martedì 30 gennaio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 23



ARTICOLO 23
"Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge"
L'articolo 23 della Costituzione Italiana ricalca un principio che è proprio della cultura giuridica anglosassone. "No taxation without representation" era il motto delle tredici colonie inglesi che in America si ribellarono al trono britannico dando il via alla rivoluzione che si concluse con la nascita degli Stati Uniti d'America. Un principio che ha incardinato tutto il susseguente diritto liberale occidentale. Nessuno può essere sottoposto all'arbitrio del potere statuale. Ogni prestazione di tipo monetario, lavorativo o di altro genere, ad esempio la testimonianza davanti a una corte giudiziaria, che lo stato impone al cittadino deve essere prevista da una norma. Norma votata dal parlamento che è composto dai rappresentanti del popolo. Insomma ogni limitazione della libertà personale e patrimoniale deve essere giustificata da un atto normativo voluto da persone regolarmente elette. Questa norma costituzionale vuole rendere impossibile il sopruso. Lo stato non può e non deve privare i cittadini delle proprie ricchezze, materiali e morali, senza che non vi sia un chiaro scopo di interesse generale da perseguire indicato da una norma. Siamo lontani dagli oscuri tempi in cui lo stato poteva arbitrariamente costringere un cittadino a compiere lavori coatti. Siamo ben lungi dalla cultura medievale in cui il signore locale imponeva al suddito corveé e vessazioni inimmaginabili. Lo stato non può e non deve imporre prestazioni ingiuste. Se il parlamento attua una politica tributaria vessatoria verso il popolo, sarà punito attraverso il voto generale. I rappresentanti della nazione che hanno imposto gabelle ingiuste non saranno più rieletti, almeno questo si spera. Insomma lo stato è anch'esso sottomesso alla legge. Anche la Repubblica ha nella normativa nazionale il limite oltre il quale non può andare. Nessuna autorità statuale può imporre prestazioni lavorative, soprattutto se non retribuite o non compensate adeguatamente, senza che queste siano previste dalla legge e senza che vi siano motivazioni reali e inoppugnabili legati al bene superiore della nazione. In base a questo principio lo stato può imporre la leva, cioè il servizio militare obbligatorio, ai propri cittadini. Il governo della nazione può chiamare alle armi l'intera cittadinanza in caso di guerra e di pericolo per la nazione. Per questo lo stato può chiedere, se lo ritiene necessario, l'aiuto solidale di tutti davanti a gravi eventi naturali. Per questo lo stato può imporre l'espletamento di doveri civici. Ogni atto del cittadino imposto dallo stato deve essere teleologicamente motivato, cioè ogni gabella o lavoro coscritto deve avere una motivazione chiara e supportata quale compimento dei valori propri della Costituzione. Questo è uno dei principi più importanti, volto a garantire un rapporto trasparente tra cittadino e stato. Tutto ciò che è attività lavorativa, tutto ciò che è lavoro, tutto ciò che è un doveroso contributo alla cresciuta della nazione deve essere inciso fra le norme del nostro stato, votate da un'assemblea di "pari", cioè di cittadini, eletti da cittadini e chiamati a rappresentare tutti i cittadini, quale è il nostro parlamento.
testo di Giovanni Falagario

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