sabato 1 agosto 2020

VIVA LA DIFFERENZA



GENERE

In ogni vocabolario della lingua italiana ogni nome viene catalogato, anche, in base al genere: maschile o femminile. Ma al di là delle forme di catalogazione il termine “genere” ha un significato ben più profondo se utilizzato per distinguere l’universo femminile da quello maschile all’interno della specie umana. È un dato acquisito da sempre che l’essere uomo o donna determina la vita e l’esistenza di ognuno di noi. Non è solamente per motivi sessuali o culturali. Non è solo perché la natura o il divino ci ha donato organi di riproduzione diversi e, diciamo così, perfettamente intersecabili nell’atto sessuale che siamo “donna” o “uomo”. Il genere è anche una condizione non solo psicologica, ma anche inerente alla ontologia di ognuno di noi. Ogni persona “è” anche perché è donna o uomo. Questi concetti, me ne rendo conto, non sono unanimemente condivisi. Ci sono molti che considerano una pluralità di generi. Si considera il genere profondamente legato e interconnesso alle preferenze sessuali. Di conseguenza si considera una persona di genere differente un uomo che ama un altro uomo, rispetto a un uomo che ama una donna. Io francamente non ho gli strumenti scientifici e, soprattutto, filosofici e psicologi per avvalorare o confutare questa o quella ipotesi. Quello che proverei a dire è che bisogna provare a considerare l’elemento sessuale, certo, una componente del genere, ma non l’elemento più rilevante. Insomma non basta amare un uomo per identificarsi come genere femminile, e così via. L’appartenenza a un genere è un aspetto a tutto tondo dell’esistenza umana. È un modo, uno strumento, per vivere i rapporti interpersonali. È un modo per vivere il proprio essere genitore. È un modo per approcciarsi agli altri e sentire il bisogno di affetto. È anche un modo per affrontare i problemi. Davanti a una stessa questione un uomo e una donna spesso trovano risposte assolutamente differenti. Certo ciò è dovuto alla formazione culturale, allo spirito etico di ciascun individuo che si acquista non certo con il genere ma con un processo lento di apprendimento, con la cultura. Ma anche l’essere donna o uomo, obbiettivamente, offre la possibilità di avere visioni diverse di stesse situazioni. Faccio un esempio che è pericoloso. Oggi noi abbiamo un presidente della Corte Costituzionale che è donna. La Professoressa Marta Catabia è una stimatissima docente universitaria. I suoi lavori di Diritto Costituzionale sono un punto di riferimento per la dottrina e per la giurisprudenza. Le sue competenze di uomo (donna) di legge sono indiscutibili. Rimane il fatto che la sua vita di donna, madre e compagna ha marcato profondamente il suo essere professore stimato. Le sue analisi giuridiche non possono prescindere del proprio essere. Ovviamente ciò vale per lei come per tutti gli esseri umani. Ecco partendo da questa esemplificazione provo a spiegare cosa sia per me il genere. è un’aspetto connaturato ed essenziale alla vita di ognuno. Ogni cammino di vita è legato a ciò che siamo. Nessuno potrebbe fare delle scelte prescindendo dal proprio essere e l’essenza di ognuno non può essere aliena al proprio genere. Non si è se stessi senza la coscienza di essere donna e di essere uomo. Non si è un professionista o un lavoratore senza portare dentro alla propria esperienza lavorativa l’aspetto fondamentale dell’essere uomo o donna. Non si può pensare a sé in quanto essere asessuato, non a caso si pensa alla asessualità quando si pensa alla metafisica, a tutto ciò che non ha corpo. Possono essere asessuati, e fra l’altro non è un dibattito assodato, gli angeli, ma non possono esserlo gli esseri umani. Ma come abbiamo detto l’essere donna o uomo non è solo legato all’atto riproduttivo. È un aspetto che riguarda a tutto tondo la vita e l’essenza di ognuno di noi. Ecco perché cercare con tutti i mezzi di creare le premesse perché il genere femminile sia chiamato a svolgere le funzioni istituzionali di più alto livello è un bene per tutta la società. Perché portare a il modo di pensare della donna nelle massime assise vuol dire aprile quelle istituzioni alle visioni legate alla maternità, cioè il prendersi cura ed accudire. Insomma una donna potrebbe pensare al collettivo, al bene comune, non come un concetto astratto, come fanno gli uomini, ma un concreto riunirsi in comunità di singole persone. Un cambio culturale che potrebbe rivoluzionare il tempo e la storia. Ecco perché l’uguaglianza non è negare la diversità di genere, ma di rendere ogni singolo uomo e donna capace di compartecipare alla vita collettiva e pubblica sentendo che è l’altro il fine del proprio angere e non un mezzo. Esattamente come fa la mamma quando si prende cura della propria bimba o bimbo. Insomma la compartecipazione di ambedue i generi è strumento per cambiare in meglio la visione della cosa pubblica, dello stato.

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