunto Il Bilioner. Una scelta che ha il consenso degli elettori.  Insomma forse ha ragione chi dice che il Corona Virus è un complotto della sinistra, che colpisce tutti gli eroi di destra, ricordiamo Flavio Bertolaso mandato da Salvini a risolvere il problema Corona Virus in Lombardia e invece ammalatosi per un complotto di sinistra. Ora io parlo da “sinistro”, per me i complotti non esistono, per me si è diffuso in maniera incontrollata il virus in Sardegna, Lombardia e Veneto, come anche nella rossa Romagna, non perché ci siano untori, ma perché non si è fatta un’adeguata politica di profilassi. Si può anche dire che è sbagliato dare il potere ai Presidenti di regine di chiudere i locali, da Cagliari il presidente di destra non aveva il sentore della gravità degli eventi il governo nazionale doveva arrogare a sé il controllo del territorio. Forse è vero. Ma per costruire un domani sereno occorre l’interelazione fra organi dello stato. Occorre che enti locali e nazionali si coordinano. Occorre che il governo locale agisca nell’emergenza, come stanno facendo Puglia e Campania. Il pensiero che dopo le elezioni, con la vittoria di esponenti di destra amati dal popolo, anche le regioni “virtuose” potrebbero avere gli stessi comportamenti di Sardegna , Sicilia e Lombardia, fa tremare per il domani.

MODELLO SARDEGNA

 


CAMBIARE ORA

I dati che provengono dalla Sardegna, dal Veneto, dal Lazio e dalla Lombardia sono preoccupanti. Il virus sta rialzando la testa. Sembra una beffa del destino. Mentre il presidente della regione Sardegna, confortato  dall’appoggio di Matteo Salvini e di tutti gli elettori di destra, stava arginando l’irruzione del virus mettendo un freno all’immigrazione irregolare, ecco che nei locali vip sardi, ove si riposano personaggi italiani e vicini al popolo, si scopre che esiste il grande male. Fa impressione pensare che esponenti delle fasce popolari italiane, come Silvio Berlusconi e Flavio Briatore, quest’ultimo purtroppo in ospedale, siano state colpite dal virus. Salvini è pronto ad asserire che è un complotto. La Sardegna liberata dalla sinistra, ora è sotto ricatto degli untori di sinistra. Il governo Conte, dice Salvini, vuole negare la libertà di circolare, per questo si è inventato il virus. È ora di provare che il popolo non ha paura. È ora di dimostrare che noi elettori non abbiamo paura di qualche contagio in più, pur di portare al governo la destra. Bisogna essere solidali con chi ha scelto di non avere paura. Ha scelto che il male non esiste. Nelle regioni ora governate dalla sinistra e in procinto di cambiare, Salvini ha promesso il modello sardo, il modello lombardo, il modello veneto e ligure. Anche nelle regioni oggi guidate dalla sinistra, in futuro, quando saranno guidate dalla dastra, si avranno modelli d’eccellenza come i locali della Costa Smeralda, i modelli di accoglienza per gli anziani come il Pio Albergo Trivulzio. Insomma cambiare è adesso. Scegliere il modello della destra, è il modo migliore per guardare il futuro. Senza migranti e con il Corona Virus sotto controllo, il modello Papete e Bilioner sono la carta certa che porterà a vincere le elezioni a Salvini.

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 69

“I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge”

Le indennità dei parlamentari, i loro stipendi, sono stati oggetto di grandi e, dobbiamo dire, giustificate polemiche. I lauti stipendi e i rimborsi che ricevano senatori e deputati appaiono veramente troppo alti. È considerato addirittura disdicevole che la politica, in un momento di crisi economica, sia lautamente ricompensata, come attualmente prevede la legge. I parlamentari hanno diritto, oltre che alle mensilità, a un rimborso spese per le attività di rappresentanza nella capitale e per le eventuali spese legate ai viaggi per raggiungere le sedi istituzionali. Uffici e segretari sono interamente a carico dello stato. I partiti hanno diritto a rimborsi molto congrui per le spese elettorali. Questa forma di pagamento è stata istituita con legge il 31 ottobre 1965. Col passare degli anni e dei decenni i soldi dati alla politica sono aumentati in maniera poderosa. La Repubblica Italiana è lo stato europeo che spende di più per compensare l’attività parlamentare e politica in generale. Se si aggiunge a questo dato, l’enorme mole di corruzione presente nel nostro paese, lo spreco direttamente legato all’attività dei politici si può stimare che si aggiri a miliardi di euro. Un dato che fa paura. L’articolo 69 della costituzione non voleva affatto giustificare la sete di denaro dei politici. Non voleva certo che Luigi Lusi, tesoriere del partito di sinistra “La Margherita”, sottraesse  milioni di euro allo stato giustificandoli quali rimborsi elettorali del suo partito. Lo scandalo è stato grande, si è aperto un processo giudiziario dagli esiti ancora non definiti, che coinvolge non solo Lusi ma esponenti importanti della sinistra italiana, quale ad esempio Francesco Rutelli. Bisogna notare che la legge impone che lo stipendio dei parlamentari non possa essere superiore al trattamento finanziario che riceve un magistrato con funzione di presidente alla Corte di Cassazione. Questo dovrebbe essere un limite che equipara il parlamentare a un qualsiasi alto funzionario dello stato. La Politica non deve essere vista come atto gratuito, almeno secondo la interpretazione vigente della Costituzione, ma comunque deve essere ricompensata non in maniera abnorme. I parlamentari, oltre al rimborso spese e allo stipendio, hanno diritto a viaggiare gratuitamente sulle linee ferroviarie dello Stato. Il Movimento Cinque Stelle, la forza politica che ha vinto le ultime elezioni, ha promesso un forte ribasso degli stipendi parlamentari, fino a un loro azzeramento. Nella scorsa legislatura il Movimento fondato da Beppe Grillo ha deciso che i propri rappresentanti in Parlamento cedessero gran parte del loro stipendio di politici a un fondo per far ripartire l’economia italiana. I soldi dei “grillini” sono serviti a far ripartire imprese economiche in difficoltà e dare lavoro ai giovani. Un atto lodevole e apprezzato soprattutto al Sud Italia, che li ha votati in massa alle ultime elezioni. La Lega invece ha avuto consensi al Nord. Ha premiato la durezza di Matteo Salvini. Per lui il problema non sono gli sprechi della politica, ma l’immigrazione quale pericolo nazionale. Il Carroccio, così è denominata in gergo la Lega, è stata nell’occhio del ciclone per i rimborsi elettorali, l’ex segretario Umberto Bossi ha un procedimento penale ancora aperto, perché avrebbe trasferito soldi pubblici in conti all’estero. L’attuale segretario Matteo Salvini si è rifiutato di farsi parte civile al processo, si è rifiutato di considerare illecita la sottrazione all’Italia di denaro. Questa posizione ha creato consenso. L’alleanza Forza Italia / Lega alle ultime elezioni ha avuto tantissimi voti al nord. Insomma la Penisola è spaccata in due. Da una parte il Settentrione vota destra, autorizzando di fatto l’utilizzo dei soldi da parte dei partiti, dall’altro al Sud vota un partito che vorrebbe ridistribuire alla cittadinanza la parte di ricchezza detenuta dalle forze politiche. Difficile definire l’esito di una tale vicenda. Fa impressione l’idea che potrebbe formarsi un governo lega e Movimento Cinque Stelle, due partiti che hanno una visione dello Stato e dei soldi pubblici diametralmente opposti. Per Salvini il reddito di cittadinanza è uno spreco. Per il Movimento i soldi racimolati dalle tangenti sono uno scandalo. Per la Lega chi è da deprecare sono i “terroni” che chiedono soldi. Per il Movimento chi è da deprecare sono i politici come Mantovani, l’assessore ai lavori pubblici di destra della Regione Lombardia arrestato per tangenti. Insomma per la Lega e per Forza Italia la politica deve finanziarsi, anche in maniera robusta, per il Movimento Cinque Stelle deve invece rinunciare ai privilegi per una più efficace ridistribuzione sociale del reddito. Queste due forze, con programmi diametralmente opposti, hanno vinto le elezioni. Sembrano destinate a governare insieme. Ce la faranno? Riusciranno a superare le differenze. Riusciranno a smussare gli angoli e a far combaciare una visione della cosa pubblica che apparentemente sembra agli antipodi. La lega in passato, con Forza Italia, si è battuta per la depenalizzazione del falso in bilancio, per rendere più brevi le prescrizioni a reati di natura finanziaria, per difendere chi ha fondi neri all’estero, riuscirà a convivere in un governo con i M5S che fa dell’onestà la sua bandiera? Difficile dirlo. Una cosa è certa: la Lega ha milioni di euro all’estero frutto dell’utilizzo malsano dell’articolo 69 della Costituzione esattamente come tutti gli altri partiti della cosiddetta prima e seconda repubblica. È d’obbligo ricordare che anche il Partito Democratico, al pari dei partiti di destra, è stato coinvolto in scandali quali ad esempio la vicenda consip. Consip è l’ufficio che fornisce servizi alla pubblica amministrazione:penne, materiale d’ufficio, ma anche altri beni molto più costosi. Il solo dubbio che alcuni membri del pd abbiano usato i soldi del consip per arricchirsi ha fatto crollare i consensi della sinistra. Ora appare lampante la diversità dell’elettorato di Lega e Forza Italia rispetto a quello di M5S e Partito Democratico. Mentre l’uno è disposto a perdonare gli illeciti penali dei propri politici. Gli altri appena sentono puzza di scandalo non li votano.

giovedì 27 agosto 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE


 

ARTICOLO 68 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti nell’esercizio delle loro funzioni

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto, obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”

