ASPETTANDO LA PRIMAVERA..
Quest'anno ricorrono i cinquantanni della "Primavera di Praga". Cosa successe nella capitale dell'allora Cecoslovacchia? Siamo in piena guerra fredda. Il mondo è rigidamente diviso in blocco comunista, egemonizzato dall'Unione Sovietica, e blocco capitalista (sarebbe meglio dire democratico) capeggiato dagli Stati Uniti. Praga nella primavera di quel fatidico 1968 è in fermento. Il governo, guidato dal Partito Comunista, ha dichiarato che non vi sarà più censura di stampa e controllo da parte dello stato delle attività culturali. Una nuova stagione di libertà sembra aprirsi per lo stato mitteleuropeo. Eduard Goldstucker, eminente critico letterari praghese, organizza convegni. Si studia e si osanna il genio di Franz Kafka, la cui letteratura imbarazzava i precedenti burocrati comunisti per la sua esplicita critica ad ogni autorità burocratica. La popolazione scende nelle piazze. Si discute di tutto: di istituzioni, di economia, si pensa a uno sviluppo dell'industria che concili l'economia di mercato con quelli che erano considerati i valori socialisti. Insomma la Cecoslovacchia prova a disegnare un futuro possibile di pace, benessere e, soprattutto, di libertà. Un futuro che sarà spezzato dai carri armati sovietici entrati nel territorio cecoslovacco in estate. Ma tutto ciò che successe nei primi nove mesi del 1968 non sarebbe se il 5 Gennaio del 1968 non fosse stato nominato segretario del Partito Comunista Cecoslovacco Alexander Dubcek, con il benestare di Mosca allora guidata da Leonid Breznev. Dubcek era figlio di emigranti. I suoi genitori erano andati, all'inizio del secolo, a lavorare a Chicago. Il padre di Alexander, però, rimase folgorato dal paese del socialismo. Vide nella nascente Unione Sovietica la nazione levatrice di un mondo più giusto. Si trasferì a Mosca dove l'adolescente Alexander Dubcek studio e si formò. Per poi tornare in patri a combattere i tedeschi invasori durante la seconda guerra mondiale. Sapeva meglio il russo che il Ceko, la sua lingua d'estrazione. Per questo motivo Breznev vedeva in questo leader un sicuro alleato, non certo un nemico. Il nuovo segretario del partito comunista cecoslovacco sarebbe stato un ortodosso sostenitore dei principi sovietici, si pensava al Cremlino. Invece nei primi mesi del 1968 Dubcek cambio l'ordinamento dello stato cecoslovacco. Introdusse forme di partecipazione popolari alla politica che prevedevano il pluralismo partitico e sindacale. Mise in movimento alcuni meccanismi volti a superare la rigida burocrazia comunista. Pur rimanendo nel Patto di Varsavia, almeno così dichiarava al mondo Dubcek, la Cecoslovacchia si apprestava a percorrere le strade della libertà. Insomma si pensava di costruire il "socialismo dal volto umano". Quel progetto di libertà fu soffocato dalla prevaricante potenza bellica dell'URRS. I carri armati fermarono il sogno. Oggi non possiamo che ricordare quei momenti. Momenti che rimarranno legati a un passato lontano. E' inutile negare che anche il sogno di Dubcek di creare un comunismo democratico è stato sconfitto dalla storia, tutta l'ideologia marxista e egeliana sono in crisi, la socialdemocrazia è relegata al passato esattamente come i regimi comunisti. La sinistra mondiale ha nuove sfide da percorrere, e non è certo detto che le vincerà. Però è giusto ricordare un uomo che ha fatto dell'impegno per la libertà e l'uguaglianza, grazie Alexander Dubcek. E' morto il 7 novembre 1992, a causa di un incidente autostradale, ha ricoperto il ruolo di presidente del parlamento della repubblica cecoslovacca libera dal giogo sovietico. Si stava battendo per evitare la scissione del suo stato in repubblica Ceca e Slovacca, divisione che poi avvenne dopo la sua morte.
testo di Giovanni Falagario
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