venerdì 7 agosto 2020

COSA SUCCEDE IN LIBANO?

 

SGUARDO D’ASSIEME

La società libanese è una società complessa. Si regge da decenni sulla difficile e spesso tragica convivenza fra la componente della popolazione di religione cristiana e quella di fede islamica. Tali stato di fatto ha creato precari equilibri, fino al punto da provocare una guerra civile durata per quasi un decennio a cavallo degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. L’esplosione di un magazzino avvenuta il 4/08/2020 in cui era stipato un pericolosissimo composto chimico capace di distruggere un intero quartiero è, purtroppo, solo uno dei tanti eventi tragici che hanno segnato la storia del paese mediorientale. Ricordiamo come è finita la guerra civile. Ciò avvenne solo grazie all’intervanto congiunto di diverse forze militari di stati esteri, coadiuvati dalle Nazioni Unite. Ricordo che anche la repubblica Italiana mando un valoroso contingente di Bersaglieri, allora salutati con orgoglio dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. A distanza di quasi tre decenni le tensioni etniche e sociali si stanno riaccendendo. Paradossalmente il compromesso politico fra i leader cattolici e mussulmani che hanno dato vita ai governi di Beirut del dopo-guerra civile, sono diventati troppo distanti da una società civile da sempre laica e aperta al dialogo. Il popolo, parola troppo utilizzata e quindi logora, ma in questo caso capace di raccontare un sentimento collettivo, sta chiedendo con forza che la classe dirigente attuale lascia il passo a una nuova leva che sia maggiormente in sintonia con i sentimenti veri della società locale. Una classe dirigente laica, che possa andare oltre ai rigidi schemi di spartizione, che hanno perfino creato uno stato di corruzione diffusa che è, ha detta anche di illustri economisti, una delle cause principali della crisi economica che attanaglia il paese. Allora appare ben spiegabile come un fatto, pur gravissimo, ma accidentale quale l’esplosione di una santabarbara, abbia provocato una reazione popolare contro il governo di quella nazione. I Libanesi, come già facevano prima, a seguito della deflagrazione sono scesi in piazza per chiedere un forte cambiamento nelle alte sfere dell’esecutivo. Chiedono, l’abbiamo detto, un governo laico, che vada al di là degli steccati culturali e religiosi, che sappia, soprattutto, affrontare con efficacia la gravissima crisi finanziaria che ha creato in Libano disoccupazione e povertà. Allora è necessario uno sguardo d’assieme. Capire che il tragico episodio al porto di qualche giorno fa è parte di un delicatissimo processo che può avere risultati diametralmente opposti, tragici o felici. Comunque la rinascita libanese, purtroppo, non sembra alle porte. Il paese dei cedri, albero simbolo del luogo, ha un disperato bisogno di rinascere, ma non sembra riuscirci. Bisogna avere una senso di vicinanza con i libanesi, da sempre una delle società più europee del Medio Oriente, da sempre non solo pronta a recepire il vento della cultura mondiale, ma a farne parte, contribuendo con musica, arte, cinema e letteratura a far crescere la conoscenza dell’intera umanità. Allora essere vicini al Libano, vuol dire costruire un mondo migliore e di pace. Allora viva i libanesi, viva l’intera umanità.

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