UNA MATTINA D’AGOSTO ALLA STAZIONE
Sono passati quaranta anni. È una mattina di esodo quella
del 2 agosto 1980. Alla stazione di Bologna ci sono migliaia di persone. Gente
che torna a casa dopo un anno di lavoro da emigrante. Persone che vanno in
vacanza, magari in mete esotiche o in grandi capitali del Nord Europa. Insomma
persone comuni che scommettono nel mese estivo per antonomasia quale mezzo per
trovare o ritrovare relax, affetto e serenità. Un’Italia allo stesso tempo
diversissima e molto simile a quella di oggi. Non c’erano gli smartfone, ma si
cercava la cabina telefonica per chiamare la moglie, l’amate o l’amica di
sempre. Non c’erano gli emoticon, ma la gente si esprimeva il suoi sentimenti con
adesivi e pupazetti . Insomma era l’Italia, per me che scrivo, dei nostri genitori,
per altri, molto fortunati li invidio per la gioventù, dei loro nonni o magari
per altri ancora l’Italia che hanno conosciuto in gioventù. Tutto procede al
meglio. Con qualche sbadiglio, con qualche brontolio, si attende un treno, si
va al bar a fare colazione. Insomma si aspetta l’agognato treno che porterà al
mare o in montagna. Ma alle 10/30 i destini di tutti i presenti cambiano e con
essi cambiano l’esorti dell’intera nazione. A Bologna succede ciò che non è
concepibile, succede ciò che non dovrebbe succedere, il lutto segna
drammaticamente i destini del paese. “BOOM”. Ottantacinque persone perdono la
vita. Per ottantacinque famiglie c’è un lutto che segnerà per sempre la loro
esistenza. “BOOM”. Duecento persone rimangono ferite, magari piangono di dolore
per lo squarcio che ha subito il loro corpo, ma soffrono ancor di più nel
vedere accanto a loro persone stese a terra che non si rialzeranno mai più. “BOOM”.
L’Italia trema. “BOOM”. Lo stato è ferito a morte, la democrazia è messa in
discussione da una macchinazione omicida organizzata e progettata da
sconosciuti. “BOOM”. Tutti gli Italiani tremano di fronte a un futuro che
sembra essere di sangue. “BOOM”. Perde la vita Flavia Casadei, che era partita
da Rimini e si trovava alla stazione di Bologna per prendere la “coincidenza”
per Brescia. “BOOM”. Muore Angelo Priore che da Messina andava in vacanza verso
il Nord Italia. “BOOM”. Ed è finita la vita di persone comuni, persone come
noi, che si trovavano in quel luogo per un accidente del destino, o magari solo
perché la bigliettaia della stazione ferroviaria da cui erano partiti gli aveva
dette: “cambiare” a Bologna è conveniente, vi fa risparmiare tempo. E quel
cambio di treni, quel voler passare da un “rapido” a un “locale”, o viceversa,
invece ha riempito una tomba, ha fatto sorgere una lapide. “BOOM”. Ma sia
chiaro quel che è successo a una stazione italiana quaranta anni fa non è una
fatalità. È un brutale omicidio, è una strage. Delle persone, degli uomini dabbene,
degli “uomini d’onore” (come apostrofava Antonio Bruto, che uccideva Cesare) hanno voluto,
hanno organizzato ed eseguito quel vile attentato. Dopo quaranta anni, con
fatica e con lo sforzo di giudici indomiti, quelle persone hanno un nome e un
cognome. Chi volle la strage fu Licio Gelli, Umberto D’Amato e Mario Tedeschi.
Un banchieri e uomini di stato, uomini d’onore, appartenenti al servizio
secreto italiano e magari amiconi di altri “Uomini d’onore”, i mafiosi. Gli
esecutori della strage sono altri uomini d’onore, i membri dei NAR (Nuclei
Armati Rivoluzionari) che volevano vendicare i “martiri” (le virgolette me le
dovete concedere) della Repubblica Sociale Italiana, condannati e, nei casi più
gravi, anche giustiziati dalla giustizia democratica del dopoguerra. Fra i
giudici della Repubblica che condannarono i fascisti ed il fascismo c’era anche
quel Oscar Luigi Scalfaro, che divenuto Presidente della Repubblica fu sempre
odiato dai leader anche della destra istituzionale e dal popolo, come viene
chiamato dai politici di centro destra il loro elettorato. Ricordiamo le
polemiche accese da Silvio Berlusconi nei confronti di Scalafaro, negli anni
della sua presidenza. E il rifiuto di Matteo Salvini di volerlo salutare il 29
gennaio 2012 il giorno del suo funerale. Ma nell’Ottanta l’Italia è diversa.
Nessuno ha mai pensato di contestare allora il partigiano Sandro Pertini, che
da Presidente della Repubblica, corre a Bologna per piangere, insieme alla
popolazione, i morti. Nessuno si sarebbe mai sognato di individuare nelle
istituzioni repubblicane e nella costituzione il nemico. Era chiaro fin da
allora che c’erano organi dello stato complici delle stragi, ma era anche certo
che erano composti da persone corrotte e infingarde da sconfiggere e mettere in
galera. L’Italia si trova unita di fronte al dolore. Il nemico era il fascismo,
il terrore, la violenza. La democrazia, la libertà un bene da preservare anche,
se necessario, sacrificando la propria vita. Come avevano fatto e faranno
poliziotti, magistrati, giornalisti e tanti altri che svolgevano le più
disparate attività, ma accomunati da un profondo senso civico. La Strage di
Bologna è solo uno dei tanti episodi tragici del nostro paese. Purtroppo in
Italia ci sono stati tanti, troppi, lutti. “BOOM”. Qualcuno vuole mettere “ordine”
nella Penisola. Che vuol dire soltanto che tenta di fare un golpe uccidendo
persone innocenti. Allora è tempo di ricordare. È tempo di tenere a mente che
un certo tipo di “ordine” porta solo dolore e morte. Quaranta anni sono
passati. Ma il ricordo della strage di Bologna deve rimanere vivido, affinché
mai più il nostro paese debba “BOOM” vivere quel lutto tremendo. Ai parenti
delle vittime, a coloro che rimasero feriti il nostro abbraccio. Loro sono l’Italia.
Il paese che è colpito, ma che si rialza.
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