RIDURRE PARLAMENTARI
Il referendum del 20 e 21 settembre di questo anno è importantissimo. Se vincerà il “si” diventerà legge dello stato la proposta di legge di revisione costituzionale approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati l’Otto Ottobre 2020. Si perché una legge costituzionale ha un processo di formazione radicalmente diverso e più lungo rispetto a un’altra norma di approvazione parlamentare. Prima di tutto ha bisogno di due letture per ogni aula, a differenza delle normali leggi che ne abbisognano solo di una. Poi se non è approvata in seconda lettura in entrambe le sedi parlamentari a maggioranza di due terzi, ma a maggioranza assoluta dei componenti, può essere sottoposta a referendum confermativo se ne fanno richiesta un quinto dei membri di una delle camere, cinquecentomila elettori e cinque regioni. Tutto ciò in forza dell’articolo 138 della nostra carta costituzionale. Ora siamo nella fattispecie in oggetto per quanto riguarda la legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari. Il ricorso alla consultazione popolare, in questo frangente, è stata richiesta da settantuno senatori appartenenti a quasi tutti gli schieramenti politici. Essendo la legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, e non con il quorum più alto dei due terzi dei parlamentari, la Corte Costituzionale, organo giurisdizionale chiamato a decidere sulla materia, ha dato il via alle procedure volte allo svolgersi del referendum.
Bisogna dire che quasi tutti i partiti sono per la riduzione dei parlamentari. Ma ci sono alcune voci dissenzienti che si stanno alzando. Oggi, 20/08/2020, il direttore di Repubblica, un quotidiano italiano da sempre considerato vicino alle idee di sinistra, Maurizio Molinari, ha illustrato i rischi di una riduzione dei parlamentari per gli equilibri istituzionali. Dall’altro fronte ci sono i molti che sono certi che una rilevante riduzione dei deputati e senatori non solo porti un effettivo e rilevante risparmio per le finanze pubbliche, ma aiuti concretamente a rendere più snella la macchina legislativa dello stato. Meno persone che discutono in parlamento, più celerità nell’iter di approvazione. Il problema sono le Commissioni, i luoghi ove si discutono preliminarmente le proposte di legge, poi votate in parlamento. Queste assemblee di pochi deputati e senatori hanno in realtà un ruolo fondamentale. Il motivo è facilmente sottolineabile. Le Commissioni hanno il compito di preparare le proposte di legge che saranno approvate dalle assemblee parlamentari. In più, bisogna dirlo, la Costituzione prevede che alcune norme possano essere approvate direttamente nelle commissioni, senza passare al voto in aula, oppure ci può essere il cosiddetto “sistema di approvazione di legge misto”, cioè la commissione vota i singoli articoli, mentre la camera approva l’intera norma. Alla luce di questo appare evidente che ogni singola commissione debba essere composta da componenti che rappresentino adeguatamente l’intero arco costituzionale dei partiti. In un parlamento a ranghi ridotti, o si pensa che un singolo deputato o senatore possa far parte di più commissioni, idea più probabile se il referendum segnasse la vittoria del “Si”, oppure non si potrà non costatare che nelle commissioni alcuni gruppi parlamentari, i meno numerosi, non saranno rappresentati. Appare lampante il problema. Se così fosse alcune leggi sarebbero approvate senza neanche sentire il pensiero e il voto di alcuni partiti. Ovviamente sopperire a questi inconvenienti è possibile. Bisognerà pensare a una congrua e coerente riforma dei regolamenti delle due camere. Sia il regolamento del Senato che della Camera dovrà essere rimodellato per garantire il pluralismo e la partecipazione di tutte le convinzioni e ideologie presenti in parlamento. Una sfida non indifferente, ma non certo irraggiungibile. Però bisogna essere consapevoli che qualunque sia la decisione successiva, se vincerà il “si”, se si ridurranno il numero dei parlamentari, cambierà il ruolo dei singoli deputati sia nel dibattito, sia nel voto delle singole leggi. Vale la pena? La risposta è nel pensiero di ognuno. In molti stati i parlamentari sono molto meno dei 1000 attuali che affollano la nostra politica, eppure il parlamento inglese, americano, etc. funziona lo stesso. Ma non bisogna lasciarsi prendere dall’ottimismo. Ci sono molti intralci che una riduzione dei parlamentari potrebbe produrre alla vita delle istituzioni legislative. Ma al contempo, è questo l’augurio di chi vuole la riforma, una forte riduzione dei parlamentari potrebbe aprire una nuova epoca Repubblicana all’insegna di scelte camerali veloci e, soprattutto, chiare. Ma quest’ultimo obbiettivo difficilmente può essere raggiungibile con una riforma, è ottenibile con la buona volontà di ogni singolo parlamentare e soprattutto di chi stila le proposte di leggi.
E in più, cosa fondamentale, la riduzione del numero dei parlamentari potrebbe ampliare il ruolo dei cittadini nella formazione di norme e provvedimenti. La politica dovrebbe, se non vuole apparire delegittimata, coinvolgere maggiormente la popolazione nelle decisioni rilevanti sui destini del paese. Gli strumenti a questo scopo sono già previsti dalla Costituzione: ci sono le leggi di iniziativa popolare, previste dall’articolo 71 secondo comma, che potrebbero essere potenziate. Ma non solo, potrebbero essere utilizzate forme di partecipazione extragiuriche, non previste dalle norme costituzionali e non, ma comunque legittime. Ad esempio l’utilizzo della cosiddetta “rete” cioè i social network. Pratica, a mio parere, non da demonizzare ma allo stesso tempo da utilizzare con parsimonia e cura. Insomma come spesso avviene l’esito del referendum è solo un primo passo. Sia che vinca il “si” sia che vinca il “no”, cioè sia che si riducano il numero di parlamentari sia che rimanga tutto uguale, bisogna pensare al modo di aumentare la partecipazione dal basso alle decisioni che vertono sui destini dello stato e della comunità. Farlo è necessario per far crescere non solo la cultura democratica nel nostro paese, ma anche per rendere le nostre istituzioni più efficienti. Io non so se è meglio votare “si” o “no”, quello di cui sono certo è che è venuto il tempo di votare, di partecipare attivamente ai destini della nazione. Bisogna cambiare, bisogna cambiare in meglio.
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