L’articolo 68 della Costituzione Italiana, nel primo comma, garantisce l’immunità del Parlamentari e la piena libertà di esprimere opinioni. Non possono essere perseguiti per ciò che hanno detto mentre esercitavano le loro funzioni di deputato e senatore. Le opinioni non sono perseguibili sia se espresse in aula che in luoghi esterni, ma comunque pronunciate nell’esercizio delle proprie funzioni. L’articolo 68 esenta i parlamentari da ogni responsabilità civile, penale, amministrativa e disciplinare. Nessuno ha il diritto di sindacare le loro opinioni. Questo è un modo di proteggere l’istituzione assembleare. Coloro che fanno parte del parlamento devono essere certi di esercitare liberamente il loro mandato scevri da ogni condizionamento esterno. La libertà di esprimere le proprie idee serve per poter servire al meglio la Repubblica, con spirito di servizio e di umiltà, sapendo comunque alzare la propria voce davanti a ciò che si considera sopruso e sopraffazione. Ecco il senso che i costituenti hanno voluto dare a questo articolo. Non si voleva dare uno strumento di difesa a corrotti e corruttori, ma si voleva difendere coloro che potrebbero essere perseguiti solo a causa delle loro idee. Bisogna ricordare che questa guarentigia è limitata ai voti ed alle opinioni, per cui se viene commesso un fatto materiale, e questo integra gli estremi di un reato, il parlamentare è perseguibile penalmente. La garanzia costituzionale è riservata anche alle opinioni espresse nelle funzioni parlamentari o anche in altra sede (ad esempio in un comizio o in un’intervista televisiva). Il secondo comma garantisce l’immunità all’arresto, alla perquisizione personale, della abitazione e degli uffici per chiunque sia parlamentare in carica. C’è la possibilità di effettuare queste forme di coercizione legale nei confronti di senatori e deputati solo nel caso di flagranza. Solo nel caso in cui i politici sono presi con le mani sulla marmellata, possono subire arresti e perquisizioni. In caso contrario è necessario che vi sia un voto della Camera di appartenenza dell’indagato per procedere alle misure penali di coercizione. Insomma il Parlamento deve autorizzare l’autorità giudiziaria a svolgere atti quali: perquisizioni, intercettazioni e sequestro della corrispondenza se a subire tali azioni sono membri del parlamento. A tal proposito è nota la vicenda denominata scandalo delle Olgettine. Giovani collaboratrici di Forza Italia erano alloggiate, per volontà del capo politico del partito, all’Olgettina, un quartiere della periferia di Milano. La magistratura di Milano aprì un indagine su di loro, perché, a torto o a ragione è difficile dirlo, riteneva che fossero implicate in un giro di meretricio. Il problema è che ci furono intercettazioni telefoniche in cui si ascoltarono anche le conversazioni di Silvio Berlusconi, il loro massimo esponente politico. Allora il cavaliere era senatore, le sue intercettazioni non dovevano essere registrate se non un previo consenso del senato. Ci fu una disputa lunga e difficile, in cui il Cavaliere Silvio Berlusconi assume duplici vesti prima di parte lesa, perché si presunse ricattato dalle sue collaboratrici, e poi di indagato, quale beneficiario di un contratto leonino. Il Cavaliere si è sempre battuto per difendere il proprio diritto a scegliere in politica le proprie collaboratrici e anche ad avere un’attività sessuale con loro. Il giudice di Milano Ilda Boccassini, invece, ha sempre avuto la sensazione che i pagamenti che intercorrevano fra Berlusconi e le giovani donne, una anche minorenne da qui il reato, non fossero dovuti alle attività all’interno di Forza Italia, ma fossero motivate da carezze licenziose. Difficile dirlo. Quel che interessa a noi è sottolineare che l’indagine si arenò davanti alla necessità di un’autorizzazione parlamentare a rendere atti processuali le conversazioni telefoniche  del senatore Silvio Berlusconi. Le tutele volte a difendere da ingerenze esterne il parlamento, diventarono strumento per coprire attività comunque opache. Ecco un paradosso dell’articolo 68 che da essere strumento di libertà, diviene strumento di copertura per crimini. Bisogna dirlo la colpa non è della Costituzione. La colpa è della nostra classe politica che non è per niente avvezza all’onestà e alla trasparenza. Ci viene da pensare che l’immunità parlamentare non è stata voluta dai nostri padri costituenti per coprire atti leonini, corruzione e concussione. È stata voluta per proteggere i parlamentari dalla forza prevaricante dell’esecutivo, che avrebbe potuto utilizzare la forza della polizia per arrestare membri del parlamento che esprimevano fiera opposizione al governo. La tristezza e lo svilimento dei costumi di oggi hanno fatto in modo che l’immunità parlamentare fosse strumento per coprire la corruzione. Questo fenomeno non è solo di oggi. La Corruzione politica dilagante è manifesta fin dagli anni ’70 del secolo scorso. L’Italia non cambia mai. È necessario ricordare che anche il Partito Democratico, la forza che tradizionalmente si oppone a Forza Italia e Lega, sia coinvolto in scandali. Ricordiamo lo scandalo expo, in cui Primo Greganti, dirigente storico del PCI e vicino al PD, è stato indagato assieme al Legista Roberto Maroni. Questo a dimostrazione che tutte le forze politiche sono coinvolte. C’è da notare una differenza nell’elettorato. Mentre chi vota Lega e Forza Italia è indifferente agli scandali. La lega alle ultime elezioni ha aumentato i voti malgrado la corruzione al suo interno. La sinistra e i suoi elettori sono sensibili alla legalità. Appena appare lampante un fenomeno di corruzione  immediatamente i consensi diminuiscono, In passato si è pensato che l’assoluta indifferenza dell’elettorato al fenomeno della corruzione fosse dovuta alla convinzione che chiedere soldi da parte della politica dovesse essere finalizzato alla costruzione dello stato Padano. Si è sempre pensato che i politici di lega e Forza Italia chiedano tangenti per una finalità superiore, la divisione dell’Italia. Ma la nuova politica del segretario Matteo Salvini sembra aver cambiato rotta. Il capo della Lega sembra smentire il sogno di costruzione della Repubblica del Nord. Vuole che l’Italia rimanga unita. Ma allora la domanda è: perché gli elettori chiudono gli occhi davanti alle tangenti di destra, malgrado non vi sia più l’elemento ideale che le giustifica? Difficile dare una risposta. Certo che l’articolo 68 offre un ombrello sicuro per coloro che compiono atti illeciti. Spetterebbe all’elettorato punire la politica corrotta, non votandola. La sinistra alle ultime elezioni ha subito batoste per gli scandali legati alla mala gestione delle banche, il caso Banca Etruria è eclatante. La destra invece, malgrado malvessazioni plurime, è stata premiata dall’elettorato. Il perché è francamente difficile da spiegare, a meno che non si conclude che un elettorato corrotto elegge corrotti.

CHIAMATI A SCEGLIERE

 


UN CAMMINO

Il 20 e 21 settembre 2020 tutti i cittadini italiani “elettori attivi” saranno chiamati a pronunciarsi su un quesito referendario di importanza capitale per i destini della nazione. In quel fine settimana si deciderà se ridurre il sumero dei parlamentari assisi al Senato e alla Camera dei Deputati. Se vincerà il “si” sarà parte integrante del testo costituzionale la Legge di Riforma della Nostra Carta Fondamentale che prevede il taglio dei deputati da 630, il numero attuale, a 400 e dei senatori da 315, il numero attuale, a 200. Come ogni riforma che modifica la Costituzione tale legge ha avuto bisogno di due letture in ambedue le camere e deve essere approvata in seconda lettura dalla maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna assise. Se non si raggiunge nella seconda votazione in entrambe le camere la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, un quinto dei membri della Camera o del Senato, o cinquemila elettori o cinque regioni possono chiedere che si svolga un referendum confermativo della riforma. Ed ecco perché siamo chiamati a pronunciarci, noi tutti cittadini elettori, il 20 e 21  settembre.

Il taglio dei parlamentari non è solo una questione di riduzione del numero dei politici e di taglio delle spese. L’eventuale vittoria del “si” imporrà una inevitabile riforma di tutto il sistema legislativo italiano. Bisognerà mettere mano ai regolamenti della Camera dei deputati e del Senato. Bisognerà rimodulare il funzionamento dell’iter legislativo. Bisognerà riformare le Commissioni, che non sono un mero organo interno dell’assemblea, ma sono assemblee fondamentali nelle quali è reso possibile l’esplicitarsi sia della funzione legislativa sia quella di controllo sul potere esecutivo, prerogative fondamentali delle camere. Le Commissioni sono composte da alcuni membri del senato e della Camera. I componenti sono designati in base al principio della proporzionalità, ogni singolo gruppo, quindi partito politico, ha diritto ad avere al suo interno un rappresentante almeno, e può essere rappresentato da più parlamentari per ricalcare i rapporti di forza già esplicitati nell’assise plenaria. In questo quadro appare chiaro che appare complesso, con una forte riduzione dei parlamentari, riuscire a garantire sia la presenza di tutti gruppi sia la rappresentazione dei rapporti di forza numerica all’interno delle varie Commissioni. Insomma è necessario, se vince il “si”, rimodulare in maniera incisiva le modalità di accesso alle varie commissioni, fino al punto, estremo, di permettere a un singolo parlamentare di partecipare a più commissioni in modo da garantire la rappresentanza del proprio gruppo parlamentare in tutte le assisi speciali. Lo stesso principio vale per le importantissime commissioni bilaterali, composte in maniera paritetica da Senatori e Deputati, chiamate a pronunciarsi su importati materie, quali, ad esempio, le questioni che riguardano le materie regionali. Insomma ridurre il numero dei parlamentari vuol dire rimodulare il funzionamento dei due organo che sono il cuore vibrante della nostra democrazia.

