ARTICOLO 9
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico
della Nazione”
Prosegue il viaggio di “Racconto a Mano Libera” attraverso
gli articoli della Costituzione Italiana. Per festeggiare i settant’anni della
sua promulgazione abbiamo scelto di pubblicare e commentare i suoi articoli.
Siamo arrivati al IX, ci auguriamo di pubblicarli tutti. L’articolo 9 è uno
degli articoli più importanti, ma allo stesso tempo quello che ha avuto meno
effetti concreti nella vita delle istituzioni. Si proclama che la repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca. L’Italia, dati statistici
alla mano, è il paese occidentale che investe meno in cultura e sviluppo, quest’ultimo
sarebbe l’inevitabile conseguenza della valorizzazione della ricerca
scientifica. Lo stato italiano è colui che meno tiene conto della preparazione
e della formazione di coloro che dovrebbero essere classe dirigente. Spesse
volte i concorsi di accesso alle posizioni apicali nelle università e nei
centri di ricerca non sono affatto improntati alla ricerca di coloro che sono i
meglio preparati, spesso questi concorsi sono frutto di scelte clientelari. La
ricchezza di una nazione è nello sviluppo di nuove tecnologie e nel proseguire
percorsi culturali che aprano strane innovative. L’Italia non fa né uno né l’altro.
Allora cosa dobbiamo concludere? L’articolo 9 è lettera morta? Negli anni ci
sono stati nel nostro paese uomini e donne che si sono distinte per il loro
lavoro scientifico, per le loro arguzie letterarie, per le opere di estremo
pregio artistico. Sarebbe uno schiaffo alla loro memoria, se pensassimo che il
nostro paese non ha fatto nulla per incrementare il tasso della preparazione
culturale della popolazione. Centinaia di migliaia di scienziati italiani sono
apprezzati all’estero per la loro valente opera. L’Italia è un paese di estrema
vivacità intellettuale. Quello che manca è un coordinamento, quello che manca è
la volontà politica e manageriale di valorizzare l’enorme capitale umano che
abbiamo. Noi siamo un paese che ha millenni di storia. I nostri monumenti e le
nostre opere letterarie sono d’esempio all’intera umanità. Perché non pensare a
un’economia che sfrutti queste risorse. Un’economia sana che sappia includere e
non escludere, pensiamo che oggi la nostra economia asfittica lascia fuori
dalla società soggetti, quali i disabili, che potrebbero apportare un’enorme
contributo se si superasse la mera logica del profitto e si cercasse nel lavoro
il benessere sociale. Attraverso lo studio della cultura i meno fortunati
potrebbero ritrovare quella dignità che la logica mercantilistica gli nega. Insomma nel nostro paese ci sono tante
persone, laureate di cultura, che sono letteralmente buttate via da una società
che non sa utilizzare pienamente le risorse che ha a disposizione. Pensiamo alle infinite possibilità che l’arte
offre a chi si approccia allo studio di questa splendida materia. Non solo si
possono spiegare agli studenti e ai turisti, che riempiono le nostre città d’arte,
i maglifici tesori del passato, ma si potrebbe anche contribuire con maggior
fervore ad accrescere il dibattito sull’arte stessa, si potrebbe produrre
maggior bellezza, incrementando l’estro artistico che c’è in ogni essere umano,
attraverso l’incremento di laboratori di ricerca, quali sono ad esempio gli
istituti d’arte. Bisogna finanziare gli istituti tecnici e i centri
universitari scientifici con maggior vigore. I politecnici, i centri universitari
di divulgazione e formazione scientifica, devono diventare i pivot, i registi,
di uno sviluppo tecnologico locale. Oggi molti politecnici lo fanno con
brillantissimi risultati. Bisogna incrementare questi sforzi, bisogna rendere
le partnership pubblico / privato non frutto del casuale incontro fra enti, ma
come il frutto di un piano, il termine non spaventi, generale di rilancio del
settore scientifico nel nostro paese. Le imprese devono trovare nelle
università un valido punto di riferimento nell’innovazione. Allo stesso tempo i
ricercatori scientifici devono trovare nelle industrie un laboratorio reale
dove sperimentare e rendere concrete le loro ricerche. Il paese può crescere. Basta
attuare l’articolo nove della costituzione nella sua grande capacità innovativa.
Il secondo comma dell’articolo nove invece verte sulla
tutela del territorio. La Repubblica deve difendere il paesaggio e il
patrimonio artico della nazione. Il paesaggio italiano è uno dei più belli al
mondo. Le splendide vallate della penisola, i suoi monti, i mari e le pianure
sono di una bellezza mozzafiato. Purtroppo lo sviluppo industriale e urbano
convulso che è avvenuto in decenni ha messo in pericolo tutta questa bellezza.
Già nel 1948, quando fu scritta la costituzione, c’era la consapevolezza dei
pericoli portati da una disordinata urbanizzazione. Quello che è successo nei
decenni successivi ha confermato i timori dei padri costituenti, la
cementificazione ha prodotto gravi danni al paesaggio. Interi pezzi di costa,
splendida, sono spariti coperti dal cemento o “mangiati” dall’erosione prodotta
dai flutti del mare. I monti vengono disboscati, creando slavine e frane che
non solo deturpano il paesaggio ma producono perdita di vite umane, penso ai
tanti che muoiono i montagna, sorpresi da smottamenti. Urge un piano di tutela
del territorio. Non possiamo attendere oltre. La politica in questi anni è
stata silente davanti allo sfascio. Spesso è stata complice dello sfascio. I
vari “condoni edilizi”, che i governi hanno compiuto, sono stati un vero e
proprio autorizzare la deturpazione del territorio in fregio ai principi posti
dall’articolo 9 della Costituzione. La tutela del paesaggio è un modo per far
fronte ai cambiamenti climatici e ai disastri ambientali che l’inquinamento sta
compiendo. Non capire che tutelare il verde, i boschi, le acque dei fiumi è un
modo per difenderci da quegli eventi atmosferici di estrema violenza causati
dall’aumento della temperatura nel globo terrestre. Se facciamo nostro l’insegnamento
dei padri costituenti, se non lasciamo inascoltato il loro monito, l’Italia può
diventare un paese che fa della tutela ambientale il proprio vessillo, così
facendo potrà continuare a difendere l’enorme patrimonio di bellezza che
possiede. Cosa dire del nostro patrimonio artistico e storico? Come non
rimanere affascinati dal David di Donatello, oppure dal Colosseo, dalla Reggia
di Caserta e dai milioni di siti artistici che arricchiscono la nostra Italia?
E’ tempo di tutelarli. E’ tempo di voler bene a noi stessi, preservando questa
straordinaria ricchezza. Urge che l’Italia si impegni a restaurare il nostro
patrimonio culturale. Qualcosa si è fatto, non abbastanza. Ad esempio il sito
archeologico di Pompei, che qualche anno fa crollava ed era lasciato al degrado
oggi rinasce, si aprono nuovi siti archeologi e i crolli sembrano ombre del
passato. Ma non basta. Bisogna fare di più. Bisogna rendere la difesa del
nostro patrimonio storico al centro di ogni politica di qualsiasi governo. Difendere
il bello che c’è in Italia è una sfida per tutti, dalla politica al singolo
cittadino.
Testo di Giovanni Falagario
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