ICONOCLASTIA
Lo sappiamo tutti, iconoclastia è l’attitudine a distruggere
tutte le raffigurazioni artistiche o, in generale, tutte le immagini che
appaiono in netto contrasto con le nostre più autentiche e profonde
convinzioni. Iconoclasti, in alcuni periodi antichi, sono stati i cristiani.
Iconoclasti, ancor oggi, sono i mussulmani, che rifiuto nano nettamente la sola
possibilità di poter raffigurare la Divinità, Allah. Iconoclasti possono essere
radicali. Pensiamo ai truci talebani che hanno distrutto a colpi di cannonate
la magnifica e poderosa statua del Buddha in Afganistan. Iconoclasti possono
essere i tolleranti funzionari dell’impero turco, pur considerando censurabile
rappresentare il divino, hanno addirittura favorito l’utilizzo della miniatura
per rappresentare i libri, anche sacri, ed hanno difeso la bellezza lasciata
alla Turchia dalla tradizione pittorica e di affreschi propria della cultura
Bizantina, cioè dell’impero greco latino che aveva preceduto la presa del
potere turcomanna. Oggi nella ricca e culturalmente avanzata America c’è una nuova
iconoclastia. Negli Stati Uniti una parte importante dell’opinione pubblica sta
chiedendo con forza e decisione che alcuni monumenti dedicati a personaggi del
passato siano abbattuti. Perché tali richieste? La risposta è che tali
personaggi avrebbero di fatto sostenuto le tesi segregazioniste che hanno
caratterizzato un certo tipo di cultura bianca. Si chiede di eliminare dal novero
di illustri benefattori dell’università di Howard niente meno che Franklin
Delano Rooswelt, uno dei più importanti presidenti della Repubblica degli
States, perché sarebbe stato favorevole alla separazione coatta fra etnie
diverse. Bisogna precisare, a scanso di equivoci, che non si tratta del
Roosvelt del New Deal ma di un altro omonimo che ha governato all’inizio del ‘900.
Ma ciò non toglie che la rilevanza politica della richiesta è importante.
Rooswelt è colui che ha cambiato radicalmente la politica estera degli States.
Senza di lui e delle sue idee l’America non si sarebbe mai posta come faro
della democrazia e forse non sarebbe mai entrata nella Grande Guerra a favore
delle democrazie del Vecchio Continente contro gli imperi. Ma la smania di
distruggere i monumenti agli schiavisti non finisce così. Si vuole letteralmente
cancellare dalla memoria storica, niente meno che Cristoforo Colombo, il
genovese che ha scoperto il Nuovo Continente. Perché? Anche lui è stato schiavista.
Anche lui ha sfruttato e ha compiuto stragi ai danni della popolazione locale
ed ha favorito l’ingresso belle nuove terre di africani in catene. Si potrebbe
definire un bel pezzo di.. Non a caso ha subito diversi processi per corruzione
ed abuso di potere ancora in vita, quando i monarchi spagnoli intendevano
vederci chiaro sul suo operato di vice re del Nuovo Mondo. Gli storiografi
tendono a ridimensionare le colpe di Colombo nella gestione della
amministrazione, però rimane il fatto che ha favorito l’utilizzo di persone
come se fossero merci. Ma detto ciò è bene saper cogliere la grandezza dell’uomo
che ha saputo vedere al di là dei confini dell’orizzonte, fino al punto di
mettere in contatto uomini, donne e terre prima isolate le une alle altre.
Insomma bisogna sapere discernere. Un conto è saper riconoscere gli aspetti
oscuri e fortemente censurabili degli uomini e dei movimenti che hanno fatto la
storia, e un conto chiederne un’assoluta “damnatio memorie”, cioè la
cancellazione del loro ricordo. È bene riconoscere che qualsiasi monumento è un
plastico elemento storiografico. Una statua, un componimento in onore di un
uomo del passato, qualsiasi oggetto che ne richiami la memoria è un prezioso
strumento per analizzare il fieri delle civiltà e delle culture. Pensiamo alle
tante statue di Lenin erette durante la Guerra Fredda nei paesi dell’Est Europa
e distrutte nel 1989. La loro “vita” e “morte” sono un prezioso strumento per
capire il susseguirsi delle epoche storiche. Io sono di Bari. L’Università
degli Studi della mia città prima della seconda guerra si chiamava “Università Benito
Mussolini”, poi si chiamò semplicemente “Università di bari”, oggi si chiama “Università
degli Studi Aldo Moro”, in onore dello statista e professore universitario, che
insegnò anche a Bari, ucciso della Brigate Rosse. Cancellare un nome quindi
vuol dire cancellare una parte di storia. Ma a chi fa storiografia anche questi
mutamenti di nomenclatura, anche questi umori delle piazze che manifestano
ritrosia e obbrobrio per nomi e simboli del passato, possono e devono essere un
mezzo per capire la storia. Chi distrugge merita di essere condannato come un
volgare soffocatore di arte e cultura, sia chiaro. Ma allo stesso tempo
attraverso l’osservazione e lo studio di questa sua azione così censurabile, si
può e si deve disegnare un’evoluzione del cammino dell’umanità che a salti,
facendo anche passi indietro, senza un ordine progressivo che porta a sicuri
lidi felici, sta ancora cercando di proseguire su una strada che milioni di
anni fa i nostri avi hanno cominciato prendendo un sasso e utilizzandolo come
strumento di sopravvivenza e che oggi prosegue andando nello spazio o
utilizzando un cellulare. Buon cammino a tutti noi.
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