Difficile pensare a un cambiamento che non implichi anche un riassetto dei cardini fondanti del rapporto rappresentante (senatore e deputato) e rappresentato (ogni singolo elettore). Se passa la riforma il rapporto di rappresentanza sarà fortemente modificato. Ogni singolo rappresentate del popolo sarà scelto da un collegio elettorale ben più ampio di quello attuale. Si verranno a mutare gli equilibri fra le parti. Verrebbe da pensare che il singolo deputato o senatore avrà meno legami con la base. Urgente sarebbe rimodellare la legge elettorale in modo da rendere concreta la possibilità che il singolo elettore possa votare non tanto un simbolo ma una persona, il ritorno al sistema uninominale maggioritario.  Per questo sarebbe bene potenziare le forme di democrazia diretta, quali ad esempio l’utilizzo dello strumento referendario, in modo da rendere vivo il coinvolgimento di ogni singolo cittadino. Sarebbe anche pensabile introdurre nel nostro paese il cosiddetto “recall”, richiamo, cioè la possibilità che gli elettori possano far decadere un deputato se non si comporta in maniera consona ai valori legali ed etici che dovrebbero essere a fondamento del suo agire. Questo vorrebbe dire modificare l’articolo 67 della Costituzione che impone che ogni singolo parlamentare sia senza vincolo di mandato. Una riforma da usare con le pinze, perché implica anche un potenziale rischio di sudditanza del singolo politico non tanto ai cittadini, ma alla dirigenza del proprio partito di riferimento che potrebbe utilizzare la decadenza quale vera e propria forma di ricatto istituzionale. Ma questo riforme al momento sono solo proposte, che probabilmente non avranno seguito. Se vince il “si” avremo un sostanziale ridursi del numero dei parlamentari. Senato e Camera dei Deputati dovranno cambiare, inevitabilmente, il proprio funzionamento adeguandosi al nuovo numero di eletti. Cambierà sostanzialmente l’assemblea, le camere riunite con i rappresentati delle regioni, che è chiamata ad eleggere ogni sette anni il Presidente della Repubblica. Il peso dei tre delegati per ogni regine chiamati ad ampliare l’assemblea assumerà una rilevanza fondamentale. È un bene? È un male? Chi lo sa! Quel che è certo è un cambiamento che muterà di fatto il ruolo di un altro potere dello stato, quello presidenziale. Quindi sia chiaro il taglio dei parlamentari non può essere inteso come fine a se stesso. Ridurre il numero dei Senatori e deputati vuol dire cambiare gli equilibri fra gli organi dello stato. Ricordiamo che le Camere in seduta comune eleggono anche un terzo della Corte Costituzionale e un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Insomma bisogna essere consapevoli che la riforma che riduce il numero dei parlamentari provocherà inevitabilmente cambiamenti anche radicali dell’ordine statuale modellato dalla Costituzione. Per questa ragione è d’obbligo fare una scelta consapevole e scevra da meri interessi di parte. Il nostro fine deve essere quello di avviare un cammino che ci conduca a raggiungere lo scopo di costruire un sistema paese migliore.

mercoledì 26 agosto 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 68 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti nell’esercizio delle loro funzioni

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto, obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”

L’articolo 68 della Costituzione Italiana, nel primo comma, garantisce l’immunità del Parlamentari e la piena libertà di esprimere opinioni. Non possono essere perseguiti per ciò che hanno detto mentre esercitavano le loro funzioni di deputato e senatore. Le opinioni non sono perseguibili sia se espresse in aula che in luoghi esterni, ma comunque pronunciate nell’esercizio delle proprie funzioni. L’articolo 68 esenta i parlamentari da ogni responsabilità civile, penale, amministrativa e disciplinare. Nessuno ha il diritto di sindacare le loro opinioni. Questo è un modo di proteggere l’istituzione assembleare. Coloro che fanno parte del parlamento devono essere certi di esercitare liberamente il loro mandato scevri da ogni condizionamento esterno. La libertà di esprimere le proprie idee serve per poter servire al meglio la Repubblica, con spirito di servizio e di umiltà, sapendo comunque alzare la propria voce davanti a ciò che si considera sopruso e sopraffazione. Ecco il senso che i costituenti hanno voluto dare a questo articolo. Non si voleva dare uno strumento di difesa a corrotti e corruttori, ma si voleva difendere coloro che potrebbero essere perseguiti solo a causa delle loro idee. Bisogna ricordare che questa guarentigia è limitata ai voti ed alle opinioni, per cui se viene commesso un fatto materiale, e questo integra gli estremi di un reato, il parlamentare è perseguibile penalmente. La garanzia costituzionale è riservata anche alle opinioni espresse nelle funzioni parlamentari o anche in altra sede (ad esempio in un comizio o in un’intervista televisiva). Il secondo comma garantisce l’immunità all’arresto, alla perquisizione personale, della abitazione e degli uffici per chiunque sia parlamentare in carica. C’è la possibilità di effettuare queste forme di coercizione legale nei confronti di senatori e deputati solo nel caso di flagranza. Solo nel caso in cui i politici sono presi con le mani sulla marmellata, possono subire arresti e perquisizioni. In caso contrario è necessario che vi sia un voto della Camera di appartenenza dell’indagato per procedere alle misure penali di coercizione. Insomma il Parlamento deve autorizzare l’autorità giudiziaria a svolgere atti quali: perquisizioni, intercettazioni e sequestro della corrispondenza se a subire tali azioni sono membri del parlamento. A tal proposito è nota la vicenda denominata scandalo delle Olgettine. Giovani collaboratrici di Forza Italia erano alloggiate, per volontà del capo politico del partito, all’Olgettina, un quartiere della periferia di Milano. La magistratura di Milano aprì un indagine su di loro, perché, a torto o a ragione è difficile dirlo, riteneva che fossero implicate in un giro di meretricio. Il problema è che ci furono intercettazioni telefoniche in cui si ascoltarono anche le conversazioni di Silvio Berlusconi, il loro massimo esponente politico. Allora il cavaliere era senatore, le sue intercettazioni non dovevano essere registrate se non un previo consenso del senato. Ci fu una disputa lunga e difficile, in cui il Cavaliere Silvio Berlusconi assume duplici vesti prima di parte lesa, perché si presunse ricattato dalle sue collaboratrici, e poi di indagato, quale beneficiario di un contratto leonino. Il Cavaliere si è sempre battuto per difendere il proprio diritto a scegliere in politica le proprie collaboratrici e anche ad avere un’attività sessuale con loro. Il giudice di Milano Ilda Boccassini, invece, ha sempre avuto la sensazione che i pagamenti che intercorrevano fra Berlusconi e le giovani donne, una anche minorenne da qui il reato, non fossero dovuti alle attività all’interno di Forza Italia, ma fossero motivate da carezze licenziose. Difficile dirlo. Quel che interessa a noi è sottolineare che l’indagine si arenò davanti alla necessità di un’autorizzazione parlamentare a rendere atti processuali le conversazioni telefoniche  del senatore Silvio Berlusconi. Le tutele volte a difendere da ingerenze esterne il parlamento, diventarono strumento per coprire attività comunque opache. Ecco un paradosso dell’articolo 68 che da essere strumento di libertà, diviene strumento di copertura per crimini. Bisogna dirlo la colpa non è della Costituzione. La colpa è della nostra classe politica che non è per niente avvezza all’onestà e alla trasparenza. Ci viene da pensare che l’immunità parlamentare non è stata voluta dai nostri padri costituenti per coprire atti leonini, corruzione e concussione. È stata voluta per proteggere i parlamentari dalla forza prevaricante dell’esecutivo, che avrebbe potuto utilizzare la forza della polizia per arrestare membri del parlamento che esprimevano fiera opposizione al governo. La tristezza e lo svilimento dei costumi di oggi hanno fatto in modo che l’immunità parlamentare fosse strumento per coprire la corruzione. Questo fenomeno non è solo di oggi. La Corruzione politica dilagante è manifesta fin dagli anni ’70 del secolo scorso. L’Italia non cambia mai. È necessario ricordare che anche il Partito Democratico, la forza che tradizionalmente si oppone a Forza Italia e Lega, sia coinvolto in scandali. Ricordiamo lo scandalo expo, in cui Primo Greganti, dirigente storico del PCI e vicino al PD, è stato indagato assieme al Legista Roberto Maroni. Questo a dimostrazione che tutte le forze politiche sono coinvolte. C’è da notare una differenza nell’elettorato. Mentre chi vota Lega e Forza Italia è indifferente agli scandali. La lega alle ultime elezioni ha aumentato i voti malgrado la corruzione al suo interno. La sinistra e i suoi elettori sono sensibili alla legalità. Appena appare lampante un fenomeno di corruzione  immediatamente i consensi diminuiscono, In passato si è pensato che l’assoluta indifferenza dell’elettorato al fenomeno della corruzione fosse dovuta alla convinzione che chiedere soldi da parte della politica dovesse essere finalizzato alla costruzione dello stato Padano. Si è sempre pensato che i politici di lega e Forza Italia chiedano tangenti per una finalità superiore, la divisione dell’Italia. Ma la nuova politica del segretario Matteo Salvini sembra aver cambiato rotta. Il capo della Lega sembra smentire il sogno di costruzione della Repubblica del Nord. Vuole che l’Italia rimanga unita. Ma allora la domanda è: perché gli elettori chiudono gli occhi davanti alle tangenti di destra, malgrado non vi sia più l’elemento ideale che le giustifica? Difficile dare una risposta. Certo che l’articolo 68 offre un ombrello sicuro per coloro che compiono atti illeciti. Spetterebbe all’elettorato punire la politica corrotta, non votandola. La sinistra alle ultime elezioni ha subito batoste per gli scandali legati alla mala gestione delle banche, il caso Banca Etruria è eclatante. La destra invece, malgrado malvessazioni plurime, è stata premiata dall’elettorato. Il perché è francamente difficile da spiegare, a meno che non si conclude che un elettorato corrotto elegge corrotti.

sabato 22 agosto 2020

SENZA VINCOLO DI MANDATO... O CON IL VINCOLO?

 

NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE

“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

È necessario mettere in evidenza che questo articolo della Costituzione Italiana è nella sostanza oggetto di un ampio dibattito fin dal 1994 quando Silvio Berlusconi “scese in campo”, fondò il partito Forza Italia. Con l’avvento del cavaliere, e della sua vis coinvolgente, ci fu chi asserì che il voto che il singolo parlamentare riceveva dall’elettorato era indubbiamente il frutto della capacità di leadership del leader politico del partito di cui faceva parte. Per semplificare il seggio di un parlamentare Pinco Pallo, aderente a Forza Italia, era il frutto della capacità di convincere l’elettorato propria di Silvio Berlusconi. Lo stesso valeva per gli eletti della coalizione di centro destra. Questo dibattito è ormai vecchio di quasi trent’anni. Ma ancor oggi, con profili tematici ed argomentativi diversi, è al centro della questione politica. Anche il Movimento Cinque Stelle, con argomentazioni assolutamente diverse rispetto al Centro destra, reputa il vincolo di mandato vetusto. La differenza di opinione fra Forza Italia e M5S in materia è fortemente diversa. Mentre per Forza Italia, Lega ed alleati il potere di delega e di delegato è affidato al leader. È prima Berlusconi, oggi Matteo Salvini, ha essere l’incarnazione della volontà popolare. Per il M5S l’argomentazione contro la sostanza del significato dell’articolo 67 della nostra legge fondamentale poggia su altri temi. Il leader non esiste. Ogni rappresentante del popolo è solamente un portavoce. La volontà politica della associazione politica è condivisa ed è decisa collettivamente. La base decide cosa fare, cosa votare in parlamento, e il parlamentare, per questo denominato “solo” portavoce, esegue la volontà dei più. Rimane il fatto che tale convinzione urta con il principio “Senza vincolo di mandato”. Se un parlamentare, è il caso della coalizione di destra, non può votare se non quello che dice il capo, o il capitano (come viene chiamato Matteo Salvini dal popolo di destra), il vincolo di mandato, la sudditanza ai voleri altrui e la non libertà di voto alle camere sussiste. Lo stesso vale per la tesi del M5S, se un parlamentare è vincolato alle decisioni prese da chi discute nel “blog”, il portale internet del movimento, la sua libertà di mandato viene a cadere.

