sabato 20 giugno 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE



RILEGGENDO L’ARTICOLO 35 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“LA REPUBBLICA TUTELA IL LAVORO IN TUTTE LE SUE FORME ED APPLICAZIONI.

CURA LA FORMAZIONE E L’ELEVAZIONE PROFESSIONALE DEI LAVORATORI.

PROMUOVE E FAVORISCE GLI ACCORDI E LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI INTESI AD AFFERMARE E REGOLARE I DIRITTI DEL LAVORO.

RICONOSCE LA LIBERTA’ DI EMIGRAZIONE SALVO GLI OBBLIGHI STABILITI DALLA LEGGE NELL’INTERESSE GENERALE, E TUTELA IL LAVORO ITALIANO ALL’ESTERO”

Io, Giovanni Falagario, colui che vi sta scrivendo, sto rileggendo l’articolo 35 della Costituzione Italiana. Mi sorgono in mente diversi pensieri. In questi mesi di difficoltà non solo sanitaria, ma anche sociale, il lavoro è in pericolo. È in pericolo la sicurezza e la stabilità di molte famiglie non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo. Il lavoro è un bene prezioso. Primo perché permette a chi è impegnato in attività di avere una vita dignitosa per sé e la propria famiglia. Ma anche perché, cosa più importante, l’impegno di ciascuno di noi permette di affrontare e superare collettivamente ogni tipo di difficoltà. L’esempio in questo periodo più pregnante è l’indefesso, coscienzioso, ammirevole e ricco d’amore impegno dei medici e del personale infermieristico. Ma non sono solo loro a svolgere con cura e con impegno le mansioni demandate. Ora che pian piano le attività economiche si riaprono, siamo tutti impegnati a dare tutte le nostre energie per vincere gli ostacoli ulteriori che il corona virus ci ha posto di fronte. Impegnati nei campi, nelle fabbriche, negli uffici, tutti siamo richiamati a far ripartire il paese. Ecco perché la Repubblica, il nostro stato, deve difendere il lavoro in tutte le sue forme, solo difendendo esso può difendere la società e in ultima istanza se stessa. Bisogna che il presidente del consiglio, in questo momento Giuseppe Conte ma chiunque abbia tale carica, si impegni ogni giorno per garantire che il sistema Italia funzioni. Bisogna che il governo faccia la sua parte. Il Parlamento, nelle sue due Camere, deve approntare una politica normativa adeguata all’emergenza. Gli enti locali, quelli che gestiscono le strutture sanitarie, devono fare il loro compito con dedizione e con spirito di sacrificio. Bisogna fare in modo che la politica, intesa come la parte della società che ha  un compito dirigenziale nelle vicissitudini collettive, si impegni al fine di garantire che il lavoro di tutti non solo ci sia ma che sia anche il più proficuo possibile. Penso al secondo comma dell’articolo 35: La Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. In questo momento è necessario pensare a forme nuove di impegno lavorativo. Il cosiddetto “smart working”, il telelavoro, cioè il prestare la propria capacità di fare all’azienda di cui si è dipendenti, non nelle sedi proprie, ma da casa, può essere e è una soluzione non solo in tempi di epidemie ma anche per il futuro per garantire allo stesso tempo produttività e minor spreco di energia fisica e di materia prima. Basta solo pensare al minor utilizzo di automobili, che renderebbe meno necessario l’utilizzo di benzina, propellente combustibile altamente inquinante oltre che costoso. Ma formazione è anche imparare altre lingue. È imparare il diritto, cioè le regole di convivenza sociale e le normative dello stato. È imparare le regole economiche, la cosiddetta micro e macro economia. È anche saper parlare e interloquire di argomenti che esulano dal proprio bagaglio curriculare. Allora formarsi, imparare sempre senza mettere una parola fine alla propria sete di sapere, è una necessità per i singoli individui e per l’intera collettività. Realmente porta all’elevazione professionale dei lavoratori, come dice la nostra carta fondamentale. Bisogna avere i mezzi per sapere, ma bisogna, soprattutto, avere la volontà di imparare. Questo è un dovere di tutti. Lo stato e il singolo imprenditore devono farsi carico di garantire che vi siano le condizioni per il prestatore di lavoro d’imparare, ma è il lavoratore che si deve impegnare per far crescere la propria conoscenza e, per usare un termine solo apparentemente altisonante, ma in realtà ricco di valore, la propria sapienza. Diventare più bravo è un diritto e un dovere di tutti. Bisogna sapere! Non solo per essere più efficienti, cosa apprezzabile, ma anche per essere più colti e intelligenti, nel suo significato autentico di “saper leggere la realtà che ci circonda”.
Ecco perché i due commi finali dell’articolo 35. Il lavoratore per crescere professionalmente non deve solo imparare dal paese in cui vive, nel nostro caso dall’Italia. Ma deve anche mettersi in contatto con gli altri lavoratori sparsi nel mondo. Quando fu scritta la Costituzione, negli anni appena dopo la seconda guerra mondiale, il mettersi in relazione con gli altri paesi era possibile, ma certamente più periglioso rispetto al presente in cui basta un “clik” al computer per connettersi alla rete mondiale. Allora sapere comprendere, imparare e crescere vuol dire anche sapersi mettere in relazione con gli altri lavoratori, che vivono accanto a noi come quelli che sono a migliaia di chilometri di distanza. Si può interagire, fondare una comunità di persone, anche se a distanze strabilianti. Bisogna imparare a mettere al servizio degli altri la propria esperienza e saper attingere da quella altrui. Ecco quello che ci invita a fare l’articolo 35 della Costituzione Italiana. Siamo liberi di emigrare per lavorare ed apprendere. Siamo liberi di conoscere per migliorare la qualità del nostro impegno. Dobbiamo cogliere e sfruttare al meglio queste opportunità. Il Virus ha cambiato le nostre condizioni di lavoro. È nostro compito imparare a riadattarci alla nuova realtà e pensare a costruire una nuova comunità lavorativa che comprenda ogni lavoratore in proprio o no, il libero professionista come l’impiegato, ogni forma lavorativa in ogni parte del mondo. Questa emergenza è stata tremenda, ha messo in pericolo la nostra stessa esistenza e condizione umana, ma possiamo sfruttare il periglio per costruire qualcosa di meglio e di più inclusivo. I nostri progenitori, dalle macerie della guerra, hanno costruito la Repubblica, noi dobbiamo seguire il loro esempio.

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