giovedì 6 agosto 2020

SI E' SPENTO SERGIO ZAVOLI, TESTIMONE DEL TEMPO



COME DIOGENE, MA CRISTIANO

L’altro ieri, 04/08/2020, si è spento il giornalista televisivo e saggista Sergio Zavoli. Era nato a Ravenna il 21 settembre 1923. Si era formato culturalmente nei gruppi universitari fascisti, ma ben presto entrò in rotta con la cultura del regime, infatti fu chiuso dal governo il giornale a cui collaborava “Testa di Ponte”. Dopo la guerra divenne giornalista professionista. Fu fra i pionieri del sistema radio televisivo di Stato Italiano. Fu giornalista della radio RAI, fin dai primi vagiti della Repubblica Italiana. Si distinse subito per la sua capacità di profonda analisi. Fu da sempre un “giornalista d’inchiesta”. Memorabile il suo “Clausura”, in cui nel 1957 raccontava al mondo la vita delle suore del convento delle Carmelitane Scalze. Fu un’opera con innovazioni tecniche profonde. Il fatto che le suore non volessero e potessero conferire con alcun uomo o donna fuori dal loro conclave, costrinse Zavoli a proporle di operare loro stesse riprese e registrazioni, compiendo per la prima volta in Italia un servizio quasi completamente “autoprodotto” da coloro che dovevano essere descritte e raccontate. Ne viene fuori un lavoro unico. Una impresa giornalistica che diede senza ombra di dubbio un contributo fondamentale al dibattito su quella che doveva essere la “nuova chiesa”, quella che si doveva mostrare nel “Concilio vaticano Secondo”. È bene dirlo subito, ed è questo il senso del titolo che abbiamo dato a questo piccolo testo, Zavoli era profondamente cristiano. La sua ricerca era indefessa certamente, come quella del filosofo greco Diogene. Zavoli cercava l’animo umano nei meandri della cronaca. Ma a differenza del filosofo greco cercava l’essere umano non con la sola lucerna della ragione, ma anche con quella, luminosa, della fede. Con questa sua religiosità svolgeva ogni giorno il suo lavoro di raccontatore di vita. Sapeva indagare nei meandri oscuri dell’essere umano, indimenticabile è il suo lavoro sia televisivo che letterario, ha fatto una trasmissione in TV e scritto un libro, sulla “Notte della Repubblica”. Nel 1990 ha saputo raccontare con mirabile senso della misura gli anni di piombo, quel decennio iniziato nel 1969, con la bomba in piazza Fontana e conclusasi ben dopo il 1980, in cui terroristi rossi e neri portavano terrore nel nostro paese. Ha saputo indagare quegli accadimenti, ha saputo scrutare gli animi di coloro che sono stati artefici di morte, memorabili le sue interviste ai terroristi che facevano parte dei vari gruppi armati dell’epoca. Ha saputo raccontare, attraverso le tragiche testimonianza di criminali, ad esempio di Mario Moretti leader storico  delle BR, le paure, i timori, la violenza e la radicalità ideologica di quei tempi tragici. Zavoli è stato anche brillante giornalista sportivo.

Indimenticabili le sue cronache al Giro d’Italia, in cui raccontava l’animo, e non solo la possanza atletica, dei ciclisti. La sua capacità di indagare l’umano viene esplicitata attraverso la sua trasmissione “Viaggio intorno all’uomo” che va in onda su Rai Uno fra la fine dell’Ottanta e l’inizio del Novanta del secolo scorso. Riesce a raccontare la società italiana e mondiale attraverso il commento di un film di successo. Parla di ADS, ai tempi morbo quasi sconosciuto, grazie a un film estremamente popolare allora. Introduce il tema scottante della diffusione della droga nella società, mandando in onda “Noi ragazzi dello zoo di Berlino” e “Mary, non deve morire”, quest’ultimo film è di Risi. Sono i dibattiti, le interviste, le testimonianze che succedono alla trasmissione del film che rendono la trasmissione unica. Raccontano di un’Italia tragica, dispersa, ma comunque con la voglia indefessa di riscattarsi dallo stato di sofferenza e ignominia.

Zavoli all’inizio del XXI secolo quasi sparisce dalla scena televisiva, ma il suo afflato intellettuale rimane imperituro nella società italiana. Scuote le coscienze scrivendo libri estremamente importanti come “L’urlo delle Cose” e “Eclissi di Dio o della Storia?” nel primo decennio del 2000. Sono testi fondamentali che si pongono le questioni del dolore e della esistenza del divino. Perché, se Dio esiste, dobbiamo vedere la violenza nel nostro pianeta? Le risposte che Zavoli si dà, coadiuvato da filosofi, teologi e storici, non sono affatto scontate. Anzi possiamo dire che non sono risposte, sono domande che si affastellano ad altre domande. Per Zavoli Dio esiste, era credente e cattolico l’abbiamo detto, ma la sua fede non lo faceva indietreggiare davanti al mistero della sofferenza. Come facevano alcuni intellettuali e rabbini medioevali, metteva sotto processo anche la divinità. Poneva a Lui e a noi tutti la questione del male e del dolore. Perché guerre? Perché i bambini muoiono di fame e subiscono violenza? Perché? Questo ci mancherà di Zavoli, la capacità di alimentare lo spirito critico di coloro che seguivano i suoi lavori e le sue elaborazioni filosofiche. Da buon giornalista non dava mai risposte, ma proponeva domande. Anche la sua breve vita di politico, è stato deputato fra il 2001 e 2010 è stata una continua interrogazione sul perché avvengono le cose. È stato anche presidente della Commissione di Vigilanza Rai, chi meglio di lui, uomo dell’informazione pubblica per tutta la vita, poteva vigilare sul bene più prezioso in una Repubblica Democratica: l’informazione.

 Si è spento a Roma. Anche se vegliardo, la sua mancanza sarà sentita. Mancheranno i suoi scritti, i suoi commenti, le sue elaborazioni intellettuali a una società stanca e priva di quei sentimenti di solidarietà e di fraternità che invece sono stati faro nella vita di Sergio Zavoli. Addio cronista degli umili e dei deboli, rimarrà per sempre il ricordo del tuo servizio nel 1968 sul terremoto del Belice, in cui hai saputo raccontare la tragedia di quelle terre di Sicilia, il lutto per i tanti morti, attraverso gli occhi di un giovane carabiniere che ha raccontato il il senso della perdita (di vite umane e di cultura antichissima) incipiente alle tue telecamere e attraverso le tue domande che sapevano esprimere compartecipazione, non solo quella tua ma anche quella di tutto il popolo italiano.


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