Detto questo anche gli altri partiti impongono decisioni ai loro singoli rappresentanti nelle aule parlamentari. Anche il PD, ad esempio, impone una linea politica, mettendo il singolo nella difficile scelta di aderirvi o uscire dall’organizzazione politica. La scelta fra restare o rimanere coerenti a una propria convinzione su una decisione da prendere politicamente è comune a tutti coloro che fanno politica fino al punto di diventare rappresentanti del popolo. Ogni partito politico ha da sempre utilizzato la diffida estrema dell’espulsione per censurare l’azione di chi si ponesse contro la volontà collettiva formata all’interno della organizzazione politica di riferimento. La novità di fondo è il tentativo di rendere questa sostanziale punizione politica, in una drammatica censura istituzionale. Mi spiego eliminare o modificare sostanzialmente l’articolo 67 della Costituzione Italiana vuol dire permettere a una formazione politica non solo di espellere dal proprio interno il dissenziente, cosa concessa dalla prassi e, anche, dalla giurisprudenza attuale pur con una qualche eccezione, ma anche di far decadere dal seggio istituzionale il dissenziente. Questo è detto con termine anglofono “recall”, cioè richiamo e richiamata, chi non si adegua alla volontà collettiva del partito o del Movimento viene revocato dalla sua carica attraverso un voto collettivo. Si pensa che a farlo debba essere il collegio elettorale che lo ha espresso quale loro rappresentante. Se un deputato o senatore è stato eletto nel collegio Vallala si pensa che debbano essere i votanti al seggio di Vallala a votare per farlo decadere. Questa è una delle ipotesi caldeggiata dal m5s. Ora la Costituzione attualmente in vigore in Italia non solo non prevede tale istituto, ma addirittura considera un diritto proprio del parlamentare e una prerogativa volta a garantire l’autonomia delle camere elettive il principio della assenza del vincolo di mandato. Che vuol dire non solo che il singolo deputato e senatore non rappresenta solo coloro che lo hanno nei fatti votato, ma l’intera nazione, ma anche che il suo mandato non può essere revocato se non in caso di scioglimento della Camera a cui appartiene o per decisione presa dall’assemblea in cui è stato eletto, in virtù di un altro principio costituzionale che è l’autodichia, cioè il principio per cui solo l’assemblea parlamentare può decidere, utilizzando propri organi giudicati, il decadimento della carica del singolo eletto e con voto finale dell’intera assemblea, ovviamente in ottemperanza alle leggi repubblicane alle quali anche l’ufficio di presidenza delle camere è ovviamente chiamato a sottostare. Allora è intuibile che il mandato parlamentare è un diritto dovere dell’eletto e anche una forma di tutela dell’elettorato. Da una parte il rappresentante del popolo ha una tutela giuridica, e che tutela la Costituzione, di fronte a chi gli nega il diritto di avere una coscienza e una politica autonoma dalla volontà dell’organizzazione politica di cui appartiene e dall’altra gli elettori avranno la convinzione che il singolo deputato agisca secondo libertà e non secondo i dettami dei vertici. È necessario evidenziare che questa norma non ha scongiurato il fatto che la politica si sia creata una fortezza d’orata, consapevolmente o inconsapevolmente chi lo sa, avulsa dalla realtà giornaliera della cittadinanza. In forza di questo dato di fatto sono comprensibili le istanze, come quella del M5S ad esempio, che vorrebbero la forte riduzione del potere rappresentativo e la maggiore vis di istituti di partecipazione diretta di tutti alla decisioni della nazione. Però la democrazia diretta, se utilizzata in maniera disordinata e senza limiti, porta alla dittatura. È bene ricordarlo. I Soviet, nel 1917, erano una forma di democrazia diretta.. Sappiamo cosa è diventa l’URRS.

La democrazia diretta è uno degli elementi fondamentali della nostra Repubblica. I referendum, le mozioni popolari, le proposte di legge popolare sono istituti fondamentali e previsti ed ordinati dalla Carta del 1948. Questo indica che non bisogna demonizzare la democrazia partecipata, anzi al contrario bisogna renderla fondamento delle nostre istituzioni pubbliche. I funzionari dello stato, i politici, i magistrati devono ascoltare ciò che pensa la cittadinanza e conformare la propria opera non solo alle leggi, cosa indefettibile, ma anche alle esigenze reali delle persone comuni. Ma bisogna utilizzare la ponderazione, bisogna pensare a governare i destini del nostro paese con quello che la letteratura giuridica anglosassone chiama “balance”, che vuol dire da un lato il rapporto sinergico e rispettoso del compiti propri di tutte le istituzioni nazionali, ma anche il riconoscimento che la volontà popolare è un organo dello stato, cioè serve a far muovere le istituzioni, e per questo motivo deve diventare non solo la cassa di risonanza del popolo ma anche reale protagonista delle decisioni pubbliche. È una sfida complessa, che va accettata, per costruire una democrazia efficiente e allo stesso tempo partecipata fondata sui saldi principi della Costituzione Italiana emanata nel 1948.

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE

“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

È necessario mettere in evidenza che questo articolo della Costituzione Italiana è nella sostanza oggetto di un ampio dibattito fin dal 1994 quando Silvio Berlusconi “scese in campo”, fondò il partito Forza Italia. Con l’avvento del cavaliere, e della sua vis coinvolgente, ci fu chi asserì che il voto che il singolo parlamentare riceveva dall’elettorato era indubbiamente il frutto della capacità di leadership del leader politico del partito di cui faceva parte. Per semplificare il seggio di un parlamentare Pinco Pallo, aderente a Forza Italia, era il frutto della capacità di convincere l’elettorato propria di Silvio Berlusconi. Lo stesso valeva per gli eletti della coalizione di centro destra. Questo dibattito è ormai vecchio di quasi trent’anni. Ma ancor oggi, con profili tematici ed argomentativi diversi, è al centro della questione politica. Anche il Movimento Cinque Stelle, con argomentazioni assolutamente diverse rispetto al Centro destra, reputa il vincolo di mandato vetusto. La differenza di opinione fra Forza Italia e M5S in materia è fortemente diversa. Mentre per Forza Italia, Lega ed alleati il potere di delega e di delegato è affidato al leader. È prima Berlusconi, oggi Matteo Salvini, ha essere l’incarnazione della volontà popolare. Per il M5S l’argomentazione contro la sostanza del significato dell’articolo 67 della nostra legge fondamentale poggia su altri temi. Il leader non esiste. Ogni rappresentante del popolo è solamente un portavoce. La volontà politica della associazione politica è condivisa ed è decisa collettivamente. La base decide cosa fare, cosa votare in parlamento, e il parlamentare, per questo denominato “solo” portavoce, esegue la volontà dei più. Rimane il fatto che tale convinzione urta con il principio “Senza vincolo di mandato”. Se un parlamentare, è il caso della coalizione di destra, non può votare se non quello che dice il capo, o il capitano (come viene chiamato Matteo Salvini dal popolo di destra), il vincolo di mandato, la sudditanza ai voleri altrui e la non libertà di voto alle camere sussiste. Lo stesso vale per la tesi del M5S, se un parlamentare è vincolato alle decisioni prese da chi discute nel “blog”, il portale internet del movimento, la sua libertà di mandato viene a cadere.

Detto questo anche gli altri partiti impongono decisioni ai loro singoli rappresentanti nelle aule parlamentari. Anche il PD, ad esempio, impone una linea politica, mettendo il singolo nella difficile scelta di aderirvi o uscire dall’organizzazione politica. La scelta fra restare o rimanere coerenti a una propria convinzione su una decisione da prendere politicamente è comune a tutti coloro che fanno politica fino al punto di diventare rappresentanti del popolo. Ogni partito politico ha da sempre utilizzato la diffida estrema dell’espulsione per censurare l’azione di chi si ponesse contro la volontà collettiva formata all’interno della organizzazione politica di riferimento. La novità di fondo è il tentativo di rendere questa sostanziale punizione politica, in una drammatica censura istituzionale. Mi spiego eliminare o modificare sostanzialmente l’articolo 67 della Costituzione Italiana vuol dire permettere a una formazione politica non solo di espellere dal proprio interno il dissenziente, cosa concessa dalla prassi e, anche, dalla giurisprudenza attuale pur con una qualche eccezione, ma anche di far decadere dal seggio istituzionale il dissenziente. Questo è detto con termine anglofono “recall”, cioè richiamo e richiamata, chi non si adegua alla volontà collettiva del partito o del Movimento viene revocato dalla sua carica attraverso un voto collettivo. Si pensa che a farlo debba essere il collegio elettorale che lo ha espresso quale loro rappresentante. Se un deputato o senatore è stato eletto nel collegio Vallala si pensa che debbano essere i votanti al seggio di Vallala a votare per farlo decadere. Questa è una delle ipotesi caldeggiata dal m5s. Ora la Costituzione attualmente in vigore in Italia non solo non prevede tale istituto, ma addirittura considera un diritto proprio del parlamentare e una prerogativa volta a garantire l’autonomia delle camere elettive il principio della assenza del vincolo di mandato. Che vuol dire non solo che il singolo deputato e senatore non rappresenta solo coloro che lo hanno nei fatti votato, ma l’intera nazione, ma anche che il suo mandato non può essere revocato se non in caso di scioglimento della Camera a cui appartiene o per decisione presa dall’assemblea in cui è stato eletto, in virtù di un altro principio costituzionale che è l’autodichia, cioè il principio per cui solo l’assemblea parlamentare può decidere, utilizzando propri organi giudicati, il decadimento della carica del singolo eletto e con voto finale dell’intera assemblea, ovviamente in ottemperanza alle leggi repubblicane alle quali anche l’ufficio di presidenza delle camere è ovviamente chiamato a sottostare. Allora è intuibile che il mandato parlamentare è un diritto dovere dell’eletto e anche una forma di tutela dell’elettorato. Da una parte il rappresentante del popolo ha una tutela giuridica, e che tutela la Costituzione, di fronte a chi gli nega il diritto di avere una coscienza e una politica autonoma dalla volontà dell’organizzazione politica di cui appartiene e dall’altra gli elettori avranno la convinzione che il singolo deputato agisca secondo libertà e non secondo i dettami dei vertici. È necessario evidenziare che questa norma non ha scongiurato il fatto che la politica si sia creata una fortezza d’orata, consapevolmente o inconsapevolmente chi lo sa, avulsa dalla realtà giornaliera della cittadinanza. In forza di questo dato di fatto sono comprensibili le istanze, come quella del M5S ad esempio, che vorrebbero la forte riduzione del potere rappresentativo e la maggiore vis di istituti di partecipazione diretta di tutti alla decisioni della nazione. Però la democrazia diretta, se utilizzata in maniera disordinata e senza limiti, porta alla dittatura. È bene ricordarlo. I Soviet, nel 1917, erano una forma di democrazia diretta.. Sappiamo cosa è diventa l’URRS.

