ARTICOLO 52 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“La difesa della
patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare
è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento
non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né i suoi diritti
politici.
L’ordinamento delle
Forze armate si ispira allo spirito democratico della nostra repubblica”.
L’articolo 52 della Costituzione è dedicato alla difesa
dell’Italia da parte di ogni cittadino. Il dovere più importante e, se
vogliamo, più gravoso da compiere è difendere la patria. La Costituzione lo
definisce come compito sacro. Difendere la patria vuol dire essere disposti
anche a morire per lei. Per questo motivo l’articolo 52 della costituzione usa
un termine che richiama alla sacralità di un gesto che ha profonde motivazioni
morali ed etiche. Un termine che richiama il sacrificio, l’abnegazione, la
consapevolezza di donare la nostra vita per un fine più alto, che travalica la
nostra stessa esistenza. La Patria non è solo una parte di territorio del
pianeta. La patria è una comunità di persone che hanno la stessa storia e gli
stessi valori, difenderli vuol dire sentirsi parte di un percorso storico che
poggia le sue radici millenarie nei gloriose gesta dei nostri avi. La Patria è
il diritto che i nostri padri, i Romani, hanno lasciato in eredità al mondo. La
Patria sono le strade dell’Impero Romano che due millenni fa collegavano tutto
l’orbe conosciuto. La Patria è il Rinascimento, con le sue imponenti opere
architettoniche, con le sue magnifiche sculture, con i suoi splendidi quadri e
con le sue immortali opere letterarie. La Patria è la bellezza del territorio.
La Patria sono tutti quei principi di solidarietà, libertà e uguaglianza che
sono a base del nostro vivere sociale e sono scritti nella nostra Costituzione.
È questo che il cittadino è chiamato a difendere. Queste sono le cose sacre che
uniscono il paese, che fanno l’Italia una nazione indivisibile, come dice
l’articolo 5 della Costituzione. La Patria è un’idea. La patria è cultura. La
Patria è sogno di una civiltà in cui le glorie del passato possano illuminare
la strada del futuro che noi siamo chiamati a percorrere. Questo deve difendere
il cittadino. Questo dobbiamo difendere tutti noi. Chi ha la cittadinanza
italiana ha il dovere morale di difendere il nostro stato. Lo deve fare con le
armi se il nostro suolo è invaso da un
esercito straniero, come fecero i partigiani che si sacrificarono nella guerra
contro l’esercito nazista, o come fecero i milioni di soldati durante la I
guerra mondiale, sul fronte del Piave e del Grappa. Lo deve fare con la forza
delle idee, quando un’ideologia o una filosofia intende scardinare i valori di
solidarietà, uguaglianza e fraternità posti a base del nostro vivere sociale.
Non ci sono solo le pistole per difendere la nazione. Ci sono le idee, le
parole, che ben usate devono farsi latrici di un’idea di stato e di comunanza
fra persone che si fondano sui valori iscritti nella nostra Costituzione.
Ricordiamo con commozione i caduti per la patria in guerra. Ma con altrettanto
coinvolgimento emotivo ricordiamo persone come Aldo Moro, Paolo Borsellino,
Giovanni Falcone e tantissime altre che non sono morte durante un conflitto
bellico, ma sono morte per difendere i valori e i principi di legalità del
nostro stato, colpiti e caduti per mano del vile terrorismo mafioso o
brigatista. Anche quei martiri hanno difeso la patria. Noi siamo chiamati a
difendere la nostra Italia non con atti eroici. Siamo chiamati a promuovere la
sua bellezza, siamo chiamati a cambiare le cose che non vanno, siamo chiamati a
vincere la corruzione e il malcostume che attanagliano le nostre istituzioni
fino a farle morire. Questo dobbiamo fare. Cercare di vincere l’abiezione
attraverso un comportamento moralmente ineccepibile. Noi siamo l’Italia. Noi siamo
la Nazione. Noi dobbiamo difendere quei principi cardine del nostro
ordinamento. Non dimenticando mai che è nostro dovere essere pronti anche a
prendere le armi, se un nemico interno o esterno della nazione volesse
conquistare l’Italia con la forza degli eserciti. Per questo motivo il secondo
comma dell’articolo 52 impone il servizio militare obbligatori. Questo
nell’ottica di un esercito di popolo chiamato a difendere il suolo patrio.
L’Italia chiama i suoi cittadini alle armi quando il pericolo incombe.
