lunedì 8 gennaio 2018

FORTINI, CRITICO E POETA



POETA E CRITICO
Franco Fortini è nato a Firenze il 10 settembre 1917. In realtà si chiama Franco Lattes, scelse durante il ventennio fascista di cambiare nome. Il padre, Dino Lattes, era di origine ebraica. La madre, Emma Fortini Degiglio, cattolica ma non praticante. La sua famiglia era laica e Repubblicana. Il genitore si era distinto durante la prima guerra mondiale quale milite valoroso. Fortini si forma leggendo i classici russi. Fin da giovanissimo, aiutato da una famiglia sensibile alla grande letteratura, legge i grandi autori del passato e la grande letteratura contemporanea. Si accosta al grande romanzo sperimentale di Jemes Joyse. Al ginnasio legge la letteratura contemporanea. Si forma come fine speculatore della lingua italiana fin da piccolissimo. Le sue origini ebraiche lo escludono dall'attività di insegnamento. Anche se si laurea brillantemente sia in Giurisprudenza che in lettere sempre a Firenze. La sua vita è segnata da scelte difficili. Per avere una speranza di lavoro si fa battezzare. Scrive interessanti saggi sulle riviste universitarie fasciste. Si fa notare per il suo acume, che gli permette di superare il suo handicap dovuto al possedere "sangue" ebraico. Intanto comincia a scrivere poesie. Le sue non sono ermetiche. Il suo punto di riferimento non è il "poetare puro" di Quasimodo e Ungaretti. La sua poetica è quella che si fonda sui classici latini e greci, sulla grande epica dei tempi classici. Durante la guerra riesce ad arruolarsi come soldato. Saggia con i propri occhi la disfatta fascista. Gli spetta il compito di assistere e curare i reduci della disastrosa campagna di Russia. Conosce Adriano Olivetti. Con l'industriale fugge in Svizzera dopo la disfatta dell'Otto settembre 1943. L'Italia è divisa in due. Quasi tutta la penisola è in mano ai nazisti. Fortini decide di appoggiare la "Repubblica di Valdossola", è nelle terre piemontesi che fa il partigiano. Finita l'esperienza della Repubblica Partigiana, soverchiata dalle preponderanti forze naziste, si rifugia nuovamente in Svizzera per evitare la carcerazione e la fucilazione. Dopo la guerra collabora con il giornale L'Avanti. Partecipa attivamente alla vita letteraria italiana. E' il primo italiano ad intervistare Paoul Sarte, collabora attivamente alla rivista letteraria "Il Politecnico". Nel 1947 il suo amico Olivetti lo assume nella fabbrica di Ivrea. Ma il suo lavoro di addetto stampa gli sta stretto. Si impegna come grande traduttore di maestri della letteratura straniera. Parallelamente al suo impegno letterario c'è anche l'impegno politico. Si iscrive al Partito Comunista Italiano. Si impegna per costruire un'Italia più giusta. E' perfino delegato a Mosca per conto del partito. Durante la sua lunga vita si pentì del suo legame al Pci. Seguì gli espulsi del partito che fondarono Il Manifesto. La sua opera di poeta fu incessante. Ricordiamo la sua raccolta poetica: poesia e errore. La sua attività di letterato si susseguì per decenni. Ascoltato come critico, letto come poeta, studiato da generazioni di studenti che si appropinquavano alla grande letteratura attraverso le sue recensioni, muore il 28 febbraio 1994. La sua opera è un lascito prezioso. Le sue poesie sono di una bellezza struggente.
testo di Giovanni Falagario

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