La democrazia diretta è uno degli elementi fondamentali della nostra Repubblica. I referendum, le mozioni popolari, le proposte di legge popolare sono istituti fondamentali e previsti ed ordinati dalla Carta del 1948. Questo indica che non bisogna demonizzare la democrazia partecipata, anzi al contrario bisogna renderla fondamento delle nostre istituzioni pubbliche. I funzionari dello stato, i politici, i magistrati devono ascoltare ciò che pensa la cittadinanza e conformare la propria opera non solo alle leggi, cosa indefettibile, ma anche alle esigenze reali delle persone comuni. Ma bisogna utilizzare la ponderazione, bisogna pensare a governare i destini del nostro paese con quello che la letteratura giuridica anglosassone chiama “balance”, che vuol dire da un lato il rapporto sinergico e rispettoso del compiti propri di tutte le istituzioni nazionali, ma anche il riconoscimento che la volontà popolare è un organo dello stato, cioè serve a far muovere le istituzioni, e per questo motivo deve diventare non solo la cassa di risonanza del popolo ma anche reale protagonista delle decisioni pubbliche. È una sfida complessa, che va accettata, per costruire una democrazia efficiente e allo stesso tempo partecipata fondata sui saldi principi della Costituzione Italiana emanata nel 1948.

venerdì 21 agosto 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

Ogni Parlamentare rappresenta la Nazione. Stabilisce con fermezza l’articolo 67 della Costituzione Italiana. Chi viene eletto a Senatore o Deputato non rappresenta solo gli elettori che materialmente lo hanno portato in Parlamento con i loro voti o la formazione politica di cui fa parte. Non vi è mandato imperativo. Chi è eletto non deve, e aggiungiamo non può, fare gli interessi solo della parte del corpo elettorale che lo ha votato, deve pensare al bene comune dell’intera comunità nazionale. In virtù di questo principio l’eletto non può ricevere dal partito di cui fa parte o dagli elettori disposizioni vincolanti circa il modo in cui svolgere il suo mandato parlamentare. Il partito che lo ha eletto, lo può espellere dalla propria formazione politica, se non si adegua ai dettami indicati dalla dirigenza del gruppo, ma non può intaccare le sue prerogative parlamentari. Insomma il parlamentare è lasciato solo con la sua coscienza a decidere cosa sia il bene per l’intera collettività. È una conquista fondamentale. La politica diviene l’esplicitazione della personalità di ogni singolo uomo o donna  che si confronta con le scelte difficili che determineranno i destini dell’intera nazione. Chi siede sugli scranni del parlamento ha un onere gravosissimo, deve agire secondo coscienza non facendosi influenzare dai giochi di potere e dagli interessi personali. L’Italia è il paese del “trasformismo”. Fin dall’Ottocento i parlamentari hanno cambiato “casacca” a seconda delle convenienze. I Governi Giolitti e Crispi hanno visto il formarsi di maggioranze parlamentari a loro vicine grazie a “trattative” in parlamento poco trasparenti. Nel primo decennio del XXI secolo la colazione composta da Forza Italia e Lega ha utilizzato la persuasione per far cadere il secondo governo Prodi. Valter Lavitola, ex direttore del giornale l’Avanti, è stato l’assoluto dominus dell’attività parlamentare della destra, è riuscito a convincere diversi deputati e senatori che sedevano sui banchi della sinistra a cambiare casacca, promettendo loro compensi di natura economica. È stato un portento. Solo i magistrati, da sempre nemici giurati di lega e Forza Italia, l’hanno fermato costringendolo prima alla latitanza e poi all’arresto. Certo che lo spirito dell’articolo 67 non ci pare voglia autorizzare alla compravendita di deputati e senatori. Non ci pare che sia un articolo che giustifichi la politica di Lega e Forza Italia. L’articolo 67 non è nato per giustificare il mercimonio dei voti. Anche se così dicendo sappiamo che ci scontriamo con i milioni di cittadini che votano destra, siamo dell’idea che la libertà di coscienza non si deve comprare staccando un assegno. Una cosa è cambiare idea a causa delle mutate circostanze politiche nazionali, si può cambiare gruppo parlamentare e partito in virtù di un sofferto conflitto interiore. Altro conto è convincere i senatori e deputati ad assicurare il voto a Lega e Forza Italia promettendo elargizioni economiche come faceva Lavitola per conto di Silvio Berlusconi. Insomma essere senza vincolo di mandato, essere libero di scegliere la politica che si vuol percorrere, è solo apparentemente un diritto, in realtà è un dovere. Il dovere del parlamentare di agire secondo coscienza. Il dovere di essere libero di dichiarare che un atto politico, una scelta, una posizione ideologica è sbagliata e va combattuta. Essere liberi di criticare anche la propria parte, il proprio partito, è un onere gravoso se lo si fa con onestà, non solo intellettuale, e con senso di servizio per lo Stato e i Cittadini. Il Movimento Cinque Stelle, la formazione politica che ha vinto le elezioni nel marzo 2018, pochi giorni fa, vorrebbe introdurre il vincolo di mandati. Secondo il M5S l’unica via per eliminare la corruzione dilagante è imporre a senatori e deputati il dover rendere conto ai propri elettori quotidianamente del loro operato. Per il M5S i parlamentari sono semplicemente dei portavoce della comunità. Le loro azioni all’interno delle istituzioni devono essere frutto di scelte collettive compiute dall’intera comunità italiana, o almeno dalla parte più consapevole e politicamente attiva, attraverso la democrazia della rete. Internet deve divenire, almeno secondo le idee del partito fondato da Beppe Grillo, lo strumento per poter far decidere tutti i cittadini italiani delle sorti dello stato. È la volontà di istaurare una forma di democrazia diretta. I cittadini, attraverso la rete, propongono e votano proposte di legge le quali dovrebbero essere portate e presentate in parlamento dai politici così come sono. Evidenti sono i rischi di manipolazione. Chi gestisce la rete? Chi controlla la regolarità del voto “online”? Chi decide il modo in cui vanno presentate le proposte popolari di legge all’intero corpo di “internetnauti”? Sono domande che già si poneva il giurista Stefano Rodotà, ancor prima che nascesse il cosiddetto grillismo. La democrazia diretta, quella che supera i criteri di rappresentanza, se mal gestita, potrebbe essere l’anticamera di dittature. Questo non vuol dire screditare il Movimento Cinque Stelle. Va dato un plauso ai milioni di cittadini italiani che cercano attivamente di migliorare il paese dando il loro voto e il loro contributo di idee e di lavoro al m5s, plauso che va tributato, ovviamente, anche agli attivisti degli altri partiti, di destra o di sinistra, che si adoperano per il bene comune. Ce ne sono tanti e in tutti gli schieramenti. Rimane il fatto che la democrazia parlamentare si fonda sul principio di  rappresentanza. Appare impossibile pensare a un deputato un senatore o a chiunque altro svolga un’attività istituzionale come mero portavoce, megafono, di un corpo collettivo. Chi siede a palazzo Madama o a Montecitorio alla fine deve essere chiamato a scegliere secondo coscienza, a prendere delle decisioni che trascendono la volontà popolare, è nelle cose della storia. L’unico vero atto censorio che noi cittadini possiamo compiere è non votare più quelle persone che, a nostro giudizio, hanno compiuto scelte sbagliate. A questo punto vorrei fare un’osservazione. Affinché una democrazia parlamentare funzioni deve esserci una valida legge elettorale. Io cittadino devo sapere che il mio voto produce l’elezione di un certo candidato. Non ci devono essere discrepanze fra il voto popolare e la formazione dell’emiciclo parlamentare. Questo è per garantire al contempo l’assenza di vincolo di mandato del parlamentare e la possibilità di punirlo, non rieleggendolo, se l’elettorato ha giudicato il suo comportamento nella legislatura precedente disdicevole. Alla luce di questo sarebbe bene evitare liste bloccate, evitare che siano i partiti e non gli elettori a scegliere chi occuperà il parlamento. Sono anni che autorevoli costituzionalisti e giuristi, confortati anche dal buonsenso popolare, lo vanno predicando, rimanendo inascoltati da una classe politica che preferisce tutelare gli interessi delle segreterie di partito, che vorrebbero parlamentari da loro nominati, agli interessi della nazione.

