ARTICOLO 29 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“La repubblica
riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio.
Il matrimonio è
ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”
L’articolo 29 della Costituzione Italiana è il primo del
Titolo secondo, che include otto articoli costituzionali dedicati ai rapporti
etico sociali. Sono articoli che parlano e regolamentano negli aspetti generali
e principali le cosiddette società intermedie, cioè le istituzioni che si
trovano in una posizione di mediatore fra lo stato e il singolo. Queste società
intermedie sono: la famiglia, evocata nel presente articolo e nei tre
successivi, la sanità e gli istituti di cultura, fra cui la scuola. Insomma
dall’articolo 29 al 34 la Costituzione cita gli ambiti in cui la persona si
forma, il più importante è ovviamente quello familiare. La repubblica non
istituisce, ma riconosce la famiglia. Il verbo in questione è importantissimo.
Non è lo stato a sancire l’esistenza del nucleo familiare, la famiglia esiste,
si fonda sull’affetto fra le persone che ne fanno parte. Non è una legge che la
fa nascere, ma è l’amore e i legami affettivi, non sempre tutti positivi
bisogna dirlo, che uniscono persone nate da uno stesso ceppo o che comunque
sono legati da un forte affetto. La famiglia esiste da quando esiste l’uomo. Ha
mutato forma, ha cambiato le relazioni che intercorrono fra i membri, ha
cambiato la propria essenza, ma esiste da milioni di anni. Nelle società primitive
c’era il “clan” una forma familiare in cui il pater familia, il capo, spesse
volte aveva la funzione di padre e padrone, si comportava da despota con
autorità e brutalità. In passato , nella preistoria, c’era, anche, un sistema
familiare fondato sull’egemonia femminile. Alcune comunità antichissime non
avevano un capo maschio, ma avevano una guida femminile, almeno così ci
racconta l’antropologa Marija Gimbutas nel suo “Il linguaggio della Dea”.
Insomma la famiglia, quale struttura umana più antica, ha avuto un’evoluzione
storica lenta e ha assunto nei millenni forme diverse. E’ l’esempio classico che
la “Nuova Storiografia Francese”, quella che ha come padri Jaques Legoff e Marc
Block, definisce istituzione “di lunga durata”, cioè una formazione sociale
presente nella storia dell’umanità da tempi indefiniti, quindi appunto di lunga
durata, che ha subito trasformazioni nelle varie epoche storiche che ha
percorso. Insomma la famiglia è. La Famiglia non ha bisogno dello stato per
poter esistere. Non è una società commerciale, che è riconosciuta, esiste, è
istituita dallo stato, attraverso le norme del diritto civile. Esisterebbe
anche senza norme esterne. Il suo fondamento, come detto, sono i rapporti
parentali. Alla luce di questa affermazione si potrebbe affermare: allora
perché citare la famiglia in Costituzione? Che bisogno ha la famiglia dello
stato? La risposta è: lo stato, la repubblica, ha bisogno della famiglia.
L’istituzione familiare è il fondamento del vivere civile. Non ci può essere
società senza quel nucleo composto almeno da una donna, un uomo ed,
eventualmente, da dei bambini. Non ci sarebbe vita senza il rapporto affettivo.
La costituzione riconosce un certo tipo di famiglia, quella fondata sul
matrimonio. L’elemento fondamentale che si pone al centro è l’amore di un uomo
e di una donna che culmina con una celebrazione pubblica che è lo sposalizio,
che ha effetti anche dal punto di vista legale. Le norme, però, sono come dei
paletti esterni. I coniugi sono liberi di vivere la vita comune che desiderano.
