lunedì 15 gennaio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA, ARTICOLO 9

ARTICOLO  9

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”

Prosegue il viaggio di “Racconto a Mano Libera” attraverso gli articoli della Costituzione Italiana. Per festeggiare i settant’anni della sua promulgazione abbiamo scelto di pubblicare e commentare i suoi articoli. Siamo arrivati al IX, ci auguriamo di pubblicarli tutti. L’articolo 9 è uno degli articoli più importanti, ma allo stesso tempo quello che ha avuto meno effetti concreti nella vita delle istituzioni. Si proclama che la repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca. L’Italia, dati statistici alla mano, è il paese occidentale che investe meno in cultura e sviluppo, quest’ultimo sarebbe l’inevitabile conseguenza della valorizzazione della ricerca scientifica. Lo stato italiano è colui che meno tiene conto della preparazione e della formazione di coloro che dovrebbero essere classe dirigente. Spesse volte i concorsi di accesso alle posizioni apicali nelle università e nei centri di ricerca non sono affatto improntati alla ricerca di coloro che sono i meglio preparati, spesso questi concorsi sono frutto di scelte clientelari. La ricchezza di una nazione è nello sviluppo di nuove tecnologie e nel proseguire percorsi culturali che aprano strane innovative. L’Italia non fa né uno né l’altro. Allora cosa dobbiamo concludere? L’articolo 9 è lettera morta? Negli anni ci sono stati nel nostro paese uomini e donne che si sono distinte per il loro lavoro scientifico, per le loro arguzie letterarie, per le opere di estremo pregio artistico. Sarebbe uno schiaffo alla loro memoria, se pensassimo che il nostro paese non ha fatto nulla per incrementare il tasso della preparazione culturale della popolazione. Centinaia di migliaia di scienziati italiani sono apprezzati all’estero per la loro valente opera. L’Italia è un paese di estrema vivacità intellettuale. Quello che manca è un coordinamento, quello che manca è la volontà politica e manageriale di valorizzare l’enorme capitale umano che abbiamo. Noi siamo un paese che ha millenni di storia. I nostri monumenti e le nostre opere letterarie sono d’esempio all’intera umanità. Perché non pensare a un’economia che sfrutti queste risorse. Un’economia sana che sappia includere e non escludere, pensiamo che oggi la nostra economia asfittica lascia fuori dalla società soggetti, quali i disabili, che potrebbero apportare un’enorme contributo se si superasse la mera logica del profitto e si cercasse nel lavoro il benessere sociale. Attraverso lo studio della cultura i meno fortunati potrebbero ritrovare quella dignità che la logica mercantilistica gli nega.  Insomma nel nostro paese ci sono tante persone, laureate di cultura, che sono letteralmente buttate via da una società che non sa utilizzare pienamente le risorse che ha a disposizione.  Pensiamo alle infinite possibilità che l’arte offre a chi si approccia allo studio di questa splendida materia. Non solo si possono spiegare agli studenti e ai turisti, che riempiono le nostre città d’arte, i maglifici tesori del passato, ma si potrebbe anche contribuire con maggior fervore ad accrescere il dibattito sull’arte stessa, si potrebbe produrre maggior bellezza, incrementando l’estro artistico che c’è in ogni essere umano, attraverso l’incremento di laboratori di ricerca, quali sono ad esempio gli istituti d’arte. Bisogna finanziare gli istituti tecnici e i centri universitari scientifici con maggior vigore. I politecnici, i centri universitari di divulgazione e formazione scientifica, devono diventare i pivot, i registi, di uno sviluppo tecnologico locale. Oggi molti politecnici lo fanno con brillantissimi risultati. Bisogna incrementare questi sforzi, bisogna rendere le partnership pubblico / privato non frutto del casuale incontro fra enti, ma come il frutto di un piano, il termine non spaventi, generale di rilancio del settore scientifico nel nostro paese. Le imprese devono trovare nelle università un valido punto di riferimento nell’innovazione. Allo stesso tempo i ricercatori scientifici devono trovare nelle industrie un laboratorio reale dove sperimentare e rendere concrete le loro ricerche. Il paese può crescere. Basta attuare l’articolo nove della costituzione nella sua grande capacità innovativa.
Il secondo comma dell’articolo nove invece verte sulla tutela del territorio. La Repubblica deve difendere il paesaggio e il patrimonio artico della nazione. Il paesaggio italiano è uno dei più belli al mondo. Le splendide vallate della penisola, i suoi monti, i mari e le pianure sono di una bellezza mozzafiato. Purtroppo lo sviluppo industriale e urbano convulso che è avvenuto in decenni ha messo in pericolo tutta questa bellezza. Già nel 1948, quando fu scritta la costituzione, c’era la consapevolezza dei pericoli portati da una disordinata urbanizzazione. Quello che è successo nei decenni successivi ha confermato i timori dei padri costituenti, la cementificazione ha prodotto gravi danni al paesaggio. Interi pezzi di costa, splendida, sono spariti coperti dal cemento o “mangiati” dall’erosione prodotta dai flutti del mare. I monti vengono disboscati, creando slavine e frane che non solo deturpano il paesaggio ma producono perdita di vite umane, penso ai tanti che muoiono i montagna, sorpresi da smottamenti. Urge un piano di tutela del territorio. Non possiamo attendere oltre. La politica in questi anni è stata silente davanti allo sfascio. Spesso è stata complice dello sfascio. I vari “condoni edilizi”, che i governi hanno compiuto, sono stati un vero e proprio autorizzare la deturpazione del territorio in fregio ai principi posti dall’articolo 9 della Costituzione. La tutela del paesaggio è un modo per far fronte ai cambiamenti climatici e ai disastri ambientali che l’inquinamento sta compiendo. Non capire che tutelare il verde, i boschi, le acque dei fiumi è un modo per difenderci da quegli eventi atmosferici di estrema violenza causati dall’aumento della temperatura nel globo terrestre. Se facciamo nostro l’insegnamento dei padri costituenti, se non lasciamo inascoltato il loro monito, l’Italia può diventare un paese che fa della tutela ambientale il proprio vessillo, così facendo potrà continuare a difendere l’enorme patrimonio di bellezza che possiede. Cosa dire del nostro patrimonio artistico e storico? Come non rimanere affascinati dal David di Donatello, oppure dal Colosseo, dalla Reggia di Caserta e dai milioni di siti artistici che arricchiscono la nostra Italia? E’ tempo di tutelarli. E’ tempo di voler bene a noi stessi, preservando questa straordinaria ricchezza. Urge che l’Italia si impegni a restaurare il nostro patrimonio culturale. Qualcosa si è fatto, non abbastanza. Ad esempio il sito archeologico di Pompei, che qualche anno fa crollava ed era lasciato al degrado oggi rinasce, si aprono nuovi siti archeologi e i crolli sembrano ombre del passato. Ma non basta. Bisogna fare di più. Bisogna rendere la difesa del nostro patrimonio storico al centro di ogni politica di qualsiasi governo. Difendere il bello che c’è in Italia è una sfida per tutti, dalla politica al singolo cittadino.


Testo di Giovanni Falagario

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