RILEGGENDO L’ARTICOLO 35 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“LA REPUBBLICA TUTELA IL LAVORO IN TUTTE LE SUE FORME ED
APPLICAZIONI.
CURA LA FORMAZIONE E L’ELEVAZIONE PROFESSIONALE DEI
LAVORATORI.
PROMUOVE E FAVORISCE GLI ACCORDI E LE ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI INTESI AD AFFERMARE E REGOLARE I DIRITTI DEL LAVORO.
RICONOSCE LA LIBERTA’ DI EMIGRAZIONE SALVO GLI OBBLIGHI
STABILITI DALLA LEGGE NELL’INTERESSE GENERALE, E TUTELA IL LAVORO ITALIANO ALL’ESTERO”
Io, Giovanni Falagario, colui che vi sta scrivendo, sto
rileggendo l’articolo 35 della Costituzione Italiana. Mi sorgono in mente
diversi pensieri. In questi mesi di difficoltà non solo sanitaria, ma anche
sociale, il lavoro è in pericolo. È in pericolo la sicurezza e la stabilità di
molte famiglie non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo. Il lavoro è un
bene prezioso. Primo perché permette a chi è impegnato in attività di avere una
vita dignitosa per sé e la propria famiglia. Ma anche perché, cosa più
importante, l’impegno di ciascuno di noi permette di affrontare e superare
collettivamente ogni tipo di difficoltà. L’esempio in questo periodo più
pregnante è l’indefesso, coscienzioso, ammirevole e ricco d’amore impegno dei
medici e del personale infermieristico. Ma non sono solo loro a svolgere con
cura e con impegno le mansioni demandate. Ora che pian piano le attività
economiche si riaprono, siamo tutti impegnati a dare tutte le nostre energie per
vincere gli ostacoli ulteriori che il corona virus ci ha posto di fronte.
Impegnati nei campi, nelle fabbriche, negli uffici, tutti siamo richiamati a
far ripartire il paese. Ecco perché la Repubblica, il nostro stato, deve
difendere il lavoro in tutte le sue forme, solo difendendo esso può difendere
la società e in ultima istanza se stessa. Bisogna che il presidente del
consiglio, in questo momento Giuseppe Conte ma chiunque abbia tale carica, si
impegni ogni giorno per garantire che il sistema Italia funzioni. Bisogna che
il governo faccia la sua parte. Il Parlamento, nelle sue due Camere, deve
approntare una politica normativa adeguata all’emergenza. Gli enti locali,
quelli che gestiscono le strutture sanitarie, devono fare il loro compito con
dedizione e con spirito di sacrificio. Bisogna fare in modo che la politica,
intesa come la parte della società che ha un compito dirigenziale nelle vicissitudini
collettive, si impegni al fine di garantire che il lavoro di tutti non solo ci
sia ma che sia anche il più proficuo possibile. Penso al secondo comma dell’articolo
35: La Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei
lavoratori. In questo momento è necessario pensare a forme nuove di impegno
lavorativo. Il cosiddetto “smart working”, il telelavoro, cioè il prestare la
propria capacità di fare all’azienda di cui si è dipendenti, non nelle sedi
proprie, ma da casa, può essere e è una soluzione non solo in tempi di epidemie
ma anche per il futuro per garantire allo stesso tempo produttività e minor
spreco di energia fisica e di materia prima. Basta solo pensare al minor
utilizzo di automobili, che renderebbe meno necessario l’utilizzo di benzina,
propellente combustibile altamente inquinante oltre che costoso. Ma formazione
è anche imparare altre lingue. È imparare il diritto, cioè le regole di
convivenza sociale e le normative dello stato. È imparare le regole economiche,
la cosiddetta micro e macro economia. È anche saper parlare e interloquire di
argomenti che esulano dal proprio bagaglio curriculare. Allora formarsi, imparare
sempre senza mettere una parola fine alla propria sete di sapere, è una
necessità per i singoli individui e per l’intera collettività. Realmente porta
all’elevazione professionale dei lavoratori, come dice la nostra carta fondamentale.
Bisogna avere i mezzi per sapere, ma bisogna, soprattutto, avere la volontà di
imparare. Questo è un dovere di tutti. Lo stato e il singolo imprenditore
devono farsi carico di garantire che vi siano le condizioni per il prestatore
di lavoro d’imparare, ma è il lavoratore che si deve impegnare per far crescere
la propria conoscenza e, per usare un termine solo apparentemente altisonante,
ma in realtà ricco di valore, la propria sapienza. Diventare più bravo è un
diritto e un dovere di tutti. Bisogna sapere! Non solo per essere più efficienti,
cosa apprezzabile, ma anche per essere più colti e intelligenti, nel suo
significato autentico di “saper leggere la realtà che ci circonda”.
Ecco perché i due commi finali dell’articolo 35. Il
lavoratore per crescere professionalmente non deve solo imparare dal paese in
cui vive, nel nostro caso dall’Italia. Ma deve anche mettersi in contatto con
gli altri lavoratori sparsi nel mondo. Quando fu scritta la Costituzione, negli
anni appena dopo la seconda guerra mondiale, il mettersi in relazione con gli
altri paesi era possibile, ma certamente più periglioso rispetto al presente in
cui basta un “clik” al computer per connettersi alla rete mondiale. Allora sapere
comprendere, imparare e crescere vuol dire anche sapersi mettere in relazione
con gli altri lavoratori, che vivono accanto a noi come quelli che sono a
migliaia di chilometri di distanza. Si può interagire, fondare una comunità di
persone, anche se a distanze strabilianti. Bisogna imparare a mettere al
servizio degli altri la propria esperienza e saper attingere da quella altrui. Ecco
quello che ci invita a fare l’articolo 35 della Costituzione Italiana. Siamo
liberi di emigrare per lavorare ed apprendere. Siamo liberi di conoscere per
migliorare la qualità del nostro impegno. Dobbiamo cogliere e sfruttare al
meglio queste opportunità. Il Virus ha cambiato le nostre condizioni di lavoro.
È nostro compito imparare a riadattarci alla nuova realtà e pensare a costruire
una nuova comunità lavorativa che comprenda ogni lavoratore in proprio o no, il
libero professionista come l’impiegato, ogni forma lavorativa in ogni parte del
mondo. Questa emergenza è stata tremenda, ha messo in pericolo la nostra stessa
esistenza e condizione umana, ma possiamo sfruttare il periglio per costruire
qualcosa di meglio e di più inclusivo. I nostri progenitori, dalle macerie
della guerra, hanno costruito la Repubblica, noi dobbiamo seguire il loro
esempio.
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