ARTICOLO 32 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“La Repubblica tutela
la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività. E garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana”
Il diritto alla salute, sancito dall’articolo 29 della
Costituzione, è importantissimo. Il bisogno di stare bene e che lo stiano anche
i nostri cari è uno dei desideri umani più atavici e più positivi. Addolorarci
per la salute altrui malferma è l’atto più umano che ci possa essere. Per
questo motivo la Repubblica sancisce che il curarsi e l’essere curato è un
diritto fondamentale della persona. Su questo sono concordi quasi tutti gli
ordinamenti di tutti gli stati del mondo. Il diritto alla cura è sancito dalla
carta dei diritti umani dell’Onu. Anche la carta europea dei diritti
fondamentali, scritta nel 2000, dichiara la salute come diritto universale di
ogni essere umano. Insomma il diritto è concorde che la salute è un bene
universale che debba valere per chiunque e in qualunque luogo della terra. Ogni
uomo deve avere il diritto a poter curarsi. Il supporto materiale e psicologico
nei momenti di infermità è fondamentale per poter avere una vita dignitosa. E’
nei momenti di dolore che l’uomo e la donna manifesta la sua debolezza, la sua
fragilità, è giusto che lo stato e l’intera collettività, nelle sue più diverse
componenti, si sforzino di alleviare la sofferenza. Bisogna che siano garantite
le cure a tutti, queste debbono essere le più adeguate possibili, per questo
motivo è necessario che si prevedano adeguati fondi finanziari nel settore
sanitario. La salute è un bene che deve essere tutelato al di là dei lacci e
delle difficoltà poste da problemi di natura finanziaria. Non ci devono essere
differenze fra ricchi e poveri, fra emarginati e integrati nella società, tutti
devono avere una cura adeguata. Questa affermazione nei fatti è smentita.
Quotidianamente assistiamo a ingiustizie, a diversi trattamenti sanitari dovuti
alla differenza di classe. Questo sembra una realtà insuperabile. La società
umana da sempre dà strumenti di cura più adeguata a chi possiede ricchezze e ha
un ruolo sociale di alto grado, mentre lascia gli indigenti nell’ambasce. Le
Carte Fondamentali scritte nel XX secolo hanno visto nel welfare, la politica
sociale, lo strumento per superare il divario fra ricchi e poveri. Il welfare
ha come obbiettivo garantire le cure e i supporti sociali a tutti. Tutti hanno
il diritto ad essere istruiti, formati, educati e soprattutto curati. Questo è
il pensiero di coloro che si fanno promotori dell’idea di welfare come
promozione sociale. Niente più differenze sociali in materia di cura. Davanti
alla malattia si è tutti uguali ed egualmente bisogna essere curati. Come
abbiamo già detto questo principio difficilmente si traduce in realtà, quello
che lo stato deve fare è garantire che anche l’indigente possa avere un
ospedale, un nosocomio, ove poter curare le proprie malattie e dove guarire. Un
ospedale in cui si rispettino gli essenziali parametri di buona gestione al
fine di garantire un’idonea cura e una pronta guarigione anche a chi non ha
beni e soldi. Ma la cura della persona è bene ricordarlo non avviene solo negli
ospedali. Per avere una sanità funzionante, che garantisca il benessere
sociale, è necessario che sia strutturata in modo capillare. È doveroso che ci
siano presidi sanitari, quali ad esempio il medico di base, che vivano e
svolgano nel territorio la loro azione non solo di cura, ma anche di
prevenzione delle malattie. Il welfare è anche questo. Vuol dire avere una rete
di supporto che aiuti in casa coloro che hanno malattie coniche gravi e anche
lievi. Vuol dire supportare l’anziano non autosufficiente. Vuol dire aiutare le
persone con disabilità a superare le barriere che il loro status crea. Questo è
anche nel disegno attuativo dell’articolo due
e tre della Costituzione. Questi dichiarano che tutti hanno diritto
a vivere con dignità la vita e che la
Repubblica deve farsi carico di abbattere gli ostacoli che impediscono il
raggiungimento di questo obbiettivo. Insomma la salute è indispensabile per
vivere bene la vita. Si può vivere e si deve vivere anche nella malattia, per
perseguire questo obbiettivo è necessario che le istituzioni e tutti coloro che
vivono accanto al malato si sforzino per lenire le sue sofferenze, per stargli
accanto nei momenti di sconforto, di dargli una carezza quando ne ha bisogno.