Lo stato gli impone delle norme che non devono servire a limitare il loro
rapporto di coppia, ma ad indirizzarlo. Norme che garantiscono la tutela della
prole. I figli, essendo creature piccole, devono essere messe al centro della
famiglia. E’ quasi scontato che due genitori facciano di tutto per aver cura
dei propri figli, ma se per un eventuale malaugurato caso non lo fanno è lo
stato che si impone, mette paletti, al fine di garantire la salute, la
formazione culturale e la crescita dei piccoli. Lo stesso vale nei rapporti fra
coniugi, se uno dei membri della coppia, soprattutto l’uomo, si comporta in
maniera prevaricante verso la compagna , è la legge che interviene e
redarguisce. Insomma il codice di famiglia, riformato negli anni ’70 del secolo
scorso, vuole essere strumento di difesa dei singoli all’interno del nucleo
familiare, vuole essere baluardo di eguaglianza e latore di valori di
solidarietà. Uomini e donne sono uguali, marito e moglie hanno gli stessi
diritti e doveri davanti alla famiglia. Viene superato il concetto di “pater
familia”, cioè la patria potestas, il diritto e dovere di vegliare sui piccoli
della famiglia non è più solo del padre. La potestà genitoriale è un diritto
dovere sia della mamma che del papà. La moglie non è più sottomessa al marito,
ma è persona che ha identico ruolo a quello del coniuge. Questo è stato uno dei
grandi traguardi della Costituzione. L’uguaglianza dell’uomo e della donna si
raggiunge soprattutto nella famiglia, è qui che la differenza di genere è
importantissima, che il ruolo materno si manifesta in tutta la sua bellezza, è
qui dunque che il rispetto della donna come cittadina diviene lo strumento per
rendere effettivo il principio di parità. La donna è uguale all’uomo in tutti
gli aspetti della vita familiare. Lo stato riconosce che c’è stato un secolare
pregiudizio verso il genere femminile e si adopera affinché sia superato
riconoscendo il diritto al sostentamento della moglie, il diritto ad avere una
vita lavorativa, sociale uguale al maschio, il diritto ad avere un’attività di
impegno politico e sociale. Vi possono essere limiti all’uguaglianza fra
coniugi solo per ragioni legate all’integrità familiare. Afferma il secondo
comma dell’articolo 29. Questa limitazione all’uguaglianza, prima della riforma
del diritto di famiglia, giustificava leggi aberranti, quali ad esempio il
considerare la donna fedifraga più colpevole di un uomo che ugualmente tradiva.
Un principio allucinante fondato su una visione maschilista che rendeva la
donna oggetto del proprio uomo. Il tradimento di una donna equivaleva quasi a
un furto. Questo concetto aberrante non solo creava disparità nel momento in
cui si applicava il reato di adulterio, pena fortunatamente abolita,
condannando a più anni la donna adultera, ma era la manifestazione di una
cultura che considerava la donna proprietà dell’uomo. Tutti concetti cancellati
dal diritto, ma purtroppo ancora presenti in alcuni strati sociali e in alcuni
uomini, soprattutto di fede mussulmana ma non solo. E’ compito dello stato
cercare di farsi latore di una cultura che consideri l’uomo e la donna uguali.
Una cultura condivisa che superi le barriere di carattere religioso e gli
sclerotizzati pregiudizi sociali che rendono la donna sottomessa all’uomo. La
costituzione deve difendere la famiglia, ma allo stesso tempo indirizzare i
suoi componenti ad avere una cultura volta all’uguaglianza di genere, al
rispetto reciproco e alla difesa e alla formazione culturale della prole,
futura classe dirigente, futura cittadinanza, che deve vivere in una famiglia
accogliente e fondata sui valori di solidarietà e rispetto reciproco. La
Costituzione impone che la famiglia, società naturale, sia comunque la palestra
delle giovani generazioni che si devono formare su valori comuni e condivisi. Un’ultima
cosa. La costituzione non parla espressamente di famiglia composta da un uomo e
una donna. Potrebbe quindi esserci una famiglia fondata sull’affetto di due
persone dello stesso sesso? La risposta pare negativa. Lo stato riconosce
attraverso le unioni civili, di recente istituzione, la possibilità che un
rapporto affettivo fra persone dello stesso sesso sia regolamentato e tutelato
dalla legge. Le Unioni Civili regolamentano i rapporti fra persone che hanno
deciso di vivere insieme. Definiscono i rapporti di successione. Definiscono i
diritti e i doveri che si hanno sulla
prole. Definisce diversi aspetti della vita in comune e anche quelli legati
alla successione. Ma questa unione non deve e non può essere assimilata alla
famiglia. La dottrina è concorde: la famiglia è solo quella storica nata
dell’amore fra uomo e donna che si esplica con il matrimonio. Le Unioni Civili
è giusto che siano regolamentate, è atto di civiltà. Chi vi scrive depreca
Forza Italia e Lega che promettono di cancellare questa norma, Salvini e
Berlusconi giocano sulla vita degli altri, sperando di aver un tornaconto
politico. Ma deve essere comunque chiaro che la famiglia è quella formata da un
uomo e una donna. Le altre forme di aggregazione devono essere normate, chi ne
fa parte deve avere diritti e doveri giuridicamente riconosciuti, ma non devono
essere considerate famiglia. Questo ad ottemperanza di una cultura e di una
tradizione storica che ha il suo fondamento nella storia dell’umanità.
Testo di Giovanni Falagario
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