NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO 60 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra”
La durata temporale degli organi di rappresentativi dello Stato è un elemento fondamentale per ogni ordinamento democratico. Ogni persona chiamata a compiere un alto compito di servizio nei confronti della Repubblica deve sapere che la sua carica è caduca, e al momento della conclusione del suo mandato è chiamato a rispondere del proprio operato di fronte all’elettorato, che potrà censurarlo negandogli la rielezione. Insomma uno stato Repubblicano si differenzia da una monarchia anche perché ogni sua carica ha una durata temporale ben definita. Il nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad esempio, ha un mandato di sette anni, mentre la regina d’Inghilterra, Elisabetta II, è capo della sua nazione a vita. Insomma la caducità dei titoli e delle funzioni pubbliche è la caratteristica fondamentale di ogni governo repubblicano. Infatti sono pochissime le cariche “a vita” e, fra l’altro, non hanno un ruolo di concreta gestione del potere esecutivo o legislativo. L’esempio sono i senatori a vita, nominati dal Presidente della Repubblica perché si sono distinti per la loro opera e ingegno, penso a Renzo Piano senatore a vita che è stato ed è l’architetto italiano più importante della contemporaneità, a lui si deve, faccio solo un esempio, la progettazione del nuovo ponte di Genova, quello che dovrà sostituire il ponte Morandi. Senatori a vita sono anche di diritto, senza alcuna nomina o designazione, gli ex presidenti della Repubblica. Ma ribadiamo i nominati a cariche apicali dello stato devono essere una netta minoranza, rispetto agli aletti. La Repubblica si fonda sul principio di rappresentatività e di responsabilità dell’eletto nei confronti, non tanto e non solo dell’elettore, cioè di colui che materialmente l’ha votato, ma dell’intera cittadinanza italiana. In alcuni stati è previsto addirittura il cosiddetto “re-call”, cioè il richiamo o meglio la richiamata. Cioè l’eletto può essere chiamato ad esaurire il suo mandato, prima del termine naturale, se una parte di elettori, attraverso una petizione popolare, chiede una consultazione popolare per censurare il suo operato, e la maggioranza degli elettori, solitamente coloro che fanno parte del collegio elettorale in cui è stato eletto, censurano vibratamente il suo operato, chiedendo con un “si” la sua espulsione dall’assemblea dei rappresentanti del popolo. Nella nostra costituzione ciò non è previsto. Dal punto di vista formale e, si spera, anche sostanziale ogni deputato o senatore è rappresentante della nazione, non di coloro che materialmente l’hanno votato, in forza dell’articolo 67 della Costituzione Italiana. Questo non vuol dire che non debbano rispondere del loro operato. Ma di fronte a chi? Apparentemente la risposta dovrebbe essere facile: davanti alla magistratura. Ma non è così facile la soluzione. Abbiamo l’esempio del Senatore Matteo Salvini, indagato, che ha rifiutato il giudizio della magistratura, rivendicando il diritto ad essere giudicato solo dagli elettori. Oppure l’esempio di Attilio Fontana, anch’esso indagato dai magistrati milanesi, che rivendi il suo ruolo di Presidente della regione Lombardia oltraggiato dall’invadenza dei giudici. Ma sono molti i politici che hanno la solidarietà dell’elettorato e, di contro, sono indagati dalla magistratura, penso alle sorti del manager del Pio Albergo Trivulzio indagato per i morti all’interno di quella struttura a causa del Coronavirus e abbracciato idealmente da tutti gli elettori di destra. Allora diventa complesso fare un quadro generale su cosa debba essere la responsabilità dei deputati e dei senatori. C’è una responsabilità penale, c’è una responsabilità politica c’è una responsabilità istituzionale. Sono tre livelli di giudizio sull’operato del singolo che quasi sempre non collimano. Allora cosa vuol dire senza vincolo di mandato? Una sostanziale immunità giuridica? Una libertà di agire senza censura? Difficile trovare una risposta! Difficile capire ciò che è bene e ciò che è male per una comunità. Sarebbe bene che i deputati e senatori siano sempre in ascolto delle esigenze e delle richieste del popolo. Sarebbe giusto un legame profondo fra la classe dirigente e quella diretta del paese. Un punto di incontro “fra loro” (quelli che comandano” e “noi” (quelli comandati). Ma troppo spesso questo terreno comune di dialogo avviene il “territori” friabili, mi spiego : su argomenti e questioni in cui prevale il qualunquismo, la demagogia, l’utilizzo di slogan retorici e fini a se stessi. Non avviene mai sulla base di un effettivo bisogno di costruire un disegno politico plurale e benefico per tutti. Oggi ci troviamo di fronte all’emergenza “Corona Virus”. Questo stato di fatto ha indotto a rinviare le elezioni, non delle alte camere di rappresentanza dello stato, ma delle regioni e dei comuni, istituzioni non meno importanti, vitali e necessarie per la vita pubblica. Non una guerra, ma una pandemia, ha condotto a decidere il procrastinare delle elezioni. A mio modesto parere è un bene che il confronto elettorale sia stato ritardato, è bene che la tutela della salute individuale e collettiva abbia ritardato un pur importantissimo confronto elettorale. La democrazia non è stata abolita, ma ha esplicitato la sua forza, facendo sentire che perfino un atto importante come una elezione, anche se rimandato, non rompe i fondamentali principi di libertà che sono a fondamento del nostro stato. Allora è compito di ognuno di noi essere cittadini attivi. Partecipare al confronto dialettico pubblico, non avendo paura dei nostri limiti intellettuali (chi vi parla, lo cogliete da ciò che scrive, è piccolo di comprendonio, ignorante e con limiti mentali ben al di sotto della media eppure non rinuncia a partecipare a dire) è un diritto e un dovere di tutti. Bisogna aver coscienza delle difficoltà, bisogna essere consapevoli delle molte possibilità e speranze, e tradurle in una visione comune di comunità. È questa la sfida. Davanti ai bene comune ogni ostacolo si relativizza. Allora impariamo ad usare la Costituzione come stella polare per guidarci in ogni momento della nostra vita soprattutto pubblica, ma anche privata. Ricomprendere il valore della rappresentanza, come strumento di governo comune è un modo per guardare con fiducia al domani.
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