ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Ogni membro del
Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato”
Ogni Parlamentare rappresenta la Nazione. Stabilisce con fermezza l’articolo 67 della Costituzione Italiana. Chi viene eletto a Senatore o Deputato non rappresenta solo gli elettori che materialmente lo hanno portato in Parlamento con i loro voti o la formazione politica di cui fa parte. Non vi è mandato imperativo. Chi è eletto non deve, e aggiungiamo non può, fare gli interessi solo della parte del corpo elettorale che lo ha votato, deve pensare al bene comune dell’intera comunità nazionale. In virtù di questo principio l’eletto non può ricevere dal partito di cui fa parte o dagli elettori disposizioni vincolanti circa il modo in cui svolgere il suo mandato parlamentare. Il partito che lo ha eletto, lo può espellere dalla propria formazione politica, se non si adegua ai dettami indicati dalla dirigenza del gruppo, ma non può intaccare le sue prerogative parlamentari. Insomma il parlamentare è lasciato solo con la sua coscienza a decidere cosa sia il bene per l’intera collettività. È una conquista fondamentale. La politica diviene l’esplicitazione della personalità di ogni singolo uomo o donna che si confronta con le scelte difficili che determineranno i destini dell’intera nazione. Chi siede sugli scranni del parlamento ha un onere gravosissimo, deve agire secondo coscienza non facendosi influenzare dai giochi di potere e dagli interessi personali. L’Italia è il paese del “trasformismo”. Fin dall’Ottocento i parlamentari hanno cambiato “casacca” a seconda delle convenienze. I Governi Giolitti e Crispi hanno visto il formarsi di maggioranze parlamentari a loro vicine grazie a “trattative” in parlamento poco trasparenti. Nel primo decennio del XXI secolo la colazione composta da Forza Italia e Lega ha utilizzato la persuasione per far cadere il secondo governo Prodi. Valter Lavitola, ex direttore del giornale l’Avanti, è stato l’assoluto dominus dell’attività parlamentare della destra, è riuscito a convincere diversi deputati e senatori che sedevano sui banchi della sinistra a cambiare casacca, promettendo loro compensi di natura economica. È stato un portento. Solo i magistrati, da sempre nemici giurati di lega e Forza Italia, l’hanno fermato costringendolo prima alla latitanza e poi all’arresto. Certo che lo spirito dell’articolo 67 non ci pare voglia autorizzare alla compravendita di deputati e senatori. Non ci pare che sia un articolo che giustifichi la politica di Lega e Forza Italia. L’articolo 67 non è nato per giustificare il mercimonio dei voti. Anche se così dicendo sappiamo che ci scontriamo con i milioni di cittadini che votano destra, siamo dell’idea che la libertà di coscienza non si deve comprare staccando un assegno. Una cosa è cambiare idea a causa delle mutate circostanze politiche nazionali, si può cambiare gruppo parlamentare e partito in virtù di un sofferto conflitto interiore. Altro conto è convincere i senatori e deputati ad assicurare il voto a Lega e Forza Italia promettendo elargizioni economiche come faceva Lavitola per conto di Silvio Berlusconi. Insomma essere senza vincolo di mandato, essere libero di scegliere la politica che si vuol percorrere, è solo apparentemente un diritto, in realtà è un dovere. Il dovere del parlamentare di agire secondo coscienza. Il dovere di essere libero di dichiarare che un atto politico, una scelta, una posizione ideologica è sbagliata e va combattuta. Essere liberi di criticare anche la propria parte, il proprio partito, è un onere gravoso se lo si fa con onestà, non solo intellettuale, e con senso di servizio per lo Stato e i Cittadini. Il Movimento Cinque Stelle, la formazione politica che ha vinto le elezioni nel marzo 2018, pochi giorni fa, vorrebbe introdurre il vincolo di mandati. Secondo il M5S l’unica via per eliminare la corruzione dilagante è imporre a senatori e deputati il dover rendere conto ai propri elettori quotidianamente del loro operato. Per il M5S i parlamentari sono semplicemente dei portavoce della comunità. Le loro azioni all’interno delle istituzioni devono essere frutto di scelte collettive compiute dall’intera comunità italiana, o almeno dalla parte più consapevole e politicamente attiva, attraverso la democrazia della rete. Internet deve divenire, almeno secondo le idee del partito fondato da Beppe Grillo, lo strumento per poter far decidere tutti i cittadini italiani delle sorti dello stato. È la volontà di istaurare una forma di democrazia diretta. I cittadini, attraverso la rete, propongono e votano proposte di legge le quali dovrebbero essere portate e presentate in parlamento dai politici così come sono. Evidenti sono i rischi di manipolazione. Chi gestisce la rete? Chi controlla la regolarità del voto “online”? Chi decide il modo in cui vanno presentate le proposte popolari di legge all’intero corpo di “internetnauti”? Sono domande che già si poneva il giurista Stefano Rodotà, ancor prima che nascesse il cosiddetto grillismo. La democrazia diretta, quella che supera i criteri di rappresentanza, se mal gestita, potrebbe essere l’anticamera di dittature. Questo non vuol dire screditare il Movimento Cinque Stelle. Va dato un plauso ai milioni di cittadini italiani che cercano attivamente di migliorare il paese dando il loro voto e il loro contributo di idee e di lavoro al m5s, plauso che va tributato, ovviamente, anche agli attivisti degli altri partiti, di destra o di sinistra, che si adoperano per il bene comune. Ce ne sono tanti e in tutti gli schieramenti. Rimane il fatto che la democrazia parlamentare si fonda sul principio di rappresentanza. Appare impossibile pensare a un deputato un senatore o a chiunque altro svolga un’attività istituzionale come mero portavoce, megafono, di un corpo collettivo. Chi siede a palazzo Madama o a Montecitorio alla fine deve essere chiamato a scegliere secondo coscienza, a prendere delle decisioni che trascendono la volontà popolare, è nelle cose della storia. L’unico vero atto censorio che noi cittadini possiamo compiere è non votare più quelle persone che, a nostro giudizio, hanno compiuto scelte sbagliate. A questo punto vorrei fare un’osservazione. Affinché una democrazia parlamentare funzioni deve esserci una valida legge elettorale. Io cittadino devo sapere che il mio voto produce l’elezione di un certo candidato. Non ci devono essere discrepanze fra il voto popolare e la formazione dell’emiciclo parlamentare. Questo è per garantire al contempo l’assenza di vincolo di mandato del parlamentare e la possibilità di punirlo, non rieleggendolo, se l’elettorato ha giudicato il suo comportamento nella legislatura precedente disdicevole. Alla luce di questo sarebbe bene evitare liste bloccate, evitare che siano i partiti e non gli elettori a scegliere chi occuperà il parlamento. Sono anni che autorevoli costituzionalisti e giuristi, confortati anche dal buonsenso popolare, lo vanno predicando, rimanendo inascoltati da una classe politica che preferisce tutelare gli interessi delle segreterie di partito, che vorrebbero parlamentari da loro nominati, agli interessi della nazione.
Scritto da Gianfranco Pellecchia
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