LA STATUA DI INDRO
A Milano c'è una statua, in un giardino. Questa statua raffigura il grande e indimenticato giornalista Indro Montanelli. Ricordo che lo scrittore e direttore di importanti quotidiani è morto il 22 luglio 2001, all'età veneranda di 91 anni. Ora qualche giorno fa un gruppo di presunti attivisti dei diritti dell'uomo e delle donne hanno deciso di imbrattare di vernice rossa il monumento del grande giornalista. Perché? La risposta è in una intervista che lo stesso uomo di cultura fece al Corriere della Sera nel 2000, dichiarando che ai tempi della guerra in Etiopia stava per sposare una bimba di 12 anni. Insomma questo gesto fa apparire l'uomo di cultura sciovinista e razzista e, non solo, anche un pedofilo, vista la tenera età della promessa sposa. Ora precisiamo che Indro Montanelli stipulò un contratto di matrimonio, una specie di impegno a contrarre sposalizio, che nel nostro ordinamento è da considerarsi nullo. L'episodio raccontato è avvenuto durante la guerra, in terra coloniale, ove gli italiani si sentivano svincolati da ogni forma di diritto e di morale, come attesta anche la molteplicità di pubblicistica che documenta la vita in quelle terre d'Africa in mano allo stato italiano. Indro Montanelli ha presentato quell'episodio come marginale nella propria esistenza. Quasi come un gioco delle parti, fra la giovine donna e lui destinata immancabilmente a non produrre effetto. Ora oggi siamo in un epoca in cui le violenze, anche quelle morali, sulla donna non possono, giustamente, essere più giudicate un gioco. La dignità dell'intera umanità passa anche, e soprattutto, attraverso il rispetto della diversità di genere. Una donna non può essere immaginata come un oggetto di scambio, come un bene che si può contrattualmente alienare. Uso termini che si usano per le cose, proprio per sottolineare l'obbrobrio che è il pensare che una bambina, ma anche una donna fatta, possa essere oggetto di un accordo, anche di natura matrimoniale. Indro Montanelli era nato 22 aprile 1909, a Fucecchio Toscana, era quindi una persona adulta quando contrattava l'acquisto della sua sposa etiope. Si doveva rendere conto della gravità del gesto. Detto questo provo anche ad asserire che il giornalista merita, come tutti gli uomini di penna, un rispetto e una simpatia incessante. Indro Montanelli ha subito il vile attacco delle Brigate Rosse negli anni 70 del secolo scorso. Fu ferito , gambizzato, come si diceva. Per le sue idee cambio giornali, scelse di essere licenziato pur di non abdicare al suo pensiero. Diede le dimissioni dal Corriere della Sera. Fondò "Il Giornale" e ne fu cacciato dal proprietario Silvio Berlusconi che reputava scomoda una voce libera come la sua, mentre il Giornale doveva essere un punto di riferimento della destra. Chiariamo aveva ragione Berlusconi. Nel 1994 la coalizione di destra vinse le elezioni, esattamente come oggi i sondaggi danno vincente la coalizione di destra. L'alchimia voluta dal cavaliere, così è chiamato dai sostenitori di destra Silvio Berlusconi, è sempre vincente. Ma rimane il fatto che Indro Montanelli non ha mai voluto essere parte di quel progetto di destra e per questo ha pagato garo, non entrando nell'olimpo dei giornalisti di destra, come invece hanno fatto Giuliano Ferrara e Vittorio Feltri, venerati da quelli che Berlusconi e Salvini chiamano "il popolo", cioè gli elettori di destra. Perché Indro Montanelli arricciava il naso davanti ad evasori e porta valute. Ora la sua statua è imbratta. L'hanno fatto perché voleva sposare una giovine etiope. Non lo so se pensasse che il calore ardente dell'italiano potesse riscaldare la piccola abissina (per citare qualche ridicola voce retorica del passato), certo nulla toglie alla sua ardente passione di uomo di lettere, convinto liberale e indefesso conservatore, tutti aspetti della sua multiforme personalità che lo rendono unico nel panorama del giornalismo italiano.
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