Scritto da Gianfranco Pellecchia

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

Ogni Parlamentare rappresenta la Nazione. Stabilisce con fermezza l’articolo 67 della Costituzione Italiana. Chi viene eletto a Senatore o Deputato non rappresenta solo gli elettori che materialmente lo hanno portato in Parlamento con i loro voti o la formazione politica di cui fa parte. Non vi è mandato imperativo. Chi è eletto non deve, e aggiungiamo non può, fare gli interessi solo della parte del corpo elettorale che lo ha votato, deve pensare al bene comune dell’intera comunità nazionale. In virtù di questo principio l’eletto non può ricevere dal partito di cui fa parte o dagli elettori disposizioni vincolanti circa il modo in cui svolgere il suo mandato parlamentare. Il partito che lo ha eletto, lo può espellere dalla propria formazione politica, se non si adegua ai dettami indicati dalla dirigenza del gruppo, ma non può intaccare le sue prerogative parlamentari. Insomma il parlamentare è lasciato solo con la sua coscienza a decidere cosa sia il bene per l’intera collettività. È una conquista fondamentale. La politica diviene l’esplicitazione della personalità di ogni singolo uomo o donna  che si confronta con le scelte difficili che determineranno i destini dell’intera nazione. Chi siede sugli scranni del parlamento ha un onere gravosissimo, deve agire secondo coscienza non facendosi influenzare dai giochi di potere e dagli interessi personali. L’Italia è il paese del “trasformismo”. Fin dall’Ottocento i parlamentari hanno cambiato “casacca” a seconda delle convenienze. I Governi Giolitti e Crispi hanno visto il formarsi di maggioranze parlamentari a loro vicine grazie a “trattative” in parlamento poco trasparenti. Nel primo decennio del XXI secolo la colazione composta da Forza Italia e Lega ha utilizzato la persuasione per far cadere il secondo governo Prodi. Valter Lavitola, ex direttore del giornale l’Avanti, è stato l’assoluto dominus dell’attività parlamentare della destra, è riuscito a convincere diversi deputati e senatori che sedevano sui banchi della sinistra a cambiare casacca, promettendo loro compensi di natura economica. È stato un portento. Solo i magistrati, da sempre nemici giurati di lega e Forza Italia, l’hanno fermato costringendolo prima alla latitanza e poi all’arresto. Certo che lo spirito dell’articolo 67 non ci pare voglia autorizzare alla compravendita di deputati e senatori. Non ci pare che sia un articolo che giustifichi la politica di Lega e Forza Italia. L’articolo 67 non è nato per giustificare il mercimonio dei voti. Anche se così dicendo sappiamo che ci scontriamo con i milioni di cittadini che votano destra, siamo dell’idea che la libertà di coscienza non si deve comprare staccando un assegno. Una cosa è cambiare idea a causa delle mutate circostanze politiche nazionali, si può cambiare gruppo parlamentare e partito in virtù di un sofferto conflitto interiore. Altro conto è convincere i senatori e deputati ad assicurare il voto a Lega e Forza Italia promettendo elargizioni economiche come faceva Lavitola per conto di Silvio Berlusconi. Insomma essere senza vincolo di mandato, essere libero di scegliere la politica che si vuol percorrere, è solo apparentemente un diritto, in realtà è un dovere. Il dovere del parlamentare di agire secondo coscienza. Il dovere di essere libero di dichiarare che un atto politico, una scelta, una posizione ideologica è sbagliata e va combattuta. Essere liberi di criticare anche la propria parte, il proprio partito, è un onere gravoso se lo si fa con onestà, non solo intellettuale, e con senso di servizio per lo Stato e i Cittadini. Il Movimento Cinque Stelle, la formazione politica che ha vinto le elezioni nel marzo 2018, pochi giorni fa, vorrebbe introdurre il vincolo di mandati. Secondo il M5S l’unica via per eliminare la corruzione dilagante è imporre a senatori e deputati il dover rendere conto ai propri elettori quotidianamente del loro operato. Per il M5S i parlamentari sono semplicemente dei portavoce della comunità. Le loro azioni all’interno delle istituzioni devono essere frutto di scelte collettive compiute dall’intera comunità italiana, o almeno dalla parte più consapevole e politicamente attiva, attraverso la democrazia della rete. Internet deve divenire, almeno secondo le idee del partito fondato da Beppe Grillo, lo strumento per poter far decidere tutti i cittadini italiani delle sorti dello stato. È la volontà di istaurare una forma di democrazia diretta. I cittadini, attraverso la rete, propongono e votano proposte di legge le quali dovrebbero essere portate e presentate in parlamento dai politici così come sono. Evidenti sono i rischi di manipolazione. Chi gestisce la rete? Chi controlla la regolarità del voto “online”? Chi decide il modo in cui vanno presentate le proposte popolari di legge all’intero corpo di “internetnauti”? Sono domande che già si poneva il giurista Stefano Rodotà, ancor prima che nascesse il cosiddetto grillismo. La democrazia diretta, quella che supera i criteri di rappresentanza, se mal gestita, potrebbe essere l’anticamera di dittature. Questo non vuol dire screditare il Movimento Cinque Stelle. Va dato un plauso ai milioni di cittadini italiani che cercano attivamente di migliorare il paese dando il loro voto e il loro contributo di idee e di lavoro al m5s, plauso che va tributato, ovviamente, anche agli attivisti degli altri partiti, di destra o di sinistra, che si adoperano per il bene comune. Ce ne sono tanti e in tutti gli schieramenti. Rimane il fatto che la democrazia parlamentare si fonda sul principio di  rappresentanza. Appare impossibile pensare a un deputato un senatore o a chiunque altro svolga un’attività istituzionale come mero portavoce, megafono, di un corpo collettivo. Chi siede a palazzo Madama o a Montecitorio alla fine deve essere chiamato a scegliere secondo coscienza, a prendere delle decisioni che trascendono la volontà popolare, è nelle cose della storia. L’unico vero atto censorio che noi cittadini possiamo compiere è non votare più quelle persone che, a nostro giudizio, hanno compiuto scelte sbagliate. A questo punto vorrei fare un’osservazione. Affinché una democrazia parlamentare funzioni deve esserci una valida legge elettorale. Io cittadino devo sapere che il mio voto produce l’elezione di un certo candidato. Non ci devono essere discrepanze fra il voto popolare e la formazione dell’emiciclo parlamentare. Questo è per garantire al contempo l’assenza di vincolo di mandato del parlamentare e la possibilità di punirlo, non rieleggendolo, se l’elettorato ha giudicato il suo comportamento nella legislatura precedente disdicevole. Alla luce di questo sarebbe bene evitare liste bloccate, evitare che siano i partiti e non gli elettori a scegliere chi occuperà il parlamento. Sono anni che autorevoli costituzionalisti e giuristi, confortati anche dal buonsenso popolare, lo vanno predicando, rimanendo inascoltati da una classe politica che preferisce tutelare gli interessi delle segreterie di partito, che vorrebbero parlamentari da loro nominati, agli interessi della nazione.

Scritto da Gianfranco Pellecchia

LADIES AND GENTLEMEN, THE PRESIDENT

 

LE DUE AMERICHE

Il tre novembre 2020 gli Stati Uniti d’America sceglieranno il loro presidente. Gli Statunitensi saranno chiamati a scegliere se confermare alla presidenza Donald Trump, presidente USA uscente, oppure se eleggere il democratico Joe Biden. Una sfida che è la caratteristica della democrazia nord americana. Da quando sono nati gli Stati Uniti il primo cittadino è eletto dal popolo, anche se con un sistema elettorale complesso che solo in apparenza è indiretto, ma in realtà è diretto. Mi spiego: il corpo elettorale non elegge direttamente il presidente della repubblica, ma dei “grandi elettori” i quali saranno chiamati a eleggere il presidente. Ma ormai è dottrina giuridica assodata che i grandi elettori hanno un sostanziale vincolo di mandato. Mi spiego se si vota Caio affinché questi voti Tizio alla presidenza della repubblica, Caio deve votare, se designato alla scelta del presidente, Tizio non potrà mai e poi mai votare Sempronio. Così appare chiaro che l’elezione presidenziale americana è formalmente indiretta, ma sostanzialmente diretta. Detto questo, però, questo sistema elettorale non può scongiurare che salga alla presidenza un presidente votato dalla minoranza dei cittadini. È avvenuto proprio per il primo mandato di Trump. La sua avversaria, Hillary Clinton, aveva acquisito la maggioranza dei voti popolari, ma il gioco della designazione dei grandi elettori aveva creato una maggioranza di delegati al voto favorevole a Trump. Questo perché alcuni stati con una popolazione numericamente minore ad altri esprimono nei fatti delegati di egual numero ad altre zone più popolose. I “Borghi putridi” hanno scelto Trump. Mi accingo a spiegare la mia ultima affermazione. Non era mia intenzione offendere i cittadini della zona centrale degli Stati Uniti, quelli che hanno determinato la vittoria di Trump alle precedenti elezioni. La definizione “Borghi putridi” è stata data da alcuni giuristi inglesi del XIX secolo per individuare zona del Regno Unito che fin da allora, pur essendo scarsamente popolose, esprimevano un numero sproporzionatamente alto di rappresentanti del popolo. Traslando i termini, e mettendo a confronto le diverse circostanze, la stessa cosa avviene oggi negli Stati Uniti, in cui alcune Contee dell’entroterra esprimono una quantità sproporzionata di “grandi elettori” rispetto a quelli, in proporzione pochi, delle popolatissime aree metropolitane: New York, Los Angeles etc. etc. Ecco perché oggi Donald Trump è presidente, mentre la maggioranza della popolazione americana votò quattro anni fa la Clinton.

Fatta questa premessa appare chiaro che i due candidati di oggi, Biden e Trump, si rivolgono a due Americhe diverse fra loro. I due partiti di cui i candidati sono espressione, “Il Democratico” e “Il Repubblicano” sono la manifestazione di due idee della politica diverse.  Una tradizionale e timorosa dei cambiamenti, Trump, l’altra multietnica e aperta al dialogo fra le persone e i popoli, Biden. Non è un caso che Biden abbia scelto come sua vice presidente, se verrà eletto, un giudice, una donna e di colore. Kamala Harris. Questo ex procuratore californiano dovrebbe raccogliere i voti di coloro che credono nella legalità, essendo giudice, e nel pluralismo etnico, essendo figlia di un giamaicano e di una indiana, indiana dell’Asia, la madre viene dal subcontinente culla della civiltà mondiale. Insomma la Harris dovrebbe essere colei che rappresenta il pragmatico agire delle istituzioni, l’incarnazione della burocrazia USA che agisce nella realtà e migliora le cose, mentre Biden dovrebbe rappresentare la politica capace di dare risposte alle esigenze della gente, da decenni Biden è rappresentante del popolo, ed è stato vice presidente di Barak Obama, il presidente ancora vivente più amato dal popolo americano. Non è un caso che la moglie di Obama, Michelle, sia stata, è, e sarà una delle più importanti front-woman della campagna elettorale del tiket Biden – Harris. Proprio a dire: dai, questi sono come mio marito. A dire la verità sono molti fra gli elettori democratici che vorrebbero che Michelle Obama, avvocato di fama e di grande competenza oltre che ex first lady, entrasse nello staff presidenziale e potesse così contribuire alla ottima riuscita della presidenza Biden. Michelle nega che ciò avverrà. Preferisce, dice, tenersi fuori dalle logiche di governo. Ma chi lo sa. I giornalisti vedono un futuro di Michelle ancora più importante. Sono molti che dicono che la famiglia Obama avrebbe sicuramente più afflato popolare della famiglia Clinton. Tanti dicono che Bill Clinton non lo vorrebbero come First Gentlemen, ma Obama come marito del presidente andrebbe bene. Chi lo sa? Questa è pura fantapolitica.

 

Intanto i democratici debbono battere Donald Trump, impresa affatto facile visto che l’attuale presidente è estremamente efficace in campagna elettorale. Trump deve spiegare all’elettorato il perché della non adeguata politica di profilassi contro il Corona Virus. Il presidente aveva preso in mano la situazione, al momento dell’iniziale espandersi del morbo negli USA, aveva detto “ci penso io” e ora deve confrontarsi con dati desolanti, che vedono l’America come il luogo in cui ci sono stati più contagi e più morti. Un dato confermato anche se si guardato i dati in maniera proporzionale al numero della popolazione. Trump però ha un grande risultato di politica estera che può vantare. È grazie alla moderazione della sua Casa Bianca che Israele ed Emirati Arabi stanno tessendo una trama diplomatica che potrebbe superare gli attriti che da sempre caratterizzano le due nazioni Medio Orientali. In più bisogna dire che l’economia americana non andava male prima della pandemia, i risultati discreti in pil e rilevanza azionaria dei mercati in questi anni Trump li ha sempre considerati merito suo. Certo la malattia planetaria ha cambiato tutti gli scenari di natura economica, e ha definito in peggio i destini dei paesi, anche quello degli States. Ma la politica isolazionista di Trump ha l’appoggio di una parte significativa dell’elettorato. La guerra finanziaria con la Cina sarà un cavallo di battaglia dell’attuale inquilino della Casa Bianca per rovesciare i pronostici che lo vedono perdente. Cosa succederà? Beh aspettiamo le elezioni. Una cosa è certa, alla fine del secondo mandato di Obama, l’assetto della società americana (plurale e multietnica) faceva pensare a un dominio democratico per alcuni decenni, invece dopo Obama è andato al potere un Repubblicano, per giunta atipico, quale Donald Trump.  Oggi tutti i sondaggi dicono che l’era Trump è finita. Ma sono a dirlo gli stessi sondaggisti che quattro anni fa dicevano che un’era Trump non ci sarebbe mai stata, dando per certo la vittoria di Hillary Clinton. Insomma Trump potrebbe farcela anche questa volta, rovesciando i pronostici. È quello che si augurano i Repubblicani, mentre i Democratici fanno gli scongiuri.

 

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

ARTICOLO 66 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità

Le Camere hanno il potere di autodichia, sancito dalla Costituzione. Tale potere dà la possibilità alle due assemblee legislative di giudicare autonomamente se i propri membri hanno i giusti titoli per essere ammessi alla carica di deputato o senatore. I regolamenti delle Camere affidano ad una commissione permanente costituita presso ciascuna camera il compito di verificare se l’eletto ha i requisiti per la validità all’ammissione all’ufficio e se le operazioni elettorali si siano svolte correttamente e secondo le norme dello stato. Se le ragioni di incompatibilità e di ineleggibilità sono definite da norme dello Stato, è affidata alla insindacabile autorità di ciascuna camera la verifica delle cause di estromissione di ciascun membro. La verifica delle elezioni si svolge in due fasi, una necessaria (controllo di deliberazione) ed una eventuale (giudizio di contestazione). Il controllo di deliberazione mira ad accertare che l’elezione sia valida. Se la Giunta delle Elezioni (la commissione della Camera dei Deputati che si occupa di verificare le elezioni) o la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari (la equivalente commissione del senato) non riscontrano irregolarità convalidano l’elezione. Se invece ci sono contestazioni si procede a un dibattimento pubblico in cui si argomentano sia le ragione contro la validità dell’elezione sia quelli a sfavore. Un’udienza che assume le valenze di un procedimento giudiziario. L’eletto può portare davanti alle commissioni dei dossier di discolpa e di precisazione che provano la validità e la correttezza della propria candidatura ed elezione. La commissione ascolta e delibera secondo coscienza in maniera collegiale. Urge notare quindi che la prima fase, controllo di deliberazione, è un atto di natura meramente amministrativa. Le commissioni controllano se gli atti elettorali e lo status del candidato non ostano alla sua elezione. La seconda fase è di natura giurisdizionale. Nell’esercizio di questo atto le Camere manifestano la loro autodichia, cioè il loro potere di farsi giustizia da sole, cioè di dichiarare la validità o meno dell’elezione del proprio membro senza ricorrere al potere giudiziario. Questo è stato voluto dai padri costituenti per salvaguardare l’autonomia del Parlamento. Sarebbe comunque opportuno che la giunta delle elezioni operi con spirito di imparzialità e senso dello stato. La legge Severino ha introdotto una causa di sopraggiunta ineleggibilità e di decadenza dalla carica. In caso di condanna penale definitiva di un membro delle due assemblee, a seguito di un voto da parte dell’assemblea di cui fa parte, lo status di deputato o senatore decade. Questa legge è stata fortemente contestata da coloro che votano Lega e Forza Italia. La formazione politica di destra ha visto come una violazione dei diritti umani la perdita dello status di senatore o deputato, per questo ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo affinché venga censurata la suddetta legge Severino. Per gli elettori di Forza Italia e Lega l’elezione alle camere è la legittima difesa davanti a un processo. Chi è imputato si pone davanti agli elettori per chiedergli di evitargli la condanna. L’aver permesso che Silvio Berlusconi o Cesare Previti fossero costretti a espiare la loro pena è un vulnus gravissimo alla persona umana, così affermano gli esponenti di Forza Italia e Lega. Staremo a vedere chi ha ragione! Ha ragione la Costituzione Italiana che dice che la carica pubblica è un onere, non un privilegio, da assolvere con decoro. Oppure hanno ragione Lega e Forza Italia che asseriscono che la carica pubblica è uno strumento per evitare il carcere. La risposta è nella corte europea dei diritti dell’uomo, che purtroppo tarda a pronunciarsi. Noi preferiremmo dire che la carica di senatore è deputato non è un privilegio. Chi siede in una delle due camere rappresentative della Repubblica non deve farlo per evitare la galera. La visione degli elettori di lega e Forza Italia la riteniamo assolutamente sbagliata. Ovviamente questa è, e rimane la nostra opinioni. Rispettiamo coloro che hanno votato Lega per il senso di onore e rispetto verso Mantovani, l’assessore della regione Lombardia arrestato per tangenti. Per chi vota destra l’illecito penale è scusabile, chi commette reato è considerato degno di rispetto. Noi rispettiamo questa tesi, ma non la condividiamo. Siamo per un’Italia che si pone regole rigide che tutti devono rispettare.

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

ARTICOLO 65 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato e senatore.

Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere”.

La Costituzione ha voluto che alcune cariche ed alcuni status giuridici fossero incompatibili con gli uffici di Senatore e Deputato. Non si può contemporaneamente ricoprire alcune cariche ed essere parlamentari della Repubblica. Non si può avere un determinato status giuridico e risiedere in parlamento. Le ragioni di questa scelta sono dovute alla volontà di garantire la libertà di voto e l’indipendenza degli eletti nell’esercizio del loro mandato. Il ricoprire alcune cariche pubbliche potrebbe influenzare l’esito elettorale. Il candidato che aspira a ricoprire il ruolo di membro del parlamento, potrebbe sfruttare la sua posizione per influenzare gli elettori. D’altro canto la consapevolezza di ricoprire una certa carica quasi certamente influenzerebbe l’agire della persona diventato onorevole. Le persone che non possono essere elette sono coloro che ricoprono determinati uffici: i consiglieri regionali, i sindaci, il capo e il vicecapo della polizia, i prefetti, i viceprefetti, i funzionari di Polizia di Stato, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle forze armate dello stato, limitatamente alla circoscrizione del loro comando territoriale, questo ultimo caso si definisce “illegittimità relativa”. Sono ineleggibili coloro che sono dipendenti di governi esteri, questo per evitare possibili interferenze da parte di autorità straniere nello svolgimento delle elezioni. Sono ineleggibili, o dovrebbero esserlo a norma della Costituzione, coloro che hanno particolari rapporti economici con lo stato, ad esempio i titolari di pubbliche concessioni, quali sono quelle a trasmettere programmi attraverso i segnali radiofonici e televisivi. È sotto gli occhi di tutti che per vent’anni questo principio è stato ignorato. Silvio Berlusconi ha tranquillamente fatto politica e ricoperto cariche pubbliche senza che il conflitto d’interessi sia stato mai sanato. Una nuova causa di ineleggibilità è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 2012 con la legge Severino, il nome del guardasigilli che l’ha voluta. Chi ha subito una condanna penale definitiva non può accedere alla carica di senatore e deputato, è ineleggibile. Nel caso ricopra già una di queste cariche decade con voto dell’assemblea di cui fa parte, come è successo al senatore Silvio Berlusconi. L’incompatibilità fra pena subita e cariche pubbliche dura 6 anni. In realtà questa legge non vale solo per i membri del parlamento, anche coloro che ricoprono cariche pubbliche elettive o meno a livello locale decadono se condannati in primo grado per reati legati alla concussione e alla corruzione. Ora questa legge ha suscitato tantissime polemiche. Sono molti coloro che hanno subito il carcere a causa di questa legge. Ricordiamo l’onorevole Cesare Previti, membro di Forza Italia, condannato per mafia ha dovuto subire l’onta del carcere proprio a causa della legge Severino che lo faceva decadere dalla carica si Senatore e gli toglieva l’immunità. Ricordiamo il caso di Giancarlo Galan, più volte presidente della regione Veneto, approdato al senato proprio per non subire il carcere a seguito d’inchieste giudiziarie e invece finito agli arresti proprio perché decaduto dalla carica. I cittadini del Veneto, Lombardia e Piemonte nelle ultime elezioni hanno votato compattamente destra per loro. Per ribadire il principio che nessun deputato o senatore deve subire l’onta del carcere. Forti di questo consenso Matteo Salvini e Silvio Berlusconi stanno portando le loro istanze al tribunale dei diritti dell’Uomo. Lo scontro è fra lo stato italiano, o meglio la sinistra, che considera il decoro della carica pubblica prevalente sugli interessi del singolo. E invece la destra che sostiene il diritto dell’imputato e del condannato di diventare parlamentare per difendersi da condanne e pene. Si ragiona: il diritto di difesa è sacro, l’essere membro di Palazzo Madama o di Montecitorio è uno strumento indispensabile per evitare l’esecuzione di una condanna penale, quindi va contro i principi fondamentali dell’uomo una legge, quale la Severino, che fa decadere dalla carica di parlamentare. Staremo a vedere come si pronuncerà la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quello che è certo è che così la pensano i cittadini del Nord Italia, che per premiare la battaglia contro la Legge Severino hanno votato in massa Lega e Forza Italia. Oggettivamente una parte significativa del popolo italiano è contro un principio costituzionale che vorrebbe che in Parlamento non ci fossero conflitti di interesse. Forse è il caso di cancellare l’articolo 65 della Costituzione? Io penso di no. Penso che sbaglino coloro che votano Lega e Forza Italia. La legalità e la trasparenza sono principi importanti. Capisco la stima e il rispetto verso Cesare Previti e tutti gli altri condannati che muove l’elettorato di destra. Ma chi svolge cariche pubbliche lo deve fare con disciplina ed onore, non deve utilizzare il proprio status per evitare processi. È giusto che la carica di Senatore e di Deputato sia incompatibile con determinati carichi penali pendenti. Sarebbe meglio che gli elettori non votassero più partiti che spudoratamente difendono indagati e condannati. Gli elettori di destra dovrebbero prendere esempio dagli altri cittadini, che puniscono i partiti rei di corruzione. Fa impressione che il Partito Democratico perda voti ad ogni scandalo che subisce, lo stesso vale per il Movimento Cinque Stelle, mentre Lega e Forza Italia non subiscono scosse quando i loro membri sono indagati. Bisogna che gli elettori di destra riacquistino senso di moralità e spirito civico.

