venerdì 21 agosto 2020

LADIES AND GENTLEMEN, THE PRESIDENT

 

LE DUE AMERICHE

Il tre novembre 2020 gli Stati Uniti d’America sceglieranno il loro presidente. Gli Statunitensi saranno chiamati a scegliere se confermare alla presidenza Donald Trump, presidente USA uscente, oppure se eleggere il democratico Joe Biden. Una sfida che è la caratteristica della democrazia nord americana. Da quando sono nati gli Stati Uniti il primo cittadino è eletto dal popolo, anche se con un sistema elettorale complesso che solo in apparenza è indiretto, ma in realtà è diretto. Mi spiego: il corpo elettorale non elegge direttamente il presidente della repubblica, ma dei “grandi elettori” i quali saranno chiamati a eleggere il presidente. Ma ormai è dottrina giuridica assodata che i grandi elettori hanno un sostanziale vincolo di mandato. Mi spiego se si vota Caio affinché questi voti Tizio alla presidenza della repubblica, Caio deve votare, se designato alla scelta del presidente, Tizio non potrà mai e poi mai votare Sempronio. Così appare chiaro che l’elezione presidenziale americana è formalmente indiretta, ma sostanzialmente diretta. Detto questo, però, questo sistema elettorale non può scongiurare che salga alla presidenza un presidente votato dalla minoranza dei cittadini. È avvenuto proprio per il primo mandato di Trump. La sua avversaria, Hillary Clinton, aveva acquisito la maggioranza dei voti popolari, ma il gioco della designazione dei grandi elettori aveva creato una maggioranza di delegati al voto favorevole a Trump. Questo perché alcuni stati con una popolazione numericamente minore ad altri esprimono nei fatti delegati di egual numero ad altre zone più popolose. I “Borghi putridi” hanno scelto Trump. Mi accingo a spiegare la mia ultima affermazione. Non era mia intenzione offendere i cittadini della zona centrale degli Stati Uniti, quelli che hanno determinato la vittoria di Trump alle precedenti elezioni. La definizione “Borghi putridi” è stata data da alcuni giuristi inglesi del XIX secolo per individuare zona del Regno Unito che fin da allora, pur essendo scarsamente popolose, esprimevano un numero sproporzionatamente alto di rappresentanti del popolo. Traslando i termini, e mettendo a confronto le diverse circostanze, la stessa cosa avviene oggi negli Stati Uniti, in cui alcune Contee dell’entroterra esprimono una quantità sproporzionata di “grandi elettori” rispetto a quelli, in proporzione pochi, delle popolatissime aree metropolitane: New York, Los Angeles etc. etc. Ecco perché oggi Donald Trump è presidente, mentre la maggioranza della popolazione americana votò quattro anni fa la Clinton.

Fatta questa premessa appare chiaro che i due candidati di oggi, Biden e Trump, si rivolgono a due Americhe diverse fra loro. I due partiti di cui i candidati sono espressione, “Il Democratico” e “Il Repubblicano” sono la manifestazione di due idee della politica diverse.  Una tradizionale e timorosa dei cambiamenti, Trump, l’altra multietnica e aperta al dialogo fra le persone e i popoli, Biden. Non è un caso che Biden abbia scelto come sua vice presidente, se verrà eletto, un giudice, una donna e di colore. Kamala Harris. Questo ex procuratore californiano dovrebbe raccogliere i voti di coloro che credono nella legalità, essendo giudice, e nel pluralismo etnico, essendo figlia di un giamaicano e di una indiana, indiana dell’Asia, la madre viene dal subcontinente culla della civiltà mondiale. Insomma la Harris dovrebbe essere colei che rappresenta il pragmatico agire delle istituzioni, l’incarnazione della burocrazia USA che agisce nella realtà e migliora le cose, mentre Biden dovrebbe rappresentare la politica capace di dare risposte alle esigenze della gente, da decenni Biden è rappresentante del popolo, ed è stato vice presidente di Barak Obama, il presidente ancora vivente più amato dal popolo americano. Non è un caso che la moglie di Obama, Michelle, sia stata, è, e sarà una delle più importanti front-woman della campagna elettorale del tiket Biden – Harris. Proprio a dire: dai, questi sono come mio marito. A dire la verità sono molti fra gli elettori democratici che vorrebbero che Michelle Obama, avvocato di fama e di grande competenza oltre che ex first lady, entrasse nello staff presidenziale e potesse così contribuire alla ottima riuscita della presidenza Biden. Michelle nega che ciò avverrà. Preferisce, dice, tenersi fuori dalle logiche di governo. Ma chi lo sa. I giornalisti vedono un futuro di Michelle ancora più importante. Sono molti che dicono che la famiglia Obama avrebbe sicuramente più afflato popolare della famiglia Clinton. Tanti dicono che Bill Clinton non lo vorrebbero come First Gentlemen, ma Obama come marito del presidente andrebbe bene. Chi lo sa? Questa è pura fantapolitica.

 

Intanto i democratici debbono battere Donald Trump, impresa affatto facile visto che l’attuale presidente è estremamente efficace in campagna elettorale. Trump deve spiegare all’elettorato il perché della non adeguata politica di profilassi contro il Corona Virus. Il presidente aveva preso in mano la situazione, al momento dell’iniziale espandersi del morbo negli USA, aveva detto “ci penso io” e ora deve confrontarsi con dati desolanti, che vedono l’America come il luogo in cui ci sono stati più contagi e più morti. Un dato confermato anche se si guardato i dati in maniera proporzionale al numero della popolazione. Trump però ha un grande risultato di politica estera che può vantare. È grazie alla moderazione della sua Casa Bianca che Israele ed Emirati Arabi stanno tessendo una trama diplomatica che potrebbe superare gli attriti che da sempre caratterizzano le due nazioni Medio Orientali. In più bisogna dire che l’economia americana non andava male prima della pandemia, i risultati discreti in pil e rilevanza azionaria dei mercati in questi anni Trump li ha sempre considerati merito suo. Certo la malattia planetaria ha cambiato tutti gli scenari di natura economica, e ha definito in peggio i destini dei paesi, anche quello degli States. Ma la politica isolazionista di Trump ha l’appoggio di una parte significativa dell’elettorato. La guerra finanziaria con la Cina sarà un cavallo di battaglia dell’attuale inquilino della Casa Bianca per rovesciare i pronostici che lo vedono perdente. Cosa succederà? Beh aspettiamo le elezioni. Una cosa è certa, alla fine del secondo mandato di Obama, l’assetto della società americana (plurale e multietnica) faceva pensare a un dominio democratico per alcuni decenni, invece dopo Obama è andato al potere un Repubblicano, per giunta atipico, quale Donald Trump.  Oggi tutti i sondaggi dicono che l’era Trump è finita. Ma sono a dirlo gli stessi sondaggisti che quattro anni fa dicevano che un’era Trump non ci sarebbe mai stata, dando per certo la vittoria di Hillary Clinton. Insomma Trump potrebbe farcela anche questa volta, rovesciando i pronostici. È quello che si augurano i Repubblicani, mentre i Democratici fanno gli scongiuri.

 

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