L’esercito di popolo, la chiamata alle ermi generali, è stata la caratteristica
degli stati nazione dell’Ottocento e del Novecento. La Patria ha chiamato
all’appello la meglio gioventù e la mandata a morire al fronte. Questo ci
auguriamo che non accada più Ci auguriamo che le guerre non siano più usate
come strumento per risolvere le controversie internazionali, ma che si usino
gli strumenti del dialogo fra stati e la diplomazia, come auspicato
dall’articolo 11 della Costituzione. Alla luce di questo si è pensato di dare
una lettura più ampia del secondo comma dell’articolo 52. Si può servire la
patria adoperandosi nella cooperazione internazionale, scongiurando così le
tensioni latrici di guerra. Si può servire la patria anche attraverso il
servizio civile, cioè l’impegno in gesti solidali verso le persone più
bisognose. Insomma si può essere utili al paese anche senza imbracciare un
arma. Ecco il senso della legge del 8 luglio 1998. Una legge che, a decorrere
dal gennaio del 2005, sostituisce il servizio di leva obbligatorio con un
esercito di soli professionisti, incrementando allo stesso tempo la spinta
dello stato che invita donne e uomini al servizio civile. L’esercito è
diventato di soli professionisti. Al contempo è stata data alle donne la
possibilità di arruolarsi, superando un concetto vetusto che vedeva solo l’uomo
in grado di difendere, armi in pugno, le sorti della nazione. Insomma oggi
abbiamo un vasto settore sociale che si impegna nel volontariato e un esercito
composto da professionisti, da esperti, che ha superato la divisione di genere
e che si avvale del prezioso contributo di valenti donne che affrontano
brillantemente la carriera militare. Noi che siamo cittadini Italiani, siamo
chiamati a difendere la patria con la parola, con l’impegno quotidiano nel
lavoro, con lo studio, con la nostra intelligenza che contribuisce a scoprire
nuove cose e a combattere le ingiustizie e le brutture che ammorbano la nostra
terra. L’ultimo comma dell’articolo 52 dice: L’ordinamento delle Forze armate
si informa allo spirito democratico della Repubblica. L’esercito, la marina,
l’aeronautica e i carabinieri sono istituzioni militari. Sono sottoposti a una
disciplina ferrea. Sono ordinati gerarchicamente, colui che è situato in una
posizione inferire nella scala di comando deve ubbidire al superiore. Questo
principio non è messo in discussione dalla Costituzione. Rimane però un punto
fermo. I militari non vivono fuori dal nostro sistema istituzionale. I valori
fondanti di democrazia libertà e uguaglianza devono entrare nelle caserme. Sono
i militari, anzi, che devono difendere con le armi questi principi. Ecco perché
questi valori devono essere fatti propri anche nell’interno delle caserme. Si
deve avere il coraggio di denunciare il superiore che non fa della Costituzione,
della democrazia, il senso ultimo del proprio lavoro. Ci sono stati tanti
militari, in molte parti del mondo, che hanno tradito la democrazia, che hanno
tradito il proprio popolo, che hanno tradito le leggi del proprio stato
compiendo golpe, colpi di stato, che hanno rovesciato l’ordinamento
democratico. Ogni militare, dal più piccolo in grado al più alto, è chiamato a
vegliare affinché in Italia questo non avvenga. È chiamato a inculcare anche
all’interno delle caserme i valori di pluralismo di libertà di pensiero e di
parola che la costituzione proclama valevoli per tutti i cittadini, militari
compresi. Difendere la patria è un dovere, un dovere che i nostri militi fanno
ogni giorno con abnegazione, di questo ne siamo profondamente grati. Difendere
la patria vuol dire difendere i cittadini. Rimaniamo sbigottiti ripensando ai
terribili gesti di alcuni militari compiuti nel 2001 a Genova, in occasione del
G8. Questi hanno picchiato inermi cittadini, li hanno condotti in caserma e
picchiati. Questo non è l’esercito italiano, non è la vera Italia. Sia chiaro
la ricostruzione storica degli eventi ha chiarito che le vere colpe non furono
dei militari, ma del governo allora guidato da Silvio Berlusconi che non è
stato in grado di gestire l’ordine pubblico. La colpa è anche dei partecipanti
alle manifestazioni che non si sono comportati con ordine decoro e disciplina.
Rimane comunque che alcuni nostri militari hanno usato la violenza e ciò non è
giusto .Il nostro esercito deve essere democratico, cioè stare vicino al popolo
non picchiarlo e fargli violenza, questo è il senso dell’ultimo comma
dell’articolo 52.
Nessun commento:
Posta un commento