Il secondo comma dell’articolo 65 costituzionalizza uno dei casi di incompatibilità. Mentre gli altri sono definiti per legge ordinaria, l’incompatibilità fra membro del Senato e membro della Camera è scritto nella nostra carta fondamentale. Una scelta chiara. I due rami del parlamento sono il cardine del nostro stato. La loro attività separata e parallela rende possibile il felice funzionamento dello stato. È bene che non vi possa essere nessuno che risieda in ambedue le camere. È bene che non vi sia un duplice ruolo. Insomma la Costituzione ha voluto che vi sia separatezza fra le due Camere e al contempo sinergia. I membri dei due rami del parlamento sono persone distinte, ma animate dal comune bisogno di servire la nazione. Il bicameralismo perfetto impone la separatezza dei ruoli e l’incompatibilità fra le cariche. In ultimo faccio notare che la legge attualmente rende incompatibili l’essere consigliere regionale e l’essere parlamentare. La legge di revisione costituzionale a firma Maria Elena Boschi invece trasformava il senato in camera delle Regioni. I senatori erano membri dei consigli regionali e venivano designati dalle assemblee locali per ricoprire la carica a Palazzo Madama. In realtà, secondo il disegno di riforma bocciato con referendum dagli italiani, i senatori rimanevano membri dell’istituzione regionale e al contempo assumevano funzione di membro dell’assemblea nazionale. Era un modo per introdurre una camera delle regioni, secondo il modello della Repubblica Federale Tedesca. Secondo la Riforma il senato doveva occuparsi solo di alcune materie, compartecipando all’attività normativa della camera. Queste materie erano: Revisione Costituzionale, leggi di accoglimento nel nostro ordinamento di normative europee, leggi elettorali e poco altro. Per le altre materie la Camera dei Deputati era la sola competente ad approvare leggi e normative. La camera del Senato doveva essere composta da membri che la componevano a titolo gratuito. I senatori dovevano “accontentarsi” dello stipendio regionale. Questa riforma è stata bocciata, rimane ancora incompatibilità fra membro delle Camere e Consigliere Regionale, se un soggetto ricopre le due cariche deve scegliere a quale rinunciare. Se non lo fa in forma scritta, presentando le dimissioni al presidente del collegio a cui intende rinunciare, si presume che rinunci all’incarico di consigliere regionale.

Testo Di Gianfranco Pellecchia

giovedì 20 agosto 2020

ESSERE O NON ESSERE

 

AMLETO

La tragedia di William Shakespeare “Amleto” è una delle opere letterarie fondamentali nella storia dell’intera umanità. Il motivo è che il racconto è l’esplicazione della tensione umana alla ricerca del Vero, che manifestamente diventa irraggiungibile . La storia è ispirata a un episodio reale del regno di Danimarca. Siamo nel XVI secolo, nella capitale Elisora si piange la morte del re da poco morto. Sulle Torri che cingono il castello il monarca, diventato fantasma, appare al figlio Amleto. Qui inizia la tragedia shakespeariana. Il padre, dolente, racconta al proprio primogenito di come la madre  abbia ordito un complotto per ucciderlo in combutta con il fratello del monarca, Claudio, al fine di prendersi il trono. Amleto è deciso ad indagare. Lo fa chiedendo a dei saltimbanchi di rappresentare a palazzo una tragedia intitolata “L’assassinio di Gonzago”, la cui trama racconta di vili tradimenti familiari. Dopo la recita costringe la madre a confessare. Ma dietro una tenda sente un brusio, pensa che sia lo zio Claudio e impugna la spada e trafigge il cuore, ma l’ucciso non è il fedigrafo ma è il padre della sua amata Ofelia, Polonio. A questo punto la situazione precipita. Dal punto di vista della politica del regno, si vive la grave minaccia del re di Norvegia Marcello, deciso a riconquistare i territori che furono del padre Fortebraccio. Dal punto di vista della tenuta istituzionale interna, si fa manifesto il tradimento dello zio Claudio e della madre Gertrude. Ofelia si lascia morire, disperata a causa della notizia avuta della morte del padre per mano dell’amato Amleto. L’altro figlio di Polonio, Laerte, decide di allearsi con Marcello nella speranza di riportare ordine in Danimarca, abbattendo il regno di Amleto, e, soprattutto, così di vendicare il padre. Intervengono a cercare di moderare due nobiluomini, amici di studio di Amleto,  Rosencrantz eGuidenstern. Il loro adoperarsi è un fallimento, la loro presenza scenica è fondamentale per capire l’animo di Amleto, figura centrale della letteratura mondiale. È allo stesso tempo crudele monarca, al pari degli altri personaggi di potere della storia, ma anche uomo di coscienza alla disperata ricerca del proprio essere e della sua essenza di persona buona. È l’esplicitazione del fallimento umano, il continuo cercare la serenità propria ed altrui che si concretizza in lutti e tragedie. Amleto da giovane studente ambisce a una felicità totale, fatta di serenità e fruttuoso rapporto affettivo con gli altri. È destinato a vedere sbriciolare le sue ambizioni di uomo felice, piangendo la morte della amata Eufelia. Davanti a tale orrore non può che scegliere di morire, di bere e di offrire il terribile veleno alla propria madre, la causa dei tanti lutti e dolori, la ragione della morte del proprio padre. Alla fine dell’opera il re di Norvegia, Marcello, venuto in Danimarca per sconfiggere quello che lui considerava il perfido Amleto, non può che guardare inorridito il povero corpo del principe di Danimarca, disteso inerte sulla tomba di Eufelia, che si è suicidato dopo aver posto fine alla vita della propria madre. Difficile non sentire smarrimento guardando la tragedia “Amleto”. Il tema della morte è presente e si fa centrale nel racconto. I personaggi sembrano essere condannati a un viaggio negli abissi, in cui la dipartita dal mondo non solo sembra essere l’unico percorso possibile in questo orrore della conoscenza e della coscienza, ma anche una fattiva liberazione dal dolore della vita. Essere o  non essere, il famoso monologo di Amleto che deve scegliere di suicidarsi è la lampante manifestazione del dolore che comporta l’esistenza e della irreparabilità della morte, La vita è angoscia ed è patimento. Ma la morte non è la liberazione. È il naturale compiersi della vita, è un aggiungersi tragico di dolore al dolore. La sofferenza non finisce mai. Ecco il messaggio tragico di Shakespeare. L’amore è una lieve carezza che i toni fugaci della brezza che dura un attimo, mentre il caldo e l’arsura della solitudine è perenne. È un momentaneo ristoro al dolore, che appena sparito, ricordiamo la tragica morte di Eufelia, acuisce ancor maggiormente il dolore d’esistere. I sentimenti anche più puri, ad esempio il sentimento di filiale amore di Amleto per il padre, portano solo dolore e morte. L’unica cosa che esiste e persiste nella sua aurea di verità e certezza è la giustizia. Una giustizia che è portata da fuori, è portata da un re straniero, Marcello. Ma la giustizia non può lenire i dolori del cuore, Amleto muore prima che giunga a manifestare il suo potere sulle istituzioni terrene, a peritura prova che le leggi sociali non possono ordinare e lenire i sommovimenti della coscienza interiore di ognuno. Però la giustizia può riordinare i rapporti intersoggettivi. Pensiamo che il ritorno dell’ordine politico in Danimarca per opera di Marcello non abbia certo messo fine ai sommovimenti e alle passioni dei singoli, ma abbia portato pace nelle relazioni istituzionali e riportato un sano governo dello stato. Amleto è il principe del turbamento dell’animo umano. L’inconscio, che Sigmund Freud indagherà secoli dopo, è magistralmente incarnato da lui. Noi rimarremo sempre affascinati e turbati dalle sue passioni così profondamente umane e quindi simili, se non uguali, alle nostre. Ma la speranza è in Claudio, nell’ordine costituito e costituente che riesce a trovare regole di convivenza anche fra cuori in sommovimento e animi turbati. Insomma Amleto è l’Ego che si fa travolgere dall’Es e dall’inconscio. È la parte di noi che quando si trova davanti alle emozioni non riesce a governarle e preferisce l’oblio. È l’autenticità del cuore, travolto dall’eccessivo dolore. È tutti noi quando ci troviamo di fronte a un evento  ineluttabile e insuperabile, un lutto ad esempio. Per questo motivo amiamo Amleto. Ma bisogna credere che l’ordine razionale, le regole sociali, alla fine potranno portare un piccolo soccorso al dolore esistenziale. Ci sarà un re di Norvegia che porterà un pò d’ordine nella nostra Danimarca che è l’anima.