Può apparire una follia affermare che stare accanto a chi sta male è un dovere
non un atto caritatevole, ma se ci pensiamo è il fondamento per poter pensare a
costruire una società migliore. Non è un caso che l’articolo 32 sancisce che la
salute non è solo un diritto fondamentale dell’individuo, ma è anche un
interesse della collettività. C’è anche l’idea che la cura sia un modo per fare
profilassi, per evitare che malattie contagiose si propaghino, ad esempio. Non
è solo questo. L’interesse collettivo è nel creare una struttura sociale in cui
ognuno sia spronato a prendersi cura dell’altro. In cui il volontariato, il
voler essere vicino agli altri nel momento del bisogno, sia un moto dell’animo
diffuso. E’ interesse dello stato non solo evitare che ci siano malati in balia
del proprio destino e soli, ma anche costruire una comunità di persone che si
prendano per mano e riescano a camminare insieme anche nel dolore. Solo una
società solidale può costruire un futuro migliore per tutti. Il secondo comma
dell’articolo 32 è di strettissima attualità. In questi mesi è stata introdotta
nel nostro ordinamento la legge sul “fine vita”. Una legge che offre la
possibilità a una persona affetta da una malattia che la porterà sicuramente
alla morte, nella fase terminale della sua vita terrena, di smettere di
curarsi, di lasciare che la morte lo abbracci, supportata da farmaci che
inducono al sonno, nel suo ultimo viaggio senza prolungare ancor di più la sua
disperata lotta per sopravvivere. Questa legge sembra ottemperare l’articolo 32
secondo comma che dice che nessuno può essere obbligato a un trattamento
sanitario. Questo principio vale anche per coloro che, pur non essendo in fine
vita, non vogliono avere un certo tipo di cure, chiunque deve essere libero di
seguire la cura sanitaria che più gli aggrada. Per quanto riguarda il fine vita
è giusto dire che le forze politiche non sono concordi nel garantire la scelta
del malato terminale. Silvio Berlusconi e Matteo Salvini hanno promesso ai loro
elettori di cancellare la legge di autodeterminazione del malato appena avranno
la maggioranza di governo . Non spetta a noi entrare in questi delicati
concetti etici. Vorremmo solo sottolineare che sarebbe meglio che si desse la
possibilità anche al malato terminale, anche al malato allettato e senza
prospettive se non quella di aspettare il tramonto, di decidere se continuare
ad avere cure che semplicemente prolungano l’agonia o meno. Chiunque è libero
di proseguire nel viaggio doloroso della vita, o di interromperlo quando le
prospettive sono svanite, questo è il senso della legge sul “fine vita”. Forza
Italia e Lega, assieme ai milioni di Italiani che voteranno questa compagine
elettorale, non concordano con questa visione della vita. Matteo Salvini
cancellerà la possibilità di scelta del malato. Noi non possiamo fare altro che
dichiarare il dissentire con lui e i suoi elettori. Scegliere di vivere o di
morire è uno dei diritti della persona, è bene che sia rispettata. Insomma
l’articolo 32 rischia di non essere rispettato grazie ai milioni di italiani
che voteranno la destra contribuendo a cancellare la legge sul fine vita. Noi
rispettiamo questo intento, ma preferiamo rimanere dalla parte della
Costituzione che protegge la libertà in tutti i momenti della vita, anche
quello ultimo